L’attenzione di chi legge la parashah di Beha’alotekhà viene catturata da due strani segni, due nun rovesciate, che delimitano due versi (Bemidbar 10,35-36) che tutti i frequentatori del bet ha-keneset conoscono a memoria, “Wahi binsoa’ haaron – E avvenne che quando l’Arca di dipartiva Mosè diceva Sorgi, o Signore, affinché vengano dispersi i Tuoi nemici, e fuggano i tuoi odiatori dinanzi a Te” e “uwnuchò iomar – E allorquando si posava diceva: Torna o Signore, con le miriadi delle tribù d’Israele”. Indipendentemente dal loro significato, e dalla scelta della nun, è evidente che per mezzo dei due segni i due versi vengono a formare una unità distinta all’interno del testo.
La ghemarà nel trattato di Shabbat (115a) dirà che un sefer che contiene 85 lettere, come questi due versi, potrà essere messo in salvo da un incendio di Shabbat, e che questi due versi costituiscono un libro a parte, come Bereshit e Shemot, tanto che i libri della Torah non sono cinque ma sette. Ma, così come la valutazione morale di Noach in rapporto alla sua generazione poteva essere letta in positivo o in negativo, anche questa stranezza grafica può essere considerata variamente. Secondo la lettura più edificante, i Chakhamim hanno svelato che il senso di questi segni particolari è che i due versi non sono al posto giusto, e non solo questo, ma anche che sono posizionati lì solo temporaneamente, ed un giorno ritorneranno dove compete loro, nel brano in cui viene descritto l’ordine dell’accampamento nel deserto, nella parashah di Bemidbar. Ma perché allora non mettere il brano al posto corretto? A questa domanda risponde la ghemarà nel trattato di Shabbat (115b), a nome di R. Shim’on ben Gamliel, che preannuncia lo spostamento futuro. Qui emerge l’aspetto negativo della storia. Quel brano serve a dividere fra due punizioni, se non tre, creando una chazaqah. Ciò che si verifica tre volte consecutive si tramuta in una certezza. Se esaminiamo il testo della Torah, la seconda punizione è assolutamente evidente, perché il brano successivo è quello dei mitonenim, i malcontenti nel popolo ebraico che si lagnarono nei confronti del Signore, provocando conseguenze disastrose per il popolo ebraico; anche la terza, contenuta nei versi immediatamente successivi della Torah (Qivrot ha-tahavah) non lascia alcun dubbio; i versi che precedono Wahi binsoa’ invece ci dicono poco, perché descrivono l’abbandono del monte Sinai da parte del popolo ebraico. Che c’è di male in questo? La ghemarà risponde che, allontanandosi dal monte, al contempo si allontanarono da H. Non dobbiamo pensare di certo che la presenza divina sia limitata al monte. Il Midrash, ripreso dal Ramban e dalle Tosafot, è più esplicito: “partirono dal monte Sinai con gioia, come un bambino che scappa dalla scuola”. Il bambino quando suona la campanella si precipita perché ha paura di ricevere altri compiti. Per il bambino i compiti sono una limitazione della sua libertà. Non comprende che gli insegnanti glieli assegnano per il suo bene, affinché si confronti con successo con le sfide della vita. Perché il bambino non capisce? Perché non mostra sufficiente fiducia nel sistema educativo. Il correttivo più adatto per ristabilire le cose è che gli educatori conquistino la sua fiducia. Questo aspetto eliminerebbe il suo atteggiamento oppositivo. Come il bambino, il popolo ebraico fugge dal Sinai per via del timore di ricevere altre mitzwot ed obblighi. Anche qui l’atteggiamento è determinato da una scarsa fiducia in H. Questa è la prima punizione alla quale la ghemarà si riferisce, che poi di fatto troverà la sua tragica concretizzazione nell’episodio degli esploratori, quando il popolo attribuirà all’odio di H. l’uscita dall’Egitto, e non il contrario, considerandola una manifestazione di amore e protezione (Devarim 1,27). Della stessa portata sarà l’argomentazione che Mosheh userà, questa volta in difesa del popolo ebraico, rappresentando quanto avrebbero potuto dire gli altri popoli (Devarim 9,28), “affinché non abbia a dire il popolo dalla cui terra ci traesti: Senza che avesse la possibilità di portarli nella terra che aveva loro promesso e per l’odio che nutriva per loro, li fece uscire dall’Egitto per farli morire nel deserto”, ma francamente non ci saremmo mai aspettati qualcosa del genere da Israele, soprattutto alla luce del fatto che H. lo aveva sostenuto e portato per mano nel deserto. Proprio mentre il popolo ebraico fugge da H., il Signore si preoccupa per loro. Come diciamo nel brano che precede il qaddish derabanan, e che leggiamo al termine dei Pirqè Avot, H. ha moltiplicato le mitzwot per conferire un merito al popolo di Israele. Se ci fosse stato un ragionamento serio su quella che è considerata la prima punizione, non vi sarebbero state le lamentele che hanno portato alla seconda.