Rav Shlomo Riskin – Efrat, Israele – 5763 (2002-2003) – Tradotto da Dany e Giulio Barki
La Parashà di Chayè Sarà, racconta due episodi: l’acquisto da parte di Abramo di una tomba per Sara e la ricerca di una moglie per Isacco da parte di Eliezer. Quello che caratterizza entrambe le storie è l’eccezionale modalità letteraria con cui sono esposte: la nostra Bibbia si è sempre contraddistinta per la sua sinteticità, per il linguaggio minimale ed essenziale, che porta il lettore (o ascoltatore) a leggere tra le righe e a basarsi su associazioni e parallelismi tra parole per comprendere il vero significato del messaggio; tuttavia le due descrizioni sono esposte con dovizia di particolare, con dialoghi estesi e apparentemente non necessari (Abramo presenta il suo caso prima agli Ittiti e – dopo dilungandosi in eccesso – a Efron), con inutili ripetizioni (prima Abramo ordina a Eliezer quel che deve fare, poi Eliezer pianifica il da farsi e dopo il testo passa al racconto di ciò che egli fa). Il carattere di questa descrizione è talmente poco solito che ha portato i nostri saggi Talmudici a spiegare il cambio di stile: Dice Rabbi Aha “le conversazioni con i domestici dei nostri patriarchi sono (evidentemente) più significative (letteralmente: belle) della Torah o dei comandamenti dati ai loro discendenti: dopo tutto, la parte di Eliezer è ripetuta due volte nella Torah, mentre molte regole essenziali sono trasmesse solo per insinuazione” (Genesi 24, Rashi ad loc). Nelle sue affermazioni, Rabbi Aha si è certamente attenuto ai fatti in maniera corretta, ma perché stanno le cose così?
Credo che la prima ragione sia quella imprimerci nel modo più chiaro possibile l’importanza cruciale di Sara come moglie, matriarca e architetto del nostro popolo e quindi l’importanza cruciale del compito di trovare una moglie e compagna appropriata ad Isacco, per continuare la crescita della nostra nazione. Dobbiamo ricordare che Abramo ha condotto un’attività da pastore per sessantadue anni, dall’età di 75 anni quando è partito per la terra di Israele, fino a 137 anni quando Sara è morta. Ha continuato a vivere per altri trentatré anni – dopo la morte di Sara (Abramo morì all’età di 175 anni – Genesi 25:7). Abramo era ancora vigoroso durante questo periodo, si è sposato nuovamente, si è unito ad altre compagne e ha avuto molti figli (Genesi 25:1-4). Tuttavia, per gli oltre trent’anni successivi alla morte di Sara, non si trova neanche un solo racconto biblico riguardante Abramo che riceve una comunicazione speciale da D-o, o che esegue una qualche azione significativa in nome della sua famiglia-nazione – a parte il suo mandato a Eliezer di cercare una giusta moglie per Isacco. Evidentemente Abramo era Rav in misura non piccola perché Sara era la Rebbetzin; infatti, i nostri saggi raccontano con termini certi che Sara aveva più potere di profezia di Abramo e con questo si spiega perché D-o dica al patriarca di ascoltare attentamente qualsiasi cosa Sara dicesse. Abramo capisce questo, spende il tempo e il denaro necessari per cercare per la sua adorata moglie e compagna per la vita un luogo di sepoltura (quattrocento shekel d’argento sarebbero probabilmente pari a circa duecentomila dollari dei nostri giorni), e capisce bene la necessità di procurare un tipo di moglie di pari valore per Isacco. Nessuna azione può essere più significativa per il futuro di Israele – e così il nostro testo la enfatizza attraverso la ripetizione.
In secondo luogo, la Torah diventa prolissa quando narra una storia ed è piuttosto laconica nell’esprimere comandamenti perché perfino da questa differenza di stile dobbiamo cogliere una lezione importante: non è la narrazione l’elemento più importante, ma l’azione (lo hamidrash ikar ella hamaaseh); i nostri figli e i nostri studenti imparano il massimo e il meglio possibile da quello che ci vedono fare piuttosto che da ciò che diciamo e predichiamo. L’implacabile tentativo da parte di Abramo di aprire un cimitero separato e indipendente con la tomba di Sara, la sua disponibilità a spendere una somma esorbitante per fare in modo che Sara non venisse vista da tutte le future generazioni come una Ittita con normali diritti di sepoltura, ma come un’Ebrea con uno status indipendente, fa capire il rispetto che Abramo aveva nei confronti di Sara e il suo impegno nel legame con lei. Parallelamente, il fatto che non meno di sessantasette versi descrivano la ricerca intransigente da parte di Eliezer di una moglie adatta che avesse, come requisito principale per essere scelta, gentilezza e amorevolezza, rappresenta una lezione cruciale per ogni genitore e per ogni giusto matrimonio perfino oggi!
Inoltre, Abramo, non ha scelto Eliezer meramente come proprio tramite; è chiaro dall’incarico di Abramo e dall’esecuzione di Eliezer che il fidato servo fosse egli stesso un shadchan di diritto, che ha deciso autonomamente sui criteri necessari e ha avuto l’indipendente ingegnosità intraprendere il progetto fino ad conclusione di successo. Evidentemente, Abramo conta su Eliezer per ottenere un lavoro migliore rispetto a quello che avrebbe fatto egli stesso.
Infatti, uno dei messaggi importanti della nostra Torah è che non dobbiamo contare su deleghe. Essendo tutti uguali, dobbiamo sempre eseguire un compito importante in prima persona. A tal proposito, il Talmud racconta di come i grandi Saggi avrebbero pulito di persona la casa in onore dello Shabbath, di come un amorà avrebbe preparato da solo il pesce e di come un altro amorà la carne per il sacro pasto dello Shabbath; il comandamento per ogni individuo è quello di operare in prima persona e di non delegare (B.T.Kidushin 41°).
Infatti, dice il midrash che Abramo è stato punito quando ha aperto la sua porta ai tre stranieri, ma ha specificato “Che un po’ d’acqua sia portata per lavare i loro piedi.” (Genesi 18:4). Rashi (ad loc) nota la forma passiva che attesta una delega; e quindi, il Santo Benedetto Egli Sia, ha punito la generazione dei discendenti di Abramo nel deserto, concedendo loro l’acqua solo attraverso l’intervento di Moshe e non direttamente da Lui, come fu invece nel caso della manna. Moshe avrebbe dovuto parlare alla roccia – e quando ci battè sopra, quando perciò il tramite ha dimostrato un’inadempienza, il risultato fu una tragedia per sé stesso e per la nazione.
Eliezer era lontano dall’essere un tramite, lui era una persona saggia con iniziativa. Impariamo il massimo possibile dalle azioni dei nostri patriarchi e delle loro mogli e, che determinano le reali priorità non tanto attraverso ciò che dicono, quanto attraverso ciò che fanno. Così stanno le cose anche tra noi e i nostri figli. Se desideriamo davvero insegnare loro la Torah, (v’shinantam l’vanekha) dobbiamo noi per primi parlare e vivere di Torah (v’dibarta bam), quando stiamo nelle nostre case ogni giorno, quando siamo per strada, quando siamo in trasferta professionale, quando siamo in soggiorno in vacanza, quando ci alziamo al mattino per partecipare a un minyan e allo studio del daf yomi, e quando giacciamo distesi e caschiamo nel sonno la sera con un testo sacro piuttosto che davanti a un programma televisivo. Quello che facciamo è di gran lunga più importante di quello che diciamo!
Shabbat Shalom.