In questa parashà viene raccontato come avvenne che il levita Kòrach riuscì a convincere gran parte degli israeliti ad aggregarsi al suo partito per soppiantare i cugini Moshè e Aharon alla guida del popolo. È difficile capire come fu possibile che una rivolta potesse avere successo dopo tutti i miracoli operati tramite Moshè e Aharon. Quello che la Scrittura tace ce lo rivela il Midràsh.
Nel trattato Sanhedrin (110a) è raccontato che Kòrach era l’uomo più ricco di tutto Israele: “R. Chamà figlio di Chaninà disse: Yosef nascose tre tesori in Egitto; uno fu scoperto da Kòrach, un altro fu scoperto da Antonino figlio di Severo e il terzo è riservato ai giusti nel futuro”,
R. Shemuel Eidels detto Maharsha (Cracovia, 1555-1631, Ucraina) nel suo commento ai passi midrashici del Talmud cita il trattato Pesachìm (119a) e spiega da dove venivano questi tre tesori nascosti. Yosef, nominato vicerè d’Egitto, aveva fatto mettere da parte il grano durante i sette anni “delle vacche grasse” in modo che quando arrivarono i sette anni di carestia vi fu in Egitto sufficiente grano per la popolazione e anche per l’esportazione. Grazie alla sua lungimiranza Yosef raccolse tutto l’oro e l’argento del mondo e lo portò nei sotterranei del Faraone, divisi in tre parti.
R. Mordekhai Hakohen (Safed, 1523-1598, Aleppo) nel suo commento Siftè Kohèn spiega come fu che Kòrach scoprì questo tesoro. Quando prima dell’Esodo, l’Eterno diede ordine a Moshè di dire al popolo di chiedere agli egiziani oggetti d’oro, d’argento e capi di vestiario (Shemòt, 12:35), questo ordine non riguardò la tribù di Levi che non era stata soggetta a schiavitù (Midràsh Tanchumà, Vaerà, 6) e quindi non meritava alcuna ricompensa per servizi forniti. Ogni ricompensa sarebbe stata un furto. I leviti non ricevettero nulla dagli egiziani prima dell’uscita dal paese né fu loro permesso godere del bottino degli egiziani che erano annegati nel Mar Rosso. Kòrach invece voleva arricchirsi e andava da una casa all’altra a vedere cosa avevano preso gli israeliti che erano stati schiavi. L’Eterno soddisfò i suoi desideri facendogli trovare uno dei tesori nascosti da Yosef, come insegnano i Maestri: “Lungo il cammino che una persona vuole percorrere, la si conduce e la si assiste”. L’Eterno gli disse: “Tu desideri del denaro che non ti appartiene, prendine pure in abbondanza ma vedrai che non ne potrai trarre godimento”. La ricchezza accumulata da Kòrach gli servì per aspirare al potere e lo rovinò. Cosi come insegnano i maestri nei Pirkè Avòt (Massime dei padri, 4:28 ): “R. El’azàr ha-Kappàr dice: Invidia, concupiscenza e vanagloria traggono fuori dal mondo”.
Rashì (Troyes, 1040-1105) nel suo commento scrive: “Per quale motivo Kòrach si ribellò contro Moshè? Fu preso dall’invidia per il fatto che il cugino Elitzafàn figlio di ‘Uzièl fu nominato da Moshè per ordine divino a capo della famiglia di Kehàt. Kòrach disse: mio padre (Izhàr) era il secondo di quattro fratelli: ‘Amram, Izhàr, Chevròn e ‘Uzièl. Moshè ed Aharon, figli del primogenito ‘Amram, sono diventati rispettivamente Re e Kohèn Gadòl. Non sono forse io quello che ha diritto di diventare capo della famiglia di Kehàt grazie al fatto che mio padre Izhàr era il secondogenito? E invece Moshè ha nominato come capo famiglia il figlio del più giovane dei fratelli!”.Il risultato della ribellione fu che la terra si aprì e inghiottì Kòrach e tutti i suoi seguaci (Bemidbàr, 16:32). R. Joseph Pacifici (Firenze, 1928-2021, Modiin Illit) in Hearòt ve-He’aròt (p. 168) fa notare che la punizione di Kòrach fu super naturale a differenza di quelle per gli adoratori del vitello d’oro e degli esploratori, perché una ribellione contro il regnante mette in pericolo l’esistenza del popolo e richiede una punizione particolare. Tutto per via delle ricchezze che fanno male, come dice re Salomone in Kohèlet (5:12).