http://www.anzarouth.com/2010/05/mesilat-yesharim-16-purezza.html
Messilat Yesharim, Rabbi Moshe Chaim Luzzatto, traduz. e note di Ralph Anzarouth
La purezza consiste nel perfezionamento del cuore e del pensiero[1]. Questi sono i termini usati dal [re] David, che disse (Salmi 51, 12): “Signore, crea in me un cuore puro”. Ciò significa che l’uomo non deve lasciare nessuno spazio allo Yetzer [Harà, l’istinto malvagio] nelle proprie azioni; deve invece sempre agire guidato dalla saggezza e dal timore anziché dal peccato e dalla tentazione[2]. Questo è valido perfino riguardo alle azioni fisiche e materiali, perché anche dopo avere fatto prova di astinenza, cioè dopo aver rinunciato ad approfittare di questo mondo più dello stretto necessario, si dovrà ancora purificare il proprio cuore e il proprio pensiero, affinché anche quel poco che si coglie abbia come [unica] finalità il bene che risulterà da quella azione dal punto di vista della saggezza e del servizio divino – e in nessun caso i piaceri e le tentazioni[3]. Come dissero di Rabbi Eliezer (Talmud Bavli, trattato Nedarim 20b), che scopriva una spanna e ne ricopriva due e sembrava agitato da uno spettro: non provava alcun piacere e lo faceva unicamente per la Mitzvà e il servizio divino 1. Allo stesso modo, [il re] Salomone disse (Proverbi 3, 6): “Pensa a Lui in tutte le tue vie, ed Egli spianerà la tua strada[4]“.
Tuttavia devi sapere che così come la purezza del pensiero è necessaria nelle azioni fisiche per allontanarle e dissociarle dallo Yetzer, a cui esse sono spontaneamente vicine, allo stesso modo questa purezza di pensiero è appropriata riguardo alle buone azioni, vicine al Creatore, sia benedetto il Suo Nome, affinché queste non si allontanino da Lui e non si associno allo Yetzer: in questo ultimo caso si tratterebbe delle Mitzvot compiute interessatamente 2, citate dai Maestri in numerose occasioni.
E infatti, i Maestri di benedetta memoria ci hanno già insegnato che esistono diversi modi di compiere Mitzvot in modo interessato: il peggiore di tutti riguarda colui il cui servizio divino è destinato unicamente a ingannare il prossimo e a ottenere onori o denaro 3. È di lui che dissero (Talmud Yerushalmi, trattato Berakhot 1, 2): “Sarebbe stato meglio per lui se le sue membrane fetali si fossero rovesciate [e non fosse mai nato]”. E di lui disse il profeta (Isaia 64, 5): “Eravamo tutti come esseri impuri e tutta la nostra virtù era simile a un panno immondo[5]“.
Un’altra categoria di Mitzvot compiute interessatamente è quella il cui scopo è di ottenere un beneficio e di questa dissero (Talmud Bavli, trattato Pesachim, 50b): “L’uomo deve sempre occuparsi di Torà e Mitzvot, anche se lo fa a fini utilitari, perché [col tempo] da opportunista diventerà disinteressato[6]“. Tuttavia, chi non è ancora giunto al livello di compiere le Mitzvot disinteressatamente e le compie per opportunismo è comunque ancora lontano dalla perfezione.
In ogni caso, ciò a cui l’uomo deve fare attenzione e dedicarsi maggiormente è [impedire] l’intrusione di un elemento vietato nelle sue intenzioni, cioè: a volte l’uomo compie una Mitzvà in modo veramente disinteressato, così come decretato dal nostro Padre che è nei Cieli, ma non eviterà di associarle un fine supplementare, per esempio ricevere elogi o una ricompensa per ciò che ha fatto[7]. E a volte perfino quando non aveva l’intenzione iniziale di cercare complimenti, se si rende conto di provare piacere nel riceverli deve diventare più puntiglioso. Un esempio è quello della figlia di Rabbi Chanina ben Tardion (Talmud Bavli, trattato Avodà Zarà 18b), che camminava con un passo curato: quando apprese l’ammirazione che ciò suscitava 4, subito decise di fare ancora più attenzione. Infatti questo supplemento era dovuto ai complimenti ricevuti e malgrado l’entità di un divieto come questo sia irrisoria, in ogni caso l’azione in cui esso era incluso non era completamente pura: così come sull’altare inferiore 5 si può offrire solo farina purissima, setacciata con tredici crivelli e quindi ripulita da qualsiasi corpo estraneo, allo stesso modo solo una azione speciale, immune da qualsiasi impurità, viene accolta sull’altare superiore 6 per un servizio del Signore esemplare e perfetto. Con ciò non dico che un’azione che non risponda a questo criterio venga del tutto rifiutata, perché il Santo, benedetto Egli sia, non priva nessuna creatura della ricompensa dovuta e retribuisce ogni azione secondo il suo vero valore 7; ciò di cui parlo è il servizio divino irreprensibile, appropriato a chiunque ama veramente Hashem: e si può definire tale solo il servizio assolutamente puro, privo di qualsiasi fine se non quello di servire Hashem benedetto.
E quando ci si allontana da questo livello, più si è lontani e più il servizio divino sarà difettoso. Questo è il senso di ciò che disse [il re] David, la pace sia su di lui (Salmi 73, 25): “Chi ho io in cielo [oltre a Te]? E non desidero niente in terra accanto a Te[8]” e anche (ibid. 119, 140): “La Tua parola è purissima e il Tuo servo l’ama”. Infatti, il servizio di D-o deve veramente essere molto più puro dell’oro e dell’argento. Ed è così che [il re David] definì la Torà (ibid. 12, 7): “Le parole di Hashem sono parole pure, argento raffinato dentro un crogiolo in terra e purificato sette volte”[9].
E chi serve veramente Hashem non si accontenta di farlo appena un po’ né si contenta di raccogliere argento mescolato a scorie e piombo, cioè di un servizio divino mescolato a intenzioni inopportune; [vorrà] invece ciò che è puro e terso come si deve: allora si potrà dire che compie la Mitzvà come fu comandata e di lui dissero i nostri Maestri di benedetta memoria (Talmud Bavli, trattato Shabbat 63a): “Chi compie una Mitzvà come fu comandata non riceve mai cattive notizie”. E dissero anche (Talmud Bavli, trattato Nedarim 62a): “Fai le cose per amore di Colui che le ha create e parla [parole di Torà] per loro stesse”. Ed è questa la scelta di chi serve Hashem con cuore integro. Difatti, purificare questo servizio divino è una fatica e un pesante fardello per chi non si unisce al Signore benedetto con vero amore, perché si chiede: “Chi può mai riuscire in questo [intento]? Siamo esseri umani in carne e ossa, non possiamo raggiungere questo livello di purezza!”. Invece, chi ama D-o e desidera servirLo gioisce in cuor suo di mostrare al Signore benedetto la fedeltà della sua fede e di fare progressi in purezza e affinamento. Così concluse David in persona, dicendo (Salmi 119, 140): “E il Tuo servo l’ama”.
Ecco, questo è il metro con il quale i servitori di Hashem sono giudicati e valutati al loro livello, poiché chi sa meglio purificare il proprio cuore si avvicina di più e si fa amare di più dal Signore benedetto; sono loro i primi della terra, quelli che si sono affermati e che hanno avuto successo[10] in questo intento: i patriarchi e gli altri pastori che hanno purificato il proprio cuore davanti a Lui. Questo è l’avvertimento dato da David a suo figlio Salomone (Primo Libro delle Cronache 28, 9) : “Perché Hashem sonda tutti i cuori e capisce la trama di tutti i pensieri”.
E dissero i Maestri di benedetta memoria (Talmud Bavli, trattato Sanhedrin 106b): “Il Signore vuole il cuore 8.” Poiché al Santo, benedetto Egli sia, non basta che le azioni compiute siano delle Mitzvot; ciò che conta per Lui è che il cuore sia puro per dedicarlo al vero servizio divino. Il cuore è il re di tutte le membra del corpo e la loro guida. Se esso non decide di consacrarsi al servizio del Signore benedetto, il servizio delle altre membra è vano, perché seguiranno l’inclinazione verso cui si è orientato il cuore[11]. E la Bibbia dice esplicitamente (Proverbi 23, 26): “Figlio mio, dammi il tuo cuore[12] 9.”
Note del traduttore:
[1] Si tratta ovviamente delle relazioni coniugali.
[2] Sono le Mitzvot “Shelo Lishma”: infatti, alcuni compiono determinate Mitzvot per opportunismo e con un fine utilitario. Ovviamente esse hanno meno valore delle Mitzvot Lishma, compiute senza altra finalità che il servizio di Hashem.
[3] Anziché a servire Hashem.
[4] La gente diceva “Quant’è gradevole il passo di questa ragazza!”. Contrariamente a quanto potrebbe sembrare a prima lettura, l’elogio della gente portava sulla discrezione e sulla modestia della sua camminata, non sulla sua eleganza o avvenenza. Ma provare piacere per un elogio della propria virtù diminuisce il valore di questa virtù. Perciò la punizione di questa ragazza, raccontata nel Talmud, non fu dovuta a una mancanza di discrezione bensì alla soddisfazione provata per la lode ricevuta, ciò che non conviene a una persona virtuosa (da un commento di Rabbi Haim Shmulevitch).
[5] Cioè l’altare del Santo Tempio di Gerusalemme, che sia ricostruito presto nei nostri giorni.
[6] L’altare celeste.
[7] Si legga al riguardo il capitolo 4 del Maamar Haikarim sulla ricompensa (stesso autore, stesso sito e stesso traduttore). [8] Bisogna fare molta attenzione a non travisare il significato di questa frase. Hashem ci chiede di servirLo con il cuore, altrimenti le Mitzvot diventano un atto puramente tecnico che perde gran parte del suo valore. Questo non significa che
Hashem chieda solo il cuore, senza le Mitzvot, come pretende chi cerca di scrollarsi di dosso il servizio divino per abbandonarsi alla pigrizia e alle tentazioni. Chi pretende di servire Hashem solo con il cuore, senza fare ciò che Hashem ha comandato, è probabilmente più interessato a servire i propri comodi.
[9] In questo passaggio è la Saggezza a parlare in prima persona.
Commento
[1] In questo capitolo il Ramchal si concentrerà sulla purezza di pensiero, e non quella del cuore, che sarà oggetto dei capitoli dedicati alla chasidut, nei quali verrà dedicato molto spazio all’amore per H.
[2] Come è scritto nella parashah di Bereshit “il peccato è accovacciato sulla porta”, per questo non si deve lasciare il minimo spazio affinché questo possa penetrare.
[3] Sebbene il godimento sia connaturato all’uomo, questo attraverso il pensiero ha la possibilità di distogliere la propria mente dal desiderio, considerandone l’oggetto come irraggiungibile, allo stesso modo in cui l’abitante di un villaggio non esprime il desiderio di sposare la figlia del re, considerandola irraggiungibile.
[4] Alla fine del terzo capitolo delle Hilkhot de’ot il Rambam riferisce questo verso a qualsiasi ambito della vita umana, compreso il commercio.
[5] Secondo il Ramchal non esiste una via di mezzo fra la purezza e l’impurità, ciò che non è puro è automaticamente impuro.
[6] R, Chayim di Volozin scrive in Nefesh ha-chayim che se una persona studia alcune ore al giorno e solamente in alcuni momenti riesce a mettere la giusta intenzione, questi momenti riescono a purificare l’intero studio, come se fosse stato affrontato tutto con la giusta intenzione. In Ruach Chayim spiega ulteriormente il concetto: determinante è il desiderio di arrivare alla giusta intenzione. Dalla ghemarà in Sanhedrin (105b) sembrerebbe che il discorso sia maggiormente esteso, perché è scritto che per via dei 42 sacrifici di Balaq, che evidentemente non aveva neanche il desiderio di avere l’intenzione giusta, da lui discese Rut.
[7] Nelle parole del Ramchal c’è una grande facilitazione relativamente al lishmah per le mitzwot. Infatti devono essere considerati due aspetti distinti: la mitzwah e la purezza del cuore. Per questo secondo aspetto, come abbiamo visto, qualsiasi elemento estraneo comporta una ricaduta nell’impurità, mentre per una mitzwah un fine supplementare viene annullato se confrontato con l’intenzione adatta, se si tratta di un fine supplementare permesso, come per esempio per ricevere la ricompensa. Se però il fine ulteriore è proibito, ad esempio per raggiare il prossimo, questa mancanza ha la capacità di invalidare la mitzwah.
[8] La vicinanza di H. conduce al disprezzo delle cose di questo mondo. Allo stesso modo Shelomò ha-melekh nel Qohelet considera inutile tutta la fatica dell’uomo sotto il sole – sotto il sole, ma al di sopra di esso questa assume tutt’altro significato.
[9] Anche se il discorso di David ha-melekh si riferisce alla Torah, il Ramchal lo trasferisce al servizio divino: come un insegnamento è puro, così deve essere la sua messa in pratica, tanto che uno studio non può dirsi completato, se non è stato trasferito nella pratica.
[10] Il testo ebraico dice “gaverù wenitzchù”: i forti sono coloro che riescono ad avere la meglio sull’istinto malvagio, ed una volta che hanno vinto operano il tiqqun.
[11] Anche se una persona viene ricompensata per via delle sue azioni meritorie, il suo servizio divino viene valutato in base al suo cuore, perché fra le membra del corpo umano è quella superiore.
[12] Il verso che il Ramchal cita è molto pertinente, perché chi dà il cuore al suo prossimo perde la vita nella sua totalità. Chi dà tutto il suo cuore ad H. non lascia alcuno spazio al lo lishmah.