Il fazioso: Il Foglio intervista i rabbini capo di Roma e Milano sul “dialogo interruptus”. Uno scorrettissimo Giorgio Israel (articolista fisso del Foglio) ne approfitta per rilanciare il mito ebraico del buon selvaggio: La colpa è tutta dei nuovi rabbini cattivi che “allontanano chi ha fatto matrimonio misto”. Elementare Watson, elementare.
Giorgio Israel
Roma. E’ sulla preghiera del venerdì santo e sulla causa di beatificazione di Pio XII che nelle scorse settimane si è innescato un moto di inimicizia fra la chiesa cattolica e il mondo ebraico. Ne parliamo con due fra i maggiori rabbini italiani e con il saggista Giorgio Israel, che sul Corriere della sera assieme del rabbinato di sospendere la giornata del dialogo.
“L’importante è che si discuta”, ci dice il rabbino di Roma, Riccardo Di Segni. “E’ un rapporto che ha difficoltà oggettive legate alla storia e alla teologia cattoliche. E che emergono nei momenti di crisi. Karol Wojtyla era cerimoniale e spettacolare, Joseph Ratzinger ha un altro modo di comunicare. Questo Papa ha spinto per un miglioramento dell’atteggiamento della chiesa verso la questione della sicurezza dello stato d’Israele. Benedetto XVI è però convinto che gli ebrei, come depositari della prima alleanza, debbano sempre arrivare alla verità salvifica del cristianesimo, fino all’eskaton, la fine del mondo. E’ il pensiero del Papa della ‘Dominus Jesus’. Il problema è come conciliare questa affermazione di supremazia con la comunicazione con il mondo. E se la prima esigenza diventa centrale, non resta altro spazio”. Di Segni rintraccia un problema latente nel silenzio del cristianesimo sullo sterminio degli ebrei. “Esiste una grande sensibilità del mondo cattolico per i diritti umani e la chiesa di oggi non è quella di un tempo. Ma un conto è affermare i diritti umani in tempo di quiete, altra cosa era farlo allora, durante la guerra. E un tempo costava”.
Anche secondo Alfonso Arbib, nuovo rabbino capo di Milano, la situazione attuale è “una pausa di riflessione, non vogliamo interrompere il dialogo. Ma c’è stato un problema e si è trattato di un incidente che ha dimostrato una scarsa e profonda insensibilità cattolica. La rivendicazione dell’identità cattolica è forte nel Papa e non ho da obiettare,è legittima. Ma si deve tener conto anche delle sensibilità altrui. L’incidente sulla preghiera del venerdì, più che una scelta, è stato un problema di scarsa sensibilità verso l’ebraismo. I cattolici non possono chiedere la conversione. Ci sono invece elementi comuni da cui bisogna partire per accettare le differenze”. Anche Arbib giudica irrisolto il nodo della Shoah, come quello su Pio XII. “Il silenzio europeo durante la Shoah è stato doloroso e problematico. I maestri dicono che ci possono essere ottime ragioni per non reagire davanti all’ingiustizia. Ma se veramente quell’ingiustizia è inaccettabile, io reagisco. Il problema del silenzio è quanto tutto ciò fosse inaccettabile”.
Giorgio Israel parte da una prospettiva diversa, legge la crisi del dialogo dal punto di vista di un’involuzione dell’ebraismo italiano. “A mio giudizio il pontificato ha impostato il dialogo in modo corretto, ma tende anche a riaffermare con forza l’identità cattolica. E persino sul pianto rituale, con la preghiera del venerdì santo. E’ difficile da accettare dal punto di vista ebraico, perché avviene in un momento in cui da alcuni anni l’ebraismo italiano è entrato in una fase identitaria marcata, basata sul recupero dell’ortodossia. Secondo me questo irrigidimento del rabbinato finirà per condurre a un lento azzeramento dell’ebraismo italiano. C’è una pesantissima mentalità da ghetto che dimentica il profetismo messianico che parla a tutti.Per Gershom Scholem l’ebraismo si è retto sulla siepe della Torah e sull’utopia messianica, come quella sionista, che guarda al futuro. E quella più vitale è stata questa”. Secondo Israel, il dialogo deve partire dal libro di Ratzinger su Gesù. “Dalla conversazione con il rabbino Jacob Neusner.
Ratzinger dice che se il cristianesimo perde il rapporto con l’ebraismo, smarrisce se stesso. E’ il terreno su cui incontrarsi. Ma questo ritorno fortissimo dell’ortodossia ebraica è pericoloso. E’ la fine del modello italiano che fu di Elio Toaff. In altri paesi, come negli Stati Uniti, si può essere ebrei in molti modi senza che ti vengano a chiedere conto. In Italia c’è un indurimento forte contro i matrimoni misti. E il numero degli iscritti sta precipitando. In Francia le comunità ebraiche invece accolgono tutti”. Quanto al tema della preghiera del venerdì, Israel dice: “Capisco la paura delle conversioni forzate, anticamente efferate. Oggi il contesto è rassicurante, anche se non nascondo che ci sia un certo antigiudaismo cattolico. Ma si deve favorire il proseguimento del rapporto. E’ debolezza la paura di essere convertiti. Da un lato c’è una mutilazione culturale drammatica con la chiusura alla chiesa. E dall’altro la parossistica apertura del rabbinato all’islam”. (gm)
Il Foglio, 20 dicembre 2008
Altre risposte sul “Pensiero unico” a Roma
Ho letto con imbarazzata ilarità la lettera inviata a Kolot dalla lista Per i giovani, insieme e devo dire che le argomentazioni circa l’esclusione dalla gestione della Comunità sono, perdonate il termine, così frescone, ma così frescone che ogni considerazione è impraticabile. Il regolamento elettorale è esattamente lo stesso che ha permesso alla lista di cui sopra di gestire la Comunità per un notevole lasso di tempo. Ora, improvvisamente, non va più bene e perché? Chi dà ora fiato alle lamentazioni, poteva pensarci prima e modificarlo. Mi pare di assistere nuovamente alla querelle di Berlusconi, penalizzato da una legge elettorale che lui stesso aveva voluto.
Ora. O impariamo a sopportare l’ipotesi che la vita sia al tempo stesso un piacere e un rischio, una continua ricerca del meglio e una dolorosa accettazione del peggio, oppure questo genere di paranoie ci avvelenerà l’esistenza da qui all’eternità. Come suggerisce acutamente l’occhiello di David Piazza, punge vaghezza che la lista scrivente stia agitando lo spettro della delegittimazione. Benissimo. Hanno i numeri per farlo e per avviare la Comunità a nuove elezioni. Ma davanti alla stessa Comunità saranno chiamati a rispondere delle loro mosse. E credo che ne uscirebbero piuttosto malconci.
A margine, un’altra considerazione sulle polemiche sul predetto occhiello: a quanto mi risulta Kolot e Morasha appartengono a David Piazza che ne è l’editore: ora un editore avrà o no il diritto di pubblicare o non pubblicare o di aggiungere un’opinione o no? Alla faccia delle dispute sul pensiero unico!
In quanto poi alla “esibita frequentazione degli spazi delle politica”, mi pare si voglia aggiungere il pericolo dello sberleffo pubblico all’amarezza della propria sconfitta (perché di questa si tratta): un po’ come assistere al fratturato che cade dalla barella, all’ustionato che si ridà fuoco alle bende mentre si accende una sigaretta, al terremotato che prende in testa la vanga del soccorritore. Signori, svegliamoci! E decidiamoci: o ci si lamenta della poca visibilità o della troppa! E’ vero, Alemanno è quello che è, ma mi pare che passi avanti ne stia facendo, attirandosi peraltro le ire della destra estrema. Dobbiamo forse arroccarci e girare le spalle a tre quarti del Parlamento, al Papa, a metà mondo? Stiamo tanto a sbandierare che il dialogo è importante e poi? Penso che la cosa migliore sia quella di confrontarci anche con chi non è d’accordo con noi, di ragionare insieme per una reciproca comprensione. O anche in questo caso vale il pensiero unico?
Patrizia Benfenati
Non trovando necessario e nel caso anche consono anteporre prefissi, al proprio nome per esprimere personali idee, come invece ama fare Guido Guastalla (peraltro reiterando la patetica abitudine di autonominarsi “assessore”, carica non prevista in alcun atto riguardante la Comunità di Livorno), ti invio poche righe a puro titolo di is ritto ad una Comunità.
Da “esterno” credo che occorra guardare al dibattito romano con rispetto e senza ingerenze, pur non potendosi certo dimenticare come l’evidenza che questa Comunità comunque riveste possa indubbiamente andare a toccare argomenti che ci riguardano tutti.
Per fare però piagnistei personali non trovo elegante strumentalizzare l’amico Pacifici e quindi stenderei un velo pietoso sulle questioni richiamate da Guido Guastalla, alcune risalenti al 2004 quando, candidandosi a Sindaco di Livorno (indipendentemente dal fragroroso flop elettorale poi ottenuto) come mai era accaduto pur essendovi stati spesso, in varie liste, candidati iscritti alla Comunità, egli tentò un’operazione di strumentalizzazione e coinvolgimento della Comunità stessa che non ha precedenti.
Tralascio poi di approfondire particolari circa l’ “originale” e bizzarra lettura che gli propone circa alcuni fatti richiamati.
Per il resto, non mi attrae mai chi ritiene di avere la “verità” in tasca e quindi si sente autorizzato a voler interpretare tutti indicando la “retta via” a tutti: non credo che ciò accada a Roma, dove vedo sempre ben vivo il dibattito, ma la figura di aspirante “pensatore unico” non è necessariamente relegata ad avere la residenza nella capitale!
Certo, per concludere, le dichiarazioni di Fini sul rapporto tra Chiesa e leggi razziali qualche mal di pancia lo devono aver provocato….ma questa è un’altra storia.
Hag sameach a tutti,
Gadi Polacco