Negli Stati Uniti è esplosa l’ossessione della ricerca della propria famiglia ancestrale e dei propri antenati (Maya Jasanof, Anchestor worship, New Yorker 9 maggio 2022): mentre l’ereditarietà del DNA nucleare è, per metà materna e, per metà paterna, il DNA mitocondriale è strettamene legato all’identità materna: infatti in una coppia di genitori è la donna a trasmettere ai figli il DNA mitocondriale, che viene tramandato sostanzialmente intatto da generazione a generazione: una madre ebrea trasmette il suo DNA mitocondriale a tutte le generazioni successive.
Leader nell’utilizzazione dei risultati di questa ricerca è la Chiesa dei Santi degli ultimi giorni (i Mormoni) che – ispirandosi anche al brano del profeta Malakhi, che invita Elia a rivolgere il cuore dei figli verso i padri – ha lanciato il progetto Family Search, che ha lo scopo di immagazzinare milioni di dati e conservarli in un “caveau” superprotetto. Le persone defunte vengono poi “battezzate” e le loro anime vengono in qualche modo “salvate” e così la Chiesa dei Santi degli ultimi giorni svolge la sua missione. Molte delle persone decedute da tempo sono state inserite nella lista e sono state “battezzate”: solo per fare un esempio, George Washington è stato battezzato quattro volte.
Questa ossessione, come molte altre, arriverà presto o tardi anche in Europa, che è stata attraversata da invasioni di ogni genere, per cui spesso le origini degli antenati sono oscure e nasce spesso la curiosità di andarle a ricercare.
L’ebraicità e la matrilinearità
Il fatto che l’attenzione sia rivolta soprattutto al DNA mitocondriale ha in qualche modo legittimato la posizione della Halakhà che stabilisce che l’ebraicità viene trasmessa per via matrilineare, anche se la madre originaria può essere vissuta centinaia di anni prima.
Se usato su larga scala, questo sistema di verifica può produrre delle conseguenze letali: infatti può creare l’esclusione, il razzismo e la persecuzione delle persone in base ai risultati del controllo del DNA. Un progetto per un controllo su vasta scala sarebbe quindi proibito, in quanto il consenso da parte di tutte le persone non può essere imposto, se non nei rari casi in cui si tratta di verificare, ad esempio, se la persona ha commesso un omicidio o compiuto un’altra grave trasgressione.
Il DNA mitocondriale può essere considerato un simàn muvhàk (segno certo) di ebraismo ed essere usato per certificare se una persona è ebrea, senza dover fare ulteriori richieste? In alternativa, il DNA mitocondriale potrebbe essere considerato valido quanto meno come simàn benonì (cioè medio), tanto che se venisse associato ad altri elementi potrebbe essere utilizzato per stabilire l’ebraicità di una persona. Considerando che la maggior parte delle persone che hanno un determinato DNA mitocondriale sono ebree, in quali casi una persona può essere credibile se dichiara di essere ebreo?
Le opinioni su questo tema sono sempre molto caute anche perché oggi si può accedere a varie fonti per verificare l’ebraicità, ma questo non è sempre possibile. Anche un solo testimone che dichiari che una persona è ebrea, in certe condizioni, può essere accettabile, questo non è sufficiente per
Consentire un matrimonio. In ogni caso, è sempre opportuno richiedere il controllo del DNA mitocondriale in due laboratori diversi e sottoporre i risultati a un’autorità rabbinica competente.
Ebrei “regolari”?
Non è nelle intenzioni di questo scritto dare risposte definitive, ma solo porre dei problemi e vedere come l’uso delle nuove tecniche scientifiche non viene mai rigettato, ma utilizzato e valutato con cautela. Trasformare l’identità ebraica in qualcosa di esclusivamente “razziale”, come hanno fatto gli antisemiti di tutte le epoche, è un pericolo che non si deve correre. Una delle trappole in cui cade la Comunità ebraica è proprio quella di accettare la matrilinearità come criterio fondamentale dell’ebraicità, cosa che sembra confermata dalla scoperta del DNA mitocondriale. Tuttavia il fatto di potere dimostrare che una persona discende da una madre ebrea (una generazione dopo l’altra anche per centinaia di anni) non è una prova che la persona e la famiglia sia rimasta ebrea, legata al mondo ebraico e alle mizvot: molte persone che secondo la Halakhà sono ebree, non lo sono di fatto nei comportamenti e mancano del sentimento della propria identità e di fatto finiscono per assimilarsi. Ciò che conta veramente è l’educazione che hanno avuto, la famiglia nella quale sono cresciuti e la Comunità in cui si sono formati.
Assistiamo al fatto che nella maggior parte dei casi, i figli nati da madre ebrea, proprio perché ritenuti ebrei “regolari” , vengono spesso dimenticati e nessuno se ne prende cura. Il paradosso è che la Comunità si prende poi cura proprio dei bambini che hanno il solo padre ebreo che proprio perché portano il cognome del padre hanno una identità ebraica quasi automatica: una ragazza ebrea può essere indotta a contrarre matrimonio esogamico proprio perché ritiene che comunque i figli saranno ebrei.
Bisogna insegnare che in ogni caso la matrilinearità non è un criterio sufficiente: sono solo l’educazione, la formazione, la frequentazione della società ebraica che fanno di una persona un ebreo, anche se gli sforzi per raggiungere questo scopo non sono sufficiente, sono certamente necessari: per usare una metafora, per funzionare accanto all’hardware, un sistema deve disporre anche di un software…
Ricordo che anni fa quando organizzai a Brindisi una conferenza sull’ebraismo mi preoccupai di verificare se in quella città c’erano ebrei: il giorno prima feci una ricerca sull’indirizzario telefonico della città e con mia grande sorpresa scoprii che c’erano almeno una decina di famiglie che avevano il cognome COEN. Feci una breve indagine telefonica e non trovai neanche un ebreo. Anche il cognome, per quanto molto indicativo, non basta per trasmettere l’ebraicità.
Bisogna infine ricordare che sono spesso proprio i convertiti che, una volta fatto il ghiur, chiedono di fare una indagine sul proprio DNA per vedere se hanno una ascendenza ebraica. Spesso questa curiosità trova una risposta positiva: le tracce dell’ebraismo non si cancellano facilmente nel tempo. Per generazioni gli ebrei hanno vissuto e lottato per affermare la propria identità. Ogni generazione si assume la responsabilità di continuare questa catena oppure di interromperla. Una sfida oggi ancora più forte, quando assistiamo all’interesse che il mondo circostante nutre verso l’ebraismo.
Sta agli ebrei far sì di non essere puro oggetto museale e archeologico, ma costituire una società viva e vitale, in grado di confrontarsi con il nuovo che avanza e di essere anche in grado di viverlo rimanendo fedeli a se stessi e all’identità che hanno ricevuto.
Scialom Bahbout
PS. L’argomento “DNA mitocondriale come strumento per chiarimenti sull’ebraismo” è analizzato in dettaglio su “Berurè Yahadut leor mechkarim ghenetim”, Israel Barenbaum e Zeev Litka, 5777”: in particolare si legga il contributo di Avraham Steinbergh pp 212 – 239.