David Bidussa
Nella vicenda delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio a proposito del carattere benigno della dittatura mussoliniana, dell’ esperienza del confino come “soggiorno balneare”, del carattere comunque “patriottico” della sua verità su Mussolini, si è sviluppata, a partire da lunedì, una sorta di “zona speciale” definita dalla questione ebraica e dal rapporto tra Governo italiano, questo governo, e mondo ebraico italiano. Si annuncia per oggi un incontro tra il Presidente del Consiglio e il mondo ebraico italiano. Dovrebbe avvenire alla Sinagoga di Roma.
Si potrebbe dire che in questa vicenda si manifesta un parametro politico e culturale proprio dell’antropologia politica del Presidente del Consiglio. Consideriamolo, pur brevemente, perché in esso risiedono molti aspetti che hanno reso simbolicamente pregnante non solo il contenuto ma anche la forma dell’incontro di oggi.
Secondo un’immagine cara al Presidente del Consiglio, la fisionomia di noi italiani esprime solerzia, alacrità, impegno, fiducia, ottimismo, volontà. Noi italiani saremmo buoni perché “generosi”. Il male, comunque quando si sarebbe manifestato nella storia nazionale sarebbe così solo la conseguenza delle cattive amicizie, comunque di un mondo “straniero”, lontano, nemico.
In un qualche modo Mussolini soddisfa tutte queste caratteristiche e alla fine proprio perché italiano non può essere stato “cattivo” . In nome della “bontà intrinseca”, “innata” di noi italiani alla fine anche Mussolini doveva essere buono. Se male si è dato nella storia dell’Italia insomma questo è venuto da fuori e da persone “di fuori”.
Immagini che non sono del solo Presidente del Consiglio – va detto – ma che a lungo hanno popolato la retorica dell’italianità (a destra e anche a sinistra). Immagine che ritorna quando con stizza taccia l’opposizione politica presente in Parlamento e nel paese di non fare gli interessi di questo paese, di essere in altre parole “antinazionale”.
Ma ciò detto ci sono molti errori su cui vale la pena riflettere e che chiedono di essere singolarmente analizzati. Vediamone almeno alcuni.
Primo errore: ritenere che i soli ebrei siano stati le vittime del fascismo. La democrazia è stata la vittima del fascismo. La questione del fascismo riguarda gli ebrei ma riguarda soprattutto la maggioranza degli italiani.
Gli ebrei non hanno né il potere, né il mandato per assolvere o legittimare chicchessia in merito alla storia nazionale – politica e culturale – dell’Italia del Novecento.
L’antifascismo fu un fatto nazionale a cui gli ebrei contribuirono, spesso nella stessa misura degli altri italiani (ovvero al proprio interno, per molto tempo l’antifascismo fu una minoranza). Essere ebrei, dunque, non equivale ad essere antifascisti.
In questo senso l’uso politico degli ebrei da parte di questo governo per fugare possibili dubbi sulla propria democraticità o per archiviare un passato di alcune sue componenti, sarebbe bene che fosse definitivamente accantonato. In ogni caso il tema del fascismo nella storia italiana e quello del suo peso nella vicenda italiana, se è corretto che rimangano in agenda, non per questo sono riducibili a una questione privata degli ebrei. Ed è bene ed è tempo che si percepisca a chiare lettere.
Secondo errore: sarebbe un’indebita limitazione se di nuovo la partita si restringesse alla questione dell’Italia e gli ebrei o del fascismo italiano e gli ebrei.
La questione delle parole del Presidente del Consiglio infatti riguarda alle radici il carattere della Costituzione di questo paese, dell’origine morale e politica su cui questo continua a sostenersi, dei valori primi che danno il volto democratico. In breve direbbero gli anglosassoni i “fondamentali” morali e politici di una comunità politica.
A quei fondamentali pensiamo che sarà ispirato l’intervento del prof. Amos Luzzatto, Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e rappresentante politico designato e legittimato dalla sua carica a rappresentare il mondo ebraico italiano con le massime cariche dello Stato e del Governo.
Sarebbe auspicabile che a quei medesimi “fondamentali” si attenesse il Presidente del Consiglio.
Terzo errore: la cornice entro cui avviene l’incontro sembrava fino a ieri legittimare l’idea e l’immagine che il mondo ebraico fosse solo un sistema confessionale e che questo fosso rappresentato da una sola realtà, per quanto numericamente significativa, ovvero quella romana
Due note, una della Presidenza del Consiglio che riconosce il ruolo e la funzione pubblica di Luzzatto, e una dell’ Unione e della Presidenza della Comunità ebraica di Roma, che precisa i contorni istituzionali e di contenuto con cui nella sinagoga il Presidente del consiglio incontrerà fisicamente la comunità di Roma e dialogherà politicamente con Amos Luzzatto sembrano risolvere i non detti e i “doppi sensi” nascosti in questo terzo errore. Queste due mosse forse rimettono le cose al loro “giusto posto”. Una rimessa affannosa e ritardata e che fuga i dubbi formali, ma lascia irrisolti molti interrogativi e soprattutto chiede che rimanga aperto un supplemento di discussione.
Grazie a Victor Magiar per la segnalazione