Da una derashà di Rav Sacks
Nella nostra tradizione l’amore svolge un ruolo molto importante. L’amore per H., quello per il proprio prossimo e quello per lo straniero sono capisaldi fondamentali nella nostra vita. L’ebraismo è la prima cultura a mettere l’amore al centro della vita morale dell’uomo. Clive Staples Lewis, l’autore delle Cronache di Narnia, e di un testo, intitolato I quattro amori: affetto, amicizia, eros, carità, afferma che tutte le grandi civiltà contengono qualcosa di simile alla regola d’oro, agire nei confronti degli altri nello stesso modo in cui vogliamo che gli altri agiscano nei nostri confronti o, nella formulazione di Hillel, non fare agli altri ciò che non vorremmo ricevere da loro. Questo è ciò che i teorici dei giochi chiamano altruismo reciproco o Tit-for -tat. Questa strategia è considerata la migliore per la sopravvivenza di qualsiasi gruppo.
Ma l’ebraismo non si concentra solo sull’amore. Tiene in grandissima considerazione anche la giustizia. La missione di Avraham, così come formulata nella parashah di Wayerà, consiste principalmente nell’indirizzare i propri discendenti alla giustizia. L’amore forse non basta? La parashah di Wayetzè contiene un passaggio che in poche parole fornisce una risposta a questa domanda. Tutti noi conosciamo bene la storia di Rachel e Leah. Dobbiamo considerare il fatto che sino all’invenzione della stampa non circolavano molti libri. La maggior parte delle persone non leggevano la parashah al Bet ha-keneset, ma la ascoltavano. C’è una differenza importante fra la lettura e l’ascolto. Nella lettura possiamo vedere tutto il testo, le frasi, il paragrafo. Nell’ascolto questo non è possibile. Sentiamo una parola alla volta, senza sapere come la frase o il periodo terminerà. In una cultura fondata sull’oralità l’effetto di una frase che termina come non ci aspetteremmo è estremamente potente. E’quanto avviene nel verso 30 del cap. 29. La Torah ci dice che Ya’aqov amava anche Rachel. Questo è quanto ci aspettavamo e ci auguravamo. Ya’aqov ha due mogli, due sorelle, cosa che la legge successiva proibirà, e si tratta evidentemente di una situazione di tensione, ma Ya’aqov le amava entrambe, quindi andrà tutto bene. Ma la parola successiva, miLeah – più di Leah -, rompe l’idillio. Questa svolta non è solo inaspettata, ma anche grammaticalmente errata. Infatti non si può dire che si ama anche a più di b.
Questa sintassi così difficile ci segnala che le cose non sono così semplici. La frase successiva è ancora più scioccante, perché ci dice che “il Signore vide che Leah era odiata”. La Torah ci aveva però appena detto che era amata. Cosa vuol dire alora che era odiata? Che si sentiva tale . Era amata, ma meno della sorella. Leah sapeva che Ya’aqov era perdutamente innamorato di Rachel. Era amata, ma questo fatto era sufficiente per sentirsi respinta, come intendiamo distintamente quando Leah attribuisce il nome ai propri figli, nomi carichi di angoscia e senso di abbandono. Tutto è iniziato con l’amore. Ya’aqov ama Rachel da subito. Non c’è storia di amore più grande nella Torah. Conosciamo Avraham e Sarah quando erano già sposati, la moglie di Ytzchaq viene scelta da ELi’ezer, ma Ya’aqov mostra di essere più emotivo degli altri patriarchi. E questo è il problema. Sotto certi punti di vista l’amore unisce, ma al contempo divide. Chi non è oggetto d’amore, o è meno amato, si sente respinto, abbandonato e solo. Per questo non è possibile costruire una società, una comunità o anche una famiglia sul solo amore. La giustizia deve fare da contrappeso. Le undici volte in cui il termine amore compare nel libro di Bereshit nasce qualche conflitto. Ytzchaq amava ‘Esav, Rivqah Ya’aqov, Ya’aqov a sua volta Yosef, primogenito di Rachel. Da questi amori nascono i più grandi scontri fratricidi della nostra storia. La prima volta che incontriamo il termine nella Torah è nella legatura di Ytzchaq. Secondo il Midrash tutto era nato da una disputa circa l’amore. Infatti quando Avraham organizzò una festa per lo svezzamento di Ytzchaq, il Satan disse ad H. che Avraham amava il figlio più di Lui, e di qui la legatura, per dimostrare che il Satan affermava il falso. L’ebraismo è una religione di amore, e lo è per profonde ragioni teologiche. Nel mondo antico le divinità erano ostili, o al massimo indifferenti, all’umanità. L’ateismo contemporaneo ci insegna che l’universo e la vita esistono non per un motivo particolare.
Tutto è frutto di una serie di casualità e della selezione naturale. Secondo noi invece siamo qui perché D. ci ha creato con amore, e vuole che siamo amorevoli a nostra volta. Ma l’amore non basta. Non è possibile fondare una famiglia o una società sull’amore. Per questo serve la giustizia. L’amore è parziale, la giustizia imparziale; l’amore è particolare, la giustizia universale. Gran parte della vita morale è regolata da questo confronto fra amore e giustizia. Non a caso questo è il tema di gran parte delle narrazioni del libro di Bereshit, che ci parla di individui, al contrario degli altri libri della Torah, che si interessano di più della società nel suo complesso. La giustizia senza amore è duro, ma l’amore senza giustizia è ingiusto, o almeno così sembra ai meno amati. Sperimentarli assieme è impossibile, e il loro conflitto è irrisolvibile. Non c’è una regola fissa su quando scegliere l’uno o l’altro. I Beatles cantavano all you need is love, ma non è sempre vero: amiamo, ma non dimentichiamoci di quelli che non lo sono. Anche loro sono esseri umani, dotati di sentimenti, creati ad immagine divina.