Amos Luzzatto – Presidente Unione Comunità Ebraiche Italiane
Il fatto stesso che sia posto all’ordine del giorno il tema della “destra e gli ebrei” con saggi, convegni, dichiarazioni e dibattiti, conferma che vi è una attesa del superamento di un passato negativo e ingombrante e dell’apertura di una fase che, partendo dal dialogo, possa velocemente giungere a un’amicizia se non forse addirittura a un’alleanza. Il tema è talmente delicato e – piaccia o non piaccia – attuale che la sua semplificazione e la riduzione in formule che permettono tutte le possibili interpretazioni, quali “sdoganare An” o “promuovere la visita di Fini in Israele” non aiutano affatto, anche se piacciono tanto alla pubblicità. Non c’è dubbio che quella che si chiama la “destra” racchiude in sé componenti molto diverse e spesso conflittuali fra di loro. Farne una entità unica significa pertanto confondere i termini del problema. Nessuno pensa ad esempio di attribuire a un militante trentenne di An, non meno che a Emanuele Filiberto (che penso siano entrambi di “destra”) una responsabilità soggettiva, personale, per le leggi razziali del 1938. Ma dedurne poi che tali leggi fossero uno scherzo rispetto a quelle di Norimberga o ai gulag staliniani e pertanto che si debba assolvere la classe politica che le volle, le decretò, le applicò fino alle loro conseguenze tragiche, è un passaggio inaccettabile. Chi invece tenta questo passaggio, deve sapere che così si chiude qualsiasi velleità di dialogo (non dico di avvicinamento) fra “la destra” e “gli ebrei”. “Fare i conti con il passato” è sempre difficile. Ma non è impossibile.
Non si tratta di chiedere scusa. I morti non possono rispondere ai pentiti di oggi; e poi, stiamo un po’ inflazionando le scuse, al punto da far perdere loro un vero valore. Si tratta semmai di affermare che si può immaginare una cultura e quindi una politica sia pure “di destra” che non abbiano lo scopo di sopprimere coloro che la avversano o che si ritiene possano avversarla ma solo quella di confrontarsi con essi. Che significa poi definire i temi essenziali del confronto, senza sostituirli artificialmente. Se i temi del confronto sono ad esempio determinati provvedimenti del governo, si discuta di questi. Se si tratta di immigrati, se ne consideri l’aspetto umano e sociale. Se si tratta della libertà religiosa, si ricordi che essa riguarda tutte le religioni e non solo quella maggioritaria. Se si tratta di terrorismo, sia chiaro che esso va reciso alla radice, ma non si può cercarlo solo nel mondo musulmano. Ne deriva che la “destra” non è un corpo monolitico e che non tutte le “destre” sono eguali.
Esiste certamente, all’interno della destra, una componente che ha avviato, con sincerità politica, un’opera di revisione per fare maturare una scelta che non deve necessariamente essere condivisa nel merito, ma certamente nel metodo costituzionale democratico. È un processo lungo, che incontra e incontrerà contrasti e causerà lacerazioni personali, e che non sarà accettato da tutta la stessa “destra”. Ma noi lo seguiremo con attenzione e anche con rispetto, probabilmente con maggiore attenzione di colui che si limita a guardare dalla finestra. La nostra società, che ha il coraggio di voler diventare europea, può essere chiamata a nuove e coraggiose decisioni. Non certo con facili slogan, non con battute pubblicitarie ma con un serio sforzo analitico e programmatico e soprattutto senza pre-giudizi, ma con un grande senso di responsabilità, volto allo stesso tempo ai morti del passato e alle generazioni che verranno e che desideriamo siano più felici di quanto non siano state le nostre.
Metro – Lunedì 14 luglio 2003
Lettera aperta a Pasquale Squitieri
Carmine Monaco
Caro Pasquale Squitieri, non avevamo certo bisogno della sua esibizione romana per constatare quanto sia vero il detto che vuole la madre dei fessi sempre incinta. Solo che la sua, di mamma, avalla addirittura la tragica versione brechtiana di tale detto… Bertold Brecht, un autore che lei non avrà avuto sicuramente modo di conoscere, scrisse: “E Voi, imparate che occorre vedere e non guardare in aria; occorre agire e non parlare. Questo mostro stava, una volta, per governare il mondo! I popoli lo spensero, ma ora non cantiamo vittoria troppo presto; il grembo da cui nacque è ancor fecondo”. Ha compreso la similitudine?
Lei vuole sapere se “qualcuno le ha lette veramente le leggi razziali del 1938?” Sì, le abbiamo lette. E afferma poi che: “Se un ebreo era di nazionalità italiana, in fondo, non veniva perseguitato”, una menzogna vile e spudorata. E conclude dicendo: “Tutto questo scatenamento contro Mussolini e il nostro paese io non lo sopporto proprio…”. Non lo sopporta? Complimenti, una mira perfetta! In un colpo solo lei, eletto “senatore” in Alleanza Nazionale nel 1994, ha spazzato via, con la precisione di un killer a pagamento, tutto il lavoro svolto finora dall’On. Gianfranco Fini per portare il partito nell’alveo di una destra liberale e democratica, che nulla abbia più a che fare con il fascismo e con quel tragico periodo della nostra storia. Del resto, buona parte della “Destra storica” vedeva già allora, ai tempi di cui lei ha tanta nostalgia, il fascismo come una degenerazione: le dice niente, ad esempio, il nome di Roberto Bracco? (e cosa pretendo che le dica…)
Le è andata bene, sa? La platea, ovvero i molti ebrei che, insieme a qualche intellettuale di centro-destra, l’hanno onorata con la loro presenza, non si aspettavano le sue idiozie antisemite, e sono rimasti praticamente paralizzati, come quando ad una festa in famiglia, un ospite indesiderato si ubriaca e si lascia andare a imbarazzanti flatulenze. Poi è fuggito con la coda tra le gambe.
La sua sparata è certo da inquadrare nell’ambito del pensiero di quella minoranza che non sopporta il cambiamento portato avanti da Fini, che non apprezza i tentativi di riappacificazione con la comunità ebraica né l’avvicinamento ad Israele e agli Stati Uniti; forze oscurantiste che continuano a vedere gli ebrei secondo i criteri dettati dal “Manifesto della razza” e gli americani come i “nemici”, quelli che avreste dovuto “fermare sul bagnasciuga”, come disse Lui, facendo sorridere amaramente mezza Italia, mentre l’altra metà soffriva sotto le bombe… Altro che fare onestamente i conti con il passato e chiuderli, altro che predicare di essere rimasti “sostanzialmente estranei al razzismo”: lei è estraneo alla cultura e alla storia, oltre che all’arte cinematografica!
Stia pure tranquillo, caro Squitieri, come uomini liberi e sinceri democratici siamo contro il fasciocomunismo. Denunceremo sempre l’antisemitismo sovietico e non rinunceremo mai a fare altrettanto nei confronti del suo amato Mussolini e di quegli italiani che approfittarono delle sue infami leggi razziali per occupare i posti lasciati “liberi” dai colleghi italiani di religione ebraica. Ma faremo ancora di più contro chi, come lei, strumentalizza la figura del kapò per criminalizzare gli ebrei, per sostenere che “in fondo, si sono ammazzati tra loro”. Come può permettersi, lei, che non sa nemmeno di cosa parla, di criticare un essere umano privato di tutto, la cui volontà era praticamente annientata e che pure lottava unicamente per sopravvivere? Proprio lei che è disposto a sputare veleno su quegli stessi esseri umani per suscitare polemiche, per ottenere un po’ di pubblicità nella speranza che qualche produttore rimbecillito le faccia fare un film: non avrà, per caso, studiato tecnica della comunicazione da Alberto Asor Rosa? Inoltre, il fatto stesso che tra i fascisti militassero “molti” ebrei, da lei addotto quasi come una “scusante storica”, dimostra semmai il duplice tradimento perpetrato ai danni degli ebrei, venduti come italiani e come fascisti per compiacere l’alleato nazista.
Siccome è vero che “di fronte all’arroganza e all’ignoranza bisogna rinunciare all’umiltà”, di fronte a lei mi faccio Duce degli scogli di Mergellina e, in virtù dei miei poteri indico una persecuzione nei confronti dei registi anonimi e scarsamente intelligenti: niente di violento o di letale, la mando semplicemente a studiare “Umanità” da solo, in un campo di concentramento a sua scelta, ma come sono adesso, senza nazisti e senza gas nelle docce, senza fuoco nei forni crematori, senza armi, senza elettricità nel filo spinato, senza cani feroci né belve umane a ringhiarti dietro, senza bastonature e senza docce gelide nell’inverno gelido, senza le lamiere roventi nelle estati brevissime… Anzi, caro Squitieri, le lascio finanche la sua macchina da presa, così potrà fare un altro film, speriamo l’ultimo, con il quale potrà tentare di dimostrare che i campi di concentramento, in fondo, non erano così male, giusto?
In attesa che il suo partito prenda gli opportuni provvedimenti contro un esponente che disonora il concetto di destra democratica e liberale, La saluto “napoletanamente”: capisce cosa intendo?! Non dico Brecht, ma almeno Eduardo lo conosce?