Rav Shlomo Riskin – Efrat, Israele – 5763 (2002-2003) – Tradotto da Dany e Giulio Barki
Raccontami i tuoi sogni e ti dirò chi sei; dimmi chi è il protagonista dei tuoi sogni e ti dirò chi è al centro della tua vita! La Bibbia – così come i saggi talmudici (B.T. Berakhot, nono capitolo), William Shakespeare, (l’avdil) e Sigmund Freud – riconoscono il fatto che i sogni di una persona sono la base per capirne la personalità. E così è con il Patriarca Giacobbe, e così è per suo figlio Giuseppe; infatti, se desideriamo addentrarci nel tragico amaro conflitto fraterno tra Giuseppe e i suoi fratelli, faremmo meglio a cercarne la ragione analizzando i sogni di Giuseppe, che sono alla base della loro inimicizia.
Giuseppe fa due sogni: in uno vede i covoni di grano dei suoi fratelli inchinarsi al suo e nel secondo sogna il sole, la luna e undici stelle che si inchinano a lui. Ci sono due elementi distinti in ognuno dei due sogni: il primo elemento è la terra, ed è orientato all’agricoltura, il secondo è il cielo, ed è orientato al cosmo. Questi sono precisamente i due elementi che in precedenza hanno caratterizzato il sogno del patriarca Giacobbe quando aveva lasciato la sua casa ancestrale: una scala che dalla terra raggiungeva al suo culmine il cielo. Superficialmente i sogni del padre e del figlio appaiono simili – ma le differenze lasciano intendere di poter procurare la chiave per l’interpretazione dell’odio dei fratelli.
Il patriarca Giacobbe fa un sogno: una scala che unisce il cielo e la terra, con angeli che risalgono e riscendono, creando il ponte tra il regno spirituale e il regno materiale. L’Onnipotente si trova al culmine della scala, e promette di dare Israele a Giacobbe e ai suoi discendenti – così come promette il ritorno del patriarca alla sua terra natia. L’ovvio messaggio del sogno è che la Terra di Israele è il punto che unisce il cielo e la terra, e che D-o è l'”essenza centrale” che garantisce la terra di Israele ai figli di Israele. (Genesi 28:12-16).
Questo sogno, o meglio, questa visione di Giacobbe, rappresenta la missione fondamentale degli Israeliti, suoi figli. I Saggi Rabbinici citano un’affascinante differenza di opinioni nella quale, la scuola di Shamai sostiene che i cieli furono creati per primi (Genesi 1:1), mentre la scuola di Hillel sostiene che la terra fu creata per prima (Genesi 1:2), ma Rabbi Shimon Ben Yohai dichiara, “Lasciamoli convivere insieme!” Il compito della Torah, santificando il fisico, è quello di unire il cielo e la terra, di portare la dimensione spirituale Divina dentro la cucina secondo le leggi della Kasherut, nella stanza da letto secondo le leggi della purezza rituale familiare e nel mercato secondo le leggi delle relazioni commerciali (Hoshen Mishpat).
E la terra di Israele rappresenta la più ovvia unione dei domini del cielo e della terra. Dopo tutto, le leggi sulla gestione della produzione agricola (t’rumot and maasrot), l’anno sabbatico (in cui la terra deve giacere incolta e qualsiasi cosa dovesse crescerci deve essere lasciata a disposizione di chiunque la prenda) e l’anno del Giubileo, (in cui la terra ritorna ai legittimi proprietari), santificano letteralmente proprio la terra di Israele e esprimono la spiritualità Divina dentro il suolo della materia terrestre. Si può perfino aggiungere che l’Onnipotente dimorerà davvero sulla terra quando il Tempio di Gerusalemme espleterà la sua funzione di fungere da riferimento per tutte le nazioni del mondo e di insegnare a tali nazioni perlomeno le sette leggi Bibliche della moralità; in quel momento, quando “da Zion arriverà la Torah e il mondo di D-o da Gerusalemme, una nazione non solleverà la spada contro un’altra nazione e l’umanità non saprà più che cosa sia la guerra… La Sapienza di D-o riempirà la terra come l’acqua riempie i mari” (Isaia 2:3,4; Isaia 11:9). Questo sarà davvero un appagamento dell’obiettivo Biblico, “Facciamo costruire loro un Tempio per Me in modo che Io possa dimorare in mezzo a loro” (Esodo 25:8).
Giuseppe, d’altra parte, fa un sogno completamente diverso, nonostante l’apparente similitudine nella visione anche da parte sua della terra e del cielo. Giuseppe non fa un solo sogno, ma due distinti fra loro: il primo è chiaramente impostato su questioni agricole, dal momento che parla di covoni di grano; quando ricordiamo che, mentre Israele potrebbe essere stata una buona fonte di terre da pascolo era (in realtà) il più avanzato Egitto, Regalo-del-Nilo, a servire come centro delle coltivazioni e produzione di raccolti, noi realizziamo che Giuseppe sta evidentemente sognando di lasciare Israele, dove sono nati lui e i suoi avi, per i più verdi e più sofisticati pascoli dell’Egitto! Il secondo sogno di Giuseppe lo porta addirittura più lontano dell’Egitto, catapultandolo nell’arena del cosmo intero. Ed in entrambi i sogni di Giuseppe, non è D-o a essere al centro della scena, ma piuttosto Giuseppe stesso; è Giuseppe, non D-o che viene venerato e adorato sia dal prodotto terrestre, che dai luminari del cielo! Non c’è da meravigliarsi se “i suoi fratelli lo odiavano perfino di più a causa dei suoi sogni” (Genesi 37:9) e suo padre lo attacca violentemente” (Genesi 37:10)?!
In maniera abbastanza affascinante, il disaccordo fra Ebraismo e Ellenismo – che emerge durante i festeggiamenti di Hanukka che cominciamo a celebrare a Sabbath Vayeshev – è un parallelismo proprio di questo contrasto di visioni tra Giacobbe e il giovane Giuseppe. Laddove l’Ebraismo ritiene che D-o il creatore abbia formato l’uomo a sua immagine e che “dobbiamo camminare nella strada di D-o” della pietà, dell’amore per la bontà e della verità – che D-o debba risiedere al centro del nostro universo – l’Ellenismo con il suo pantheon sul Monte Olimpo ha formato gli dei a immagine degli esseri umani e ha dichiaratno “l’uomo come la misura di tutte le cose” (Eraclito). Lo scultore Praxitatles ha visto l’immagine umana come perfezione ultima così com’era, e il coro della tragedia di Sofocle Antigone canta che “anche se molti sono i misteri dell’universo, (deina, che in greco corrisponde a nora in ebraico), niente è meravigliso quanto l’essere umano!” D-o è il centro dell’universo Ebraico, mentre l’uomo è il centro del cosmo greco.
E felicemente, un Giuseppe più anziano e più saggio corregge le sue idee sbagliate iniziali. Nell’alzarsi in piedi di fronte al Faraone, Giuseppe insiste sul fatto che è D-o il responsabile per tutte le sue interpretazioni dei sogni, “non ha niente a che fare con me: D-o risponderà in conformità con il benessere del Faraone” (Genesi 41:16). Ed al termine della sua vita, rendendosi conto che la terra di Israele è la casa eterna del suo popolo la richiesta finale di Giuseppe dalla sua famiglia è che “quando D-o certamente vi ricorderà e vi porterà via da questa terra (d’Egitto) alla terra che ha promesso ad Abramo, ad Isacco ed a Giacobbe…, porterete indietro le mie ossa da questo posto.” (Genesi 50: 24, 25).
Shabbat Shalom