Natan Sharansky – Jerusalem Post, Feb. 23, 2004
Questa settimana ho preso parte a un convegno sull’antisemitismo in Europa. Guidato al presidente della Commissione europea Romano Prodi, il convegno metteva insieme leader da tutto il mondo determinati a combattere la nuova ondata di antisemitismo che ha ingolfato l’Europa negli ultimi anni.
Il problema è il ‘come’ le sincere intenzioni dei partecipanti a combattere il male possa essere tradotta in azione effettiva.
L’esperienza mi ha convinto che la chiarezza morale diventa critica nel prendere posizione contro il male. Il male non può essere sconfitto se non viene riconosciuto, e la sola via per riconoscere il male è stabilire chiare linee morali. Il male prospera quando quelle linee sono confuse, quando il torto e il diritto sono materia di opinione piuttosto che verità obiettiva.
Questo è ciò che rende la battaglia contro il cosidetto nuovo antisemitismo così difficile. Agli occhi moderni del mondo libero l’antisemitismo classico è facilmente discernibile. Se vediamo film che mostrano gli ebrei mentre succhiano il sangue dei bambini dei gentili o mentre complottano per occupare l’intero mondo, la maggior parte di noi non avrebbe difficoltà a riconoscere queste pellicole come antisemite.
Questi film, prodotti di recente in Egitto e Siria dai media controllati dallo Stato, e fatti vedere via satellite a centinaia di milioni di musulmani, compresi i milioni di immigrati in Europa, si servono di argomenti e frottole che ci sono familiari.
Ma il nuovo antisemitismo è molto più sottile. Mentre il classico antisemitismo era orientato contro la religione israelita o contro il popolo ebraico, il nuovo antisemitismo è visibilmente diretto contro lo Stato ebraico. Dal momento che questo nuovo antisemitismo può nascondersi dietro l’apparenza delle legittime critiche ad Israele, esso è molto più difficile da svelare.
Infatti, nel recente passato, ogniqualvolta abbiamo criticato pronunciamenti anti-israeliani particolarmente virulenti e le loro radici antisemite, la risposta è stata invariabilmente che noi stiamo cercando di soffocare le legittime critiche verso Israele etichettandole come antisemite.
Ciò che è emerso in questo convegno è l’ammissione, da parte degli stessi leader europei, che non tutte le critiche ad Israele sono legittime. Questo riconoscimento era evidente nelle osservazioni del presidente Romano Prodi, del ministro degli esteri tedesco, Joschka Fischer, e di altri funzionari.
Se non tutte le critiche sono valide, come definire la linea di confine?
Propongo il test seguente per differenziare le critiche legittime ad Israele dall’antisemitismo. Il test a tre dimensioni (3D), come io lo definisco, non è niente di nuovo. Si tratta di applicare al nuovo antisemitismo gli stessi criteri che per secoli hanno identificato le diverse dimensioni dell’antisemitismo classico.
La prima D è il test di demonizzazione. Laddove raggiunse la forma di accusa collettiva di deicidio o la descrizione letteraria dello Shylock di Shakespeare, gli ebrei vennero demonizzati per secoli come la materializzazione del male. Perciò oggi dobbiamo esser cauti nel giudicare se lo Stato ebraico sia demonizzato per aver travalicato in misura considerevole con le sue azioni i suoi limiti.
Per esempio, paragonare Israele ai nazisti e i campi-profughi ad Auschwitz √ confronto che si sente fare praticamente ogni giorno nell’ambito dei quartieri illuministi europei, può essere considerato solo come antisemita. Coloro che stabiliscono tali analogie, o non sanno niente della Germania nazista, o, più plausibilmente, stanno cercando deliberatamente di descrivere il moderno Israele come materializzazione del male.
La seconda D è il test del doppio standard. per migliaia di anni un chiaro segno di antisemitismo è stato trattare gli ebrei in modo differente rispetto alle altre nazioni, a cominciare dalle leggi discriminatorie che molti Stati hanno istituito contro di loro fino alle semplice tendenza di giudicare il loro comportamento con un metro differente.
Analogamente, oggi dobbiamo chiederci se le critiche ad Israele vengono applicate in modo selettivo. In altre parole, politiche simili attuate da altri governi sono in grado di generare lo stesso criticismo, oppure vi è un doppio standard di giudizio?
E’ antisemitismo, per esempio, quando Israele viene accusato dall’ONU di violazione dei diritti umani mentre autentici e veri violatori di tali diritti come la Cina, l’Iran, Cuba e la Siria sono ignorati.
Analogamente, è antisemitismo quando al Magen David Adom è negata l’ammissione alla Croce Rossa Internazionale, unico caso al mondo tra i servizi di ambulanza.
La terza D è il test di delegittimazione. In passato, gli antisemiti tentavano di negare la legittimità della religione ebraica, del popolo ebraico o di entrambi. Oggi essi tentano di negare la legittimità dello Stato ebraico, presentandolo, tra l’altro, come le ultime vestigia del colonialismo.
Mentre le critiche alla politica israeliana possono non essere antisemite, la negazione del diritto di Israele ad esistere è sempre antisemita. Se altri popoli hanno il diritto di vivere in sicurezza nelle proprie case, allora anche gli ebrei hanno il diritto di vivere in sicurezza nelle proprie case.
Per ricordare il test delle 3 D, suggerisco di ricordare quei film a 3 dimensioni che abbiamo visto nell’infanzia. Senza gli speciali occhiali, il film appariva confuso. Ma quando mettiamo i nostri occhiali lo schermo diventa vivo e vediamo perfettamente ogni cosa con estrema chiarezza.
In modo analogo, se non indossiamo gli occhiali giusti, la linea tra le critiche legittime ad Israele e l’antisemitismo apparirà confusa e non saremo capaci di riconoscere questo male antico, e tanto meno di combatterlo.
Ma se indosseremo gli occhiali speciali per il test a 3D -se saremo quindi in grado di testare se Israele viene delegittimato o demonizzato o giudicato col metodo del doppio standard, saremo sempre in grado di vedere l’antisemitismo con chiarezza.
E con chiarezza morale, non ho dubbi che i nostri sforzi per combattere questo male saranno molto più efficaci.