Marco Ottolenghi
In concomitanza con la festa di Shavuot, il Beth Ha Knesset di Via Eupili ha ricordato i 40 anni dalla sua fondazione dedicando il tradizionale studio della prima notte della festa all’argomento sempre attuale della Torà Orale.
La peculiarità della festa di Shavuot si presta in particolare modo a fare risaltare il ruolo fondamentale della Torà orale nella vita ebraica. È noto in fatti che la festa di Shavuot è conosciuta come ” l’epoca in cui ci fu data la Torà” ma questo evento non viene ricordato nella Torà Scritta come motivo della festa. Per di più la Torà Scritta, in contrapposizione a tutte le altre feste, non indica una data precisa per la celebrazione della festa di Shavuot.
Nel Levitico ( 23; 15) il testo recita: ” E conterete, a cominciare dal giorno successivo a quello di astensione dal lavoro ( Mimachorat hashabat ) dal giorno cioè in cui porterete il manipolo che deve essere agitato, sette settimane che siano complete”. Il testo ci indica un percorso basato sul conteggio di giorni e settimane per arrivare alla meta ma rimane incerto il giorno dal quale bisogna iniziare questo percorso.
Per i Sadducei “Mimachorat hashabat” significava il giorno dopo il primo sabato successivo a Pesah. Per essi le settimane erano intese nel loro senso comune di settimane che iniziano la domenica e finiscono il sabato. Come corollario a tutto ciò per i Sadducei la festa di Shavuot cadeva sempre di domenica .
Per i Chachamim della Torà Orale ” Mimachorat hashabat ” significa il secondo giorno di Pesah .
L’interpretazione della parola shabat in questo frangente è collegata ad un verso dell’Esodo (12;15) “toglierete dalle vostre case ogni lievito” nel quale la Torà usa per “toglierete” la radice della parola shabat.
Le settimane secondo i Chachamim non sono le settimane cosmiche ma le “vostre settimane” (Numeri 28;26) cioè settimane dettate dal conteggio del popolo d’Israele che non iniziano necessariamente la domenica.
Quali delle due interpretazioni si avvicina di più al Testo Scritto “Mimachorat hashabat” ?
A prima vista sembrerebbe che proprio l’interpretazione dei Sadducei sia la più conforme al Testo.
In realtà ciò non ha alcuna importanza nell’ottica ebraica che ha sempre letto la Torà scritta assieme alla Torà orale. I custodi più gelosi del senso letterale del Testo quali i Sadducei e i Caraiti sono scomparsi od usciti dall’ebraismo.
I Chachamim pur non cambiando una sola parola della Torà scritta hanno sempre unito ad essa la tradizione orale che deriva anch’essa dal Sinai.
Senza l’interazione delle due Torot non sapremmo nemmeno quando celebrare la festa di Shavuot. Questo è forse il motivo principale per cui nella Torà scritta non viene indicata la data della festa di Shavuot. Solamente con l’abbinamento alla Torà orale è possibile comprendere il modo di vita ebraico e rendere operativa la Torà Scritta. Shavuot è un esempio di questo concetto basilare.
Per ricordarne solamente un altro basti pensare al verso famoso dal quale dipende una parte notevole della Kashrut e tutti i divieti di mangiare carne e latte insieme: “non cucinerai il capretto nel latte di sua madre”. Senza la Torà Orale il verso potrebbe anche essere letto “non cucinerai il capretto nel grasso di sua madre” con tutte le conseguenze che ne deriverebbero da una lettura del genere. Nella millenaria storia della Torà Orale vi sono state due grandi rivoluzioni; la prima verso il 200 E.V. dovuta alla decisione di Rav Yehuda Hanasì di mettere per iscritto le Mishnaiot che fino ad allora erano tramandate prevalentemente nella loro forma orale.
La seconda rivoluzione avvenne circa mille anni più tardi con la composizione del Mishne Torà da parte del Maimonide.
L’opera del Maimonide, che all’inizio non vide tutti i Chachamim dell’epoca concordi, consisteva nel riportare in forma ordinata secondo ogni argomento specifico le conclusioni delle discussioni Talmudiche.
E’ comunque errato usare la terminologia di codificazione sia per quanto riguarda la Mishnà sia per quanto riguarda il Mishne Torà. La codificazione indica un processo conclusivo ed esclusivo di altre soluzioni possibili mentre l’Halacha come ricorda il suo significato etimologico (dal verbo camminare) è o dovrebbe essere in continuo sviluppo.
Nella Torà Orale ogni opinione di un Maestro, ogni discussione Talmudica, ogni detto genera un nuovo dire ed un nuovo studio.
A questo punto sorge spontanea la domanda riguardo all’autorità e al rapporto dei Maestri con la Torà Scritta.
Da una parte abbiamo visto con il caso dei Sadducei e dei Caraiti che non è l’attaccamento ossessivo alla lettera che si è imposto nella tradizione ebraica ed è anche evidente che un approccio meramente allegorico di tipo cristiano ha svuotato di significato la scrittura ebraica.
Qual è in ultima analisi la particolarità del rapporto dei Chachamim con il Testo Scritto e in cosa si differenziano da altre recenti correnti ebraiche che fraintendendo la caratteristica evolutiva della Halacha pretendono di cambiare a loro piacimento qualsiasi regola.
Forse la risposta più precisa nella sua sinteticità è stata data dal Prof. Y. Leibowitz che così scriveva nel 1957: “Con la Riforma si dà priorità alla soddisfazione dei bisogni dell’uomo in luogo del rispetto degli obblighi imposti all’uomo dal Signore. In altri termini mentre la Religione ebraica è Teocentrica la Riforma è Antropocentrica“.
L’approccio dei Chachamim nella millenaria storia della Torà Orale ha sempre tenuto conto della loro responsabilità di essere parte di un Sistema che ha al centro il servizio di Dio.
Ogni cambiamento che non sia dettato da questa ottica ma è generato da altri interessi è estraneo alla tradizione Ebraica.