Descrizione del timore del peccato
http://www.anzarouth.com/2011/03/mesilat-yesharim-24-timore-peccato.html
Messilat Yesharim, Rabbi Moshe Chaim Luzzatto, traduz. e note di Ralph Anzarouth
E di questo si compiaceva il re David, dicendo (Salmi 119, 161): “Persone potenti mi hanno inseguito senza motivo, mentre il mio cuore teme la Tua parola”.
E abbiamo già visto che i re grandi e possenti temono e tremano sempre davanti all’immensità di Hashem, al punto che i Maestri dissero, con un esempio della loro saggezza (Talmud Bavli, trattato Chaghigà, foglio 13b): “Dove sorge il torrente Dinur 4? Dal sudore degli animali”, che è dovuto all’affanno che essi provano continuamente davanti all’immensità del Signore benedetto, timorosi di mancare in qualunque modo al rispetto e alla santità che Gli sono dovuti[1].
E ogni volta che la Presenza Divina appare, qualunque luogo in cui ciò avviene si agita, trema e freme, come dice il testo (Salmi 68, 5): “La terra tremò e pure il cielo fuse 5 davanti al Signore”. E anche (Isaia 63, 19): “Se Tu lacerassi i cieli e scendessi, le montagne fonderebbero davanti a Te”. E a maggior ragione gli esseri umani dovrebbero fremere e tremare, quando prendono coscienza di essere costantemente al cospetto di Hashem e rischiano facilmente di fare qualcosa che non si addica all’immensità della gloria del Signore, sia benedetto il Suo Nome. Questo è ciò che disse Elifaz a Giobbe (Giobbe 15, 14-15): “Cos’è l’uomo per dirsi puro e cos’è il figlio di una donna per definirsi un giusto? Non si fida nemmeno dei Suoi santi e neppure il cielo[2] è puro ai Suoi occhi” e anche (ibid. 4, 18-19): “Non si fida nemmeno dei Suoi servitori, né considera puri i Suoi angeli[3]. E ancor meno di coloro che abitano in case d’argilla 6, le cui origini sono nella polvere ecc.”. Per questo motivo ogni persona deve provare un timore incessante e tremare, come disse Elihu (Giobbe 37, 1-2): “Il mio cuore temerà anche questo e sussulterà dal suo posto. Ascoltate attentamente il clamore della Sua voce ecc.”. Questo è il vero timore che dovrebbe essere sempre sul volto del devoto e non abbandonarlo mai.
Ma questo timore presenta due aspetti: uno si riferisce al presente e al futuro, l’altro fa riferimento al passato. Nel primo, l’uomo si preoccupa e teme che in ciò che fa o che sta per fare ci sia qualcosa o vi si infiltri qualcosa che non si addice all’onore del Signore benedetto, come spiegato in precedenza. Nel secondo, l’uomo pensa di continuo a ciò che ha già fatto e si preoccupa e teme di aver commesso un peccato senza accorgersene, come nel caso di Baba ben Bota (Talmud Bavli, trattato Kritut 25a), che offriva ogni giorno[4] un Asham Talui 7. E Giobbe, dopo il banchetto dei suoi figli, si alzava (Giobbe 1, 5) “e offriva una Olà 8 per ognuno di loro, dicendo: forse i miei figli hanno commesso un peccato [durante il banchetto] ecc.”. I Maestri di benedetta memoria discussero di Moshé e Aharon riguardo all’olio di unzione con cui Moshé unse Aharon 9 e del quale era stato detto (Esodo 30, 32): “Che non si unga con esso il corpo di un uomo”, tuttavia era stato comandato di ungerne Aharon; e temevano di averne tirato un qualunque profitto 10, usandolo in modo non conforme alla Mitzvà. [I Maestri] si espressero in questi termini (Talmud Bavli, trattato Horayot 12a): “E proprio questa era la preoccupazione di Moshé: di avere forse tratto senza volere un beneficio dall’uso dell’olio di unzione. Uscì una voce [dal cielo] che disse (Salmi 133, 2-3): Come l’olio pregiato sulla testa cola sulla barba, la barba di Aharon, e cola sui bordi della sua veste. Come la rugiada del Hermon ecc.”: così come la rugiada del [Monte] Hermon non causa Meilà 10, così l’olio d’unzione sulla barba di Aharon non implica Meilà. Eppure Aharon era ancora inquieto: forse Moshé non ha commesso Meilà, ma io invece sì. Uscì una voce [dal cielo] e disse (Salmi 133, 1): “Quanto è buono e piacevole sedere insieme ai fratelli”: così come Moshé non ha commesso Meilà, nemmeno tu [suo fratello] l’hai commessa. Questa è la virtù dei devoti: perfino riguardo a una Mitzvà compiuta si preoccupavano del fatto che forse potrebbe esservisi insinuata, che D-o ce ne scampi, una minima particella non valida.
Dopo essere andato a soccorrere suo nipote Lot, che era stato catturato 11, Avraham era preoccupato dal pensiero che forse le sue azioni non fossero state del tutto pure, come dissero i Maestri (Midrash Bereshit Raba 44, 4), riguardo al versetto (Bereshit 15, 1) “Non temere, Avraham!” : “Disse Rabbi Levi, poiché Avraham provava timore pensando: ‘Di tutte le persone che ho ucciso 12, forse ce n’era una giusta o timorosa di D-o.’ Ed è per questo che gli fu risposto ‘Non temere, Avraham’.” E dissero nel Tana Devè Eliahu (cap. 25): “Riguardo alla frase ‘Non temere, Avraham’, è solo a chi ha un autentico timore del Cielo che viene detto ‘Non temere’.”
E questo è il vero timore di cui dissero (Talmud Bavli, trattato Berakhot 33b): “Il Santo, benedetto Egli sia, non possiede altro nel Suo mondo che un tesoro di timore del Cielo, che solo Moshé ha potuto conseguire facilmente[5]“, per via del suo grande attaccamento a Hashem, sia benedetto il Suo Nome. Per gli altri, invece, la materialità 13 è sicuramente un grosso ostacolo. Tuttavia, ogni devoto dovrebbe sforzarsi di ottenerne il massimo possibile[6]. Ed è detto (Salmi 34, 10): “I Suoi santi temeranno Hashem”.
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Note del traduttore:
[4] Il torrente di fuoco, si veda Daniel (7, 10).
[5] Si veda anche il Libro dei Giudici (5, 5).
[6] Riguardo agli angeli, abbiamo scelto l’interpretazione del Malbim (Maané Iyov). Quanto all’argilla, l’anima dell’uomo è racchiusa nel corpo, che è formato dalla polvere della terra (Rot).
[7] Si tratta di una offerta espiatoria condizionale, che va portata nel Santo Tempio di Gerusalemme per espiare peccati che forse si è commesso, in attesa di fugare il dubbio con gli accertamenti necessari al caso. Portare quotidianamente un Asham Talui precauzionale è indubbiamente un atto di grande devozione. Purtroppo, il Santo Tempio di Gerusalemme è stato distrutto oltre 19 secoli fa e finché non sarà ricostruito con l’aiuto di Hashem, non si possono espiare le nostre colpe in questo modo.
[8] Offerta espiatoria, alcuni traducono Olà con il termine “olocausto”.
[9] Questa pratica faceva parte della cerimonia di elevazione del Sommo Sacerdote, che possa tornare attuale presto nei nostri giorni.
[10] Il peccato di trasgredire le Mitzvot della Torà avviene generalmente quando il trasgressore agisce volontariamente. La particolarità di questa trasgressione chiamata Meilà è che si riferisce proprio a chi approfitta involontariamente dei beni del Santo Tempio: dovrà pagare un indennizzo, una multa e portare un apposito sacrificio che si chiama appunto Meilà.
Ovviamente, per chi lo facesse volontariamente si tratterebbe di un altro peccato, ben più grave.
[11] Si veda nel libro di Bereshit tutto il capitolo 14.
[12] Nella guerra contro i re nemici, vedi sopra.
[13] Nel senso dell’attaccamento alle cose materiali.
[1] La ghemarà sostiene che questo fiume si riversa poi sulla testa dei malvagi nel Gheinnom.
[2] Rashì spiega che si tratta delle schiere celesti.
[3] E’ scritto in massekhet Chaghigah (5a) che R. Yochanan quando arrivava a leggere questo verso scoppiava a piangere, se H. non si fida dei suoi inviati, di chi potrà mai fidarsi?
[4] La Mishnah esclude il giorno successivo a Kippur, perché nel poco tempo che va dall’uscita da Kippur, sino al mattino, in cui avrebbe potuto offrire il sacrificio, non c’è il rischio concreto che vi fosse un dubbio per il quale si sarebbe dovuto offrire il sacrificio (secondo l’idea che per portare questo tipo di sacrificio è necessario essere in dubbio, e che non sia possibile portarlo come offerta).
[5] Mosheh considera il timore di H. poca cosa. Il Maharshà considera due diverse categorie di timore, il timore del peccato e quello a livello intellettivo, che effettivamente non è una cosa da poco. Il popolo ebraico temeva Mosheh per via dello splendore del suo volto, e quindi lui a sua volta non aveva timore in quel momento. Se il popolo lo temeva, tanto più avrebbe dovuto temere H., e questo non avrebbe dovuto comportare per loro alcuno sforzo. Secondo altri il poco sforzo è dovuto al fatto che il timore è connaturato all’uomo, e se non lo ha ciò è dovuto unicamente ai suoi desideri, che lo trascinano a comportarsi diversamente da come dovrebbe.
[6] Come è scritto nel Pirqè Avot (2,16) “non sei tu a dover completare il lavoro, ma non puoi sottrartene”.