Da una derashà di Rav Sacks
Il profeta pagano Bil’am ha fornito uno dei più profondi e influenti commenti sul destino del popolo ebraico (Bemidbar 23,9): “Sì, dalla cima delle rupi lo vedo e dalle colline lo miro. Ecco un popolo che dimorerà solo e fra i popoli non verrà annoverato”. Per molti ebrei e non, ammiratori e critici, questo verso ha incarnato la situazione ebraica, quella di un popolo che si trova al di fuori della storia e delle leggi che regolano il destino delle nazioni. Per gli ebrei era un fonte di orgoglio, per gli altri una radice di odio e risentimento. Per secoli gli ebrei furono, secondo la definizione di Max Weber, un popolo paria nell’Europa cristiana.
Tutti erano d’accordo nel dire che gli ebrei erano diversi. La domanda è: come e perché? Non solo gli ebrei avevano conoscenza di D. La riprova è che queste parole furono pronunciate da Bil’am. Ne’ ebrei erano Labano, Avimelekh, Malqitzedeq re di Shalem, Yitrò, che dà il nome alla parashah che contiene i dieci comandamenti. D. non appare solo agli ebrei e non risponde solo alle preghiere ebraiche. Inaugurando il Bet ha-miqdash il re Shelomò afferma (1Re 8, 41-43): “Ed anche lo straniero che non è del Tuo popolo Israele, quando verrà da terra lontana attratto dal Tuo nome – Si udrà infatti parlare del Tuo nome grande e della Tua mano forte e del Tuo braccio disteso, – quando qualcuno dunque verrà a pregare in questa Tua casa Tu ascoltalo dal cielo, luogo della Tua residenza e concedi tutto ciò che Ti chiederà lo straniero, affinché riconoscano tutti i popolo della terra il Tuo nome e possano quindi temerti come il Tuo popolo Israele, e riconoscere che il Tuo nome viene invocato in questa casa che io ho costruito”. I Maestri hanno continuato questa tradizione affermando che i giusti delle nazioni del mondo hanno parte nel mondo a venire. Yad washem custodisce il nome di oltre 20.000 persone che hanno salvato vite durante la Shoah.
Essere ebrei non significa essere più giusti degli altri. Dice a proposito il profeta Malakhì (1,11-12): perché il Mio nome è grande fra le genti da oriente ad occidente, e in ogni luogo si arde incenso e si presentano offerte pure al Mio nome; perché grande è il Mio nome fra le genti, dice il Signore Tsevaoth. Ma voi lo profanate… L’ebraicità non è un privilegio, ma una responsabilità. Dov’è allora la singolarità ebraica? La risposta è nella definizione di Bil’am. D. scelse i discendenti di Avraham, li salvò dalla schiavitù egiziana, strinse con loro un’alleanza sul Sinai, diede loro delle leggi. Il popolo ebraico è l’unico popolo a porre D. all’interno della propria auto-definizione. Nel mondo antico c’erano molte divinità nazionali. Il cristianesimo e l’Islam credono in una divinità e in una religione universali. Solo l’ebraismo crede che vi sia una divinità universale e accessibile a tutti, ma particolare nel suo rapporto con un singolo popolo. Israele è la testimonianza di D., per via della sua storia e delle sue leggi. Israele testimonia qualcosa più grande di se stesso. La storica Barbara Tuchman scrive, circa la storia di Israele, che non si può sfuggire all’impressione che questa debba contenere un significato speciale per la storia dell’umanità, che in qualche modo, sia che si creda che vi sia uno scopo divino o in una circostanza imperscrutabile, gli ebrei siano stati scelti per portare su di sé il racconto del destino umano. Perché però, se D. è universale, proprio un popolo? Non c’è una risposta semplice a questa domanda. Ma parte della risposta è che D. è interamente altro, e per questo scelse il popolo che è l’altro nell’umanità. Gli ebrei sono sempre stati estranei, diversi, un popolo che andava controcorrente e sfidava gli idoli delle varie epoche.
Non si sono mai assimilati alla cultura dominante o convertiti alla fede maggioritaria. Hanno sofferto, ma questo insegnamento non è valso solo per loro. Hanno dimostrato che una nazione non deve essere grande e potente per avere il favore di D. Hanno dimostrato di poter perdere tutto, la terra, il potere, i diritti, la propria casa, ma non la speranza. D. non è necessariamente dalla parte dei grandi eserciti. Si può essere odiati, perseguitati, insultati, e tuttavia ancora essere amati da D. Per le grandi leggi della storia c’è sempre un’eccezione; le credenze della maggioranza non sono sempre necessariamente vere. L’ebraismo è un punto interrogativo rivolto alla saggezza convenzionale. Non è semplice essere un popolo che vive da solo, ma è di certo una sfida e fonte di ispirazione.