Nella toràh è detto che nel primo giorno del settimo mese si festeggia il Giorno della Suonata. Per il midràsh, questa festa è Rosh haShanàh che è un Giorno di Giudizio e che ricorda la creazione del mondo. Proprio sul mese in cui è stato creato il mondo, il talmud ( TB RH 10b) riferisce una polemica tra R.Eli’èzer e R. Iehoshù’a. Per R. Eli’èzer, il mondo è stato creato nel mese di Tishrì; in effetti secondo il suo parere ( Vaiq R 29:1), la creazione dell’universo è iniziata il 25 del mese precedente e cioè di Ellùl, mentre l’1 di Tishrì sono stati creati Adàm e Chavàh. R. Iehoshù’a ritiene che il mondo è stato creato di Nissàn, forse a partire dall’1 di Nissàn oppure, in parallelo con R. Eli’èzer, dal 24-25 del precedente mese di Adàr.
Secondo i tossafisti ( TB RH 27a), i due pareri sono complementari: in Tishrì D-o pensa di creare il mondo, mentre in Nissàn passa all’azione.
La discussione tra R. Eli’èzer e R. Iehoshù’a è meno sui tempi reali e più sulle dimensioni divine. Secondo R. Eli’ezer, il mondo è stato creato o doveva essere creato con-per la dimensione della Giustizia; mentre per R. Iehosù’a, il mondo è stato creato secondo la dimensione della Misericordia. Il Maharàl ritiene che la loro contrapposizione è anche fra la dimensione testa-razionalità-ordine e la dimensione cuore-vitalità-impulsività.
La discussione tra i due maestri non è mitologica ma etica religiosa. Cerchiamo di seguirne le ramificazioni e di esaminarne i precedenti ( Ber.R.1:21 e 12:14; TB ‘ER 13b) in alcune idee di Shammài ed Hillèl.
Beth Shammài ritengono che: 1) il cielo è stato creato prima della terra; 2) D-o pensa quello che creerà durante la notte e crea durante il giorno; 3) in assoluto, era meglio che D-o non creava il mondo.
Beth Hillèl ritengono che: 1) la terra è stata creata prima del cielo; 2) D-o pensa e crea soltanto durante il giorno; 3) il mondo è stato creato perché l’uomo dia corpo alle sue azioni.
Le divergenze di pensiero tra Beth Shammài e Beth Hillel sembrano fondamentali: A) se il cielo è stato creato per primo, allora l’azione perfetta di D-o è, per definizione, soverchiante quella dell’uomo; se la terra è stata creata per prima, allora l’azione dell’uomo ha una sua valenza specifica perché può migliorarsi momento per momento; B) se il pensiero di D-o è buio, abissale ed imperscrutabile, allora si può soltanto constatare la Sua azione palese; se il pensiero di D-o è oggettivamente luminoso e creatore, allora le azioni di D-o rendono visibile il Suo pensiero; C) le richieste della toràh sono così difficili che l’uomo preferirebbe non esistere piuttosto che sbagliare; al contrario: l’uomo può utilizzare gli errori per capire il vero senso delle sue intenzioni passate e per dare una vita reale alle sue azioni future.
Il terreno di scontro è quello della responsabilità etica nella relazione tra l’uomo e D-o: l’onnipotenza divina limita la libertà dell’uomo perché la rende inutile? L’impotenza umana limita la capacità donatrice di D-o perché la rende offensiva ? Non a caso, Shammài ritiene che la responsabilità di un esecutore non elimina la responsabilità del mandante (TB Qidd 43a). Non a caso Hillèl (Vaiq R.34:3) ritiene che farsi il bagno e prendersi cura del proprio corpo sia una Mizvàh implicita, perché l’uomo è fatto ad immagine di D-o.
La discussione tra R. Eli’èzer e R. Iehoshù’a sviluppa in parte quella tra Beth Shammài e Beth Hillèl ( TB San.97b-98a; Ioma 54b; BM 59b; Ta’an 2a; Ber.R. 12:11)
R. Eli’ezer pensa che : 1) la liberazione messianica avverrà quando il popolo d’ Israele farà teshuvàh; 2) il mondo è stato creato partendo dal suo punto centrale; 3) ogni oggetto che esiste nel cielo è stato creato in cielo ed ogni oggetto che esiste sulla terra è stato creato in terra; 4) l’ultima decisione in fatto di halachàh dipende da D-o; 5) si ricorda la preghiera della pioggia dal primo giorno di Sukkòth, per ricordare la potenza giudicatrice di D-o.
R. Iehoshù’a pensa che : 1) la liberazione messianica verrà quando D-o sentirà il bisogno di affrettarla , anche senza le azioni degli uomini; 2) il mondo è stato creato partendo dai suoi punti laterali; 3) ogni oggetto che si trova sia in cielo che in terra è stato creato in cielo; 4) la toràh non sta in cielo e l’halachàh si decide in terra; 5) la tefillah di ‘arvìth non è obbligatoria, perché non sostituisce un sacrificio fatto nel Tempio ma ricorda la consumazione dei resti dei due sacrifici quotidiani; 6) si comincia a dire la preghiera della pioggia alla fine della festa di Sukkòth perché avere la pioggia in mezzo a Sukkòth non è un buon segno.
R.Eli’ezer e R. Iehoshù’a esprimono due sistemi di pensiero coerenti, forse antitetici e forse complementari. Ognuno dei due sistemi parte da un diverso presupposto sulla relazione tra D-o e uomo; ambedue i sistemi assegnano grande valore sia all’azione di D-o sia all’azione dell’uomo. Il punto da stabilire è l’esatta proporzione che ognuno assegna ai due vettori della relazione: al vettore da D-o all’uomo ed al vettore dall’uomo a D-o.
R. Eli’ezer pensa che : la creazione ha un suo punto di partenza preciso e riconoscibile; si parte da un punto e ci si muove verso l’infinito; ogni oggetto ha un suo luogo e una sua funzione; gli oggetti celesti scaturiscono dal cielo e quelli terreni dalla terra ; l’uomo deve sentire dall’inizio della festa la potenza di D-o; l’ultima parola , specialmente in questioni di halachàh, spetta a D-o. Tutti questi frammenti si ricompongono in un sistema coerente. Una sola idea rimane paradossale: D-o può liberare l’universo soltanto dopo che qualcosa è successo, nel cuore dell’uomo con la teshuvah. D-o può contrarre ed espandere il tempo, soltanto con un limite: la misura del tempo è collocata materialmente e liberamente nel cuore dell’uomo.
R. Iehoshù’a pensa che : la creazione del mondo parte dalla periferia dell’infinito, e cioè da ovunque per arrivare ad un punto centrale; tutti gli oggetti celesti e terreni scaturiscono direttamente dal cielo; all’arrivo della festa l’uomo deve percepire, nella gioia, la misericordia di D-o e solo così, alla fine della festa, può comprendere la giustizia di D-o; nel buio più totale della notte e nel vuoto più totale di D-o, l’uomo trasforma il ricordo di un sacrificio incompiuto in una preghiera completamente volontaria .
Il pensiero di R. Iehoshù’a sembra meno serrato nei suoi collegamenti logici. La misericordia di D-o non è esattamente localizzabile. Proprio in questa cornice, risulta incredibile il paradosso di R. Iehoshù’a sulla liberazione: se l’uomo, in piena libertà, non sa o non vuole fare teshuvàh, la responsabilità della misericordia vincola D-o: D-o ha l’obbligo di portare la liberazione messianica al di fuori di ogni contropartita, soltanto per la necessità della Misericordia.
Che c’entra Rosh haShanàh con tutto questo discorso? Che c’entra la discussione sul mese in cui il mondo è stato creato con Rosh haShanàh?
Secondo R.Eli’ezer il mondo si fonda sulla Giustizia ed è stato creato da D-o nella dimensione della Giustizia. La creazione dell’Universo fisico è meno importante rispetto alla creazione dell’uomo; l’uomo è stato creato lo stesso giorno in cui ha commesso la sua prima trasgressione ed in cui è stato giudicato, uscendo dal giudizio con una sanzione ma con pieno kavòd; la Giustizia divina, cioè, permette all’uomo di esistere e nessuna colpa cancella o limita questo diritto; la colpa ed il giudizio fanno parte della creazione e solo dopo che l’uomo è entrato ed uscito dal confronto con la Giustizia divina, la creazione può completarsi con lo Shabbath. Per R. Eli’ezer, Rosh haShanàh è il giorno in cui D-o crea l’essere umano ed in cui l’uomo, con la sua colpa, obbliga D-o ad esercitare la Giustizia, permettendo il superamento della colpa. Se Rosh haShanàh è il giorno del Giudizio per tutta l’umanità, allora il mondo deve essere stato creato, dentro l’uomo, il mese ed il giorno in cui la Giustizia assoluta si trasforma in Giustizia particolare.
Secondo R. Iehoshù’a il mondo si fonda sulla Misericordia divina, dimostrata dal fatto che D-o subordina la sua creazione alle azioni dell’uomo. Secondo la toràh nel mese di Nissàn è stato eretto il Mishkàn, ed in quel giorno la gioia divina era grande come quando erano stati creati il cielo e la terra. Se l’uomo è capace di costruire il Mishkàn allora l’universo esiste veramente, dentro la relazione paritetica fra uomo e D-o. Se l’uomo ha la forza di far entrare e risiedere D-o nel suo mondo allora D-o ha dimostrato di aver creato l’universo aldilà dei meriti e delle colpe umane. Per R. Iehoshù’a la costruzione del Mishkàn assorbe e condensa dentro di sé la creazione dell’Universo. Secondo la toràh e secondo gli altri maestri, la costruzione del Mishkàn imita e riprende la creazione del mondo; indicando il mese di Nissàn come data della creazione, R. Iehoshù’a rovescia questo assunto e sostiene che la creazione del mondo riproduce in anticipo la costruzione del Mishkàn.
I tossafisti conciliano questi due pareri antitetici: nel pensiero D-o crea il mondo, esercitando la Giustizia, e dà all’uomo il pieno diritto ad esistere con kavòd davanti a Lui; nell’azione D-o crea il mondo dentro la Misericordia, partendo dalla premessa che l’uomo ha la forza autonoma di costruire la sua storia .
I paradossi sono illuminanti: a) non si può capire R. Eli’ezer senza accettare R. Iehoshù’a e viceversa; b) la grandezza infinita di D-o consiste nel lasciare spazio all’uomo e nel misurare il mondo secondo la forza dell’uomo; c) la grandezza dell’uomo consiste nell’accettare che il proprio pieno diritto ad esistere non è limitato ma è reso infinito dalla Misericordia divina.
In conclusione: di Rosh haShanàh gli ebrei festeggiano un capodanno che non c’è stato ma che, sicuramente, ci sarà.
Settembre 1998 – Shalom