Fra le problematiche più discusse della parashà di Chukkat, c’è il brano “nechash ha nechoshet – il serpente di bronzo”: si racconta che il popolo si lamentasse contro Mosè ed Aaron per la mancanza di cibo e di acqua, sostenendo che, all’infuori della manna non vi era altro di cui nutrirsi.
Il Signore punisce la maldicenza del popolo mandando dei serpenti che con morso velenoso uccidono alcuni che si erano macchiati di questa colpa, mentre altri, solo avvelenati, pentendosi della malefatta pregano Mosè di intercedere con il Signore per farli guarire.
Il Signore comanda allora di costruire un serpente di bronzo e di porlo su di una colonna in alto, affinché chiunque lo avesse guardato sarebbe guarito dal veleno introdotto dai serpenti.
Ci si domanda cosa volesse ciò dire e quale messaggio avrebbe dovuto inviare al popolo.
Nel Tempio di Gerusalemme fino ad un certo periodo, c’era il serpente di bronzo.
Ad un certo punto però si costrinsero i capi ad abbatterlo, perché il popolo si stava comportando con esso come con un idolo pagano.
Alcuni Maestri spiegano questo episodio con una similitudine con quello narrato in Esodo 17 vv. 8 – 13, in cui si parla dell’attacco di ‘Amalek al popolo ebraico, che soltanto grazie all’intervento di Mosè, riesce a sconfiggere il nemico. Mosè infatti, si pone su di un’altura e alza le braccia al Signore: in quello stesso momento il popolo ha la meglio su ‘Amalek, mentre quando le abbassa il popolo non riesce ad essere superiore al nemico.
Il fatto che il popolo avesse la meglio su ‘Amalek non era dato dal fatto in sé che Mosè avesse le braccia rivolte verso alto, ma dal fatto che guardando in alto verso D-o, il popolo ritrovava la fiducia necessaria prima in D-o poi in sé stesso, per vincere il nemico.
La stessa cosa avviene con il serpente di bronzo: guardando in alto colui che era stato morso dal serpente, ritrovava la fiducia in D-o e, pentendosi del suo operato guarisce.
Altri al contrario, sostengono che guardando il serpente di bronzo si sprigionava tutta la rabbia contro il simbolo di chi lo aveva fatto soffrire e questo lo portava alla guarigione.
In ogni caso comunque, la cura primaria per la guarigione di una malattia non è altro che la fiducia in sé stessi ed in D-o che ci concede la forza per continuare a vivere.
Shabbat shalom