Rav Di Porto – Intervento alla scuola Agnelli – Torino
Sentiamo il mondo dei sacrifici, ai quali è dedicata buona parte del libro del Levitico, molto lontano da noi. Il motivo di ciò è molto semplice, il Santuario di Gerusalemme non esiste più da duemila anni, quando i romani lo distrussero, per la seconda volta, nel 70 d.e.v. La distruzione del Santuario ha costituito uno dei grandi punti di svolta all’interno della storia millenaria del popolo ebraico. Il Santuario di Gerusalemme, e la classe sacerdotale che vi prestava servizio, rappresentavano il fulcro dell’esperienza spirituale del popolo ebraico da secoli, ed ora la struttura si trovava privata del suo baricentro.
A volte la storia ti pone di fronte a delle prove di indicibile durezza. Per un popolo sopravvivere senza la propria terra e gran parte dei propri riti può rivelarsi una sfida destinata all’insuccesso. Per il popolo ebraico, nonostante duemila anni di diaspora, in cui vi furono numerosi tentativi di assimilarlo, convertirlo, eliminarlo fisicamente, non fu così. E ciò è dovuto essenzialmente a un fatto, che il baricentro si spostò, dal Santuario divenne un libro, la Torah, che custodisce la storia, le norme, le tradizioni, in una parole l’identità del popolo ebraico. Non si tratta di un fatto da poco. Il rito ha un peso fondamentale nella tradizione ebraica tutt’oggi, ma ciò che è divenuto davvero determinante, ed è importante ricordarlo in una scuola, è lo studio e la trasmissione di determinati valori per mezzo dell’insegnamento.
Fra i sacrifici ve ne è uno in particolare, collegato alla nascita del popolo ebraico, il sacrificio pasquale. Questo sacrificio, che poi sarebbe divenuto per secoli il rito principale della Pasqua ebraica, venne offerto per la prima volta nei concitati momenti che precedettero l’uscita del popolo ebraico dall’Egitto, così come narrato nel cap. 12 dell’Esodo. Questo sacrificio tuttavia non è il primo sacrificio di cui parla la Bibbia. Nel libro della Genesi ve ne sono altri, quelli offerti da Caino e Abele, che condussero al primo omicidio nella storia umana, quelli offerti da Noè, tornato sulla terraferma in seguito al diluvio universale, ed altri legati alle peregrinazioni e alle vicende dei patriarchi, Abramo, Isacco e Giacobbe. Ma sopra tutti emerge un sacrificio mancato, il sacrificio di Isacco. Per comprendere quanto quell’episodio sia rivoluzionario, dovremmo conoscere le concezioni e i rituali che caratterizzavano le religioni politeiste dell’epoca, che ammettevano pratiche barbare come il sacrificio alla divinità dei propri figli. Questo è evidentemente inammissibile. Tante culture in tempi recenti hanno di fatto consentito che venissero immolate milioni di vite umane, nel nome di ideali totalitari che venivano divinizzati. Questo per dire che sebbene le modalità e i protagonisti cambino, vi sono delle tendenze all’interno dell’animo umano che lo spingono verso determinate derive, che di umano non hanno nulla. Le pratiche sacrificali sono una risposta possibile per attutire l’impatto devastante di queste tendenze.