Wlodek Goldkorn
Gerusalemme ha commesso violazioni, alcune gravissime. Ma il meccanismo che scatta (anche a sinistra) fa paura
Premessa: sono convinto di quanto segue: che in seguito alla guerra di Gaza in Israele si assiste a una recrudescenza di umori e politiche di stampo nazionalista; che è uno scandalo che un personaggio come Avigdor Lieberman che mette in dubbio il diritto alla cittadinanza dei palestinesi israeliani sia il ministro degli Esteri, e che comunque faccia parte del governo; che il blocco di Gaza deve cessare (salvo per quanto riguarda le armi e gli strumenti militari) ; che Israele debba ritirarsi entro i confini del 1967, compresa Gerusalemme; che Israele debba trovare un modo per riconoscere le proprie colpe per quanto riguarda l’esodo dei palestinesi nel 1948.
Premesso dunque tutto questo, in molte delle accorate e veementi proteste contro Israele inquesti giorni e settimane c’è una buona dose di antisemitismo.
Non è normale che un gruppo di facinorosi, per protestare contro il blitz delle truppe israeliane contro una delle navi di Freedom Flotilla, vada nel ghetto di Roma e insulti gli ebrei (alcuni dei quali superstiti della Shoah) gridando loro “fascisti!”.
Non è normale che nessuno a sinistra (una sinistra che stenta tuttora a condannare la tirannide cubana) protesti quando Fidel Castro dice che gli israeliani sono gli eredi di coloro che hanno mandato gli ebrei nelle camere a gas.
E non è normale che alcuni dei pacifisti, gente di buona volontà e onesta, quando raccontano la propria detenzione in un carcere israeliano, parlino di “torture psicologiche”. Le torture sono altra cosa, specie nel contesto del Medioriente, una regione dove vengono davvero praticate (per esempio in Iran, in Egitto, in Siria, ma anche in Israele fino a qualche anno fa, quando tra gli scandali e i pronunciamenti delle corti di giustizia quella ignobile pratica cessò).
C’è da chiedersi: ma perché quando venne schiacciata e torturata e stuprata tanta gente in Cecenia, perché quando venne assassinata Anna Politkovskaja, a nessuno è venuto in mente di boicottare la Russia di Putin? (Aggiungo che sarei contro il boicottaggio, perché penso che i boicottaggi rafforzino tutti coloro che cercano di soffocare il pubblico dibattito).
Perché così flebili sono state le proteste contro il regime di Ahmadinejad, quando la ribellione dei democratici iraniani veniva soffocata nel sangue? Perché a nessuno è venuto in mente di mandare una nave di pacifisti in uno dei porti iraniani? E ancora. Anni fa, in una una grande manifestazione No global (quella a Firenze, dopo Genova) vidi uno striscione: “Israele cancro dell’umanità”…
Ecco lo slittamento dal linguaggio di sinistra al linguaggio fascista. Potrei continuare, ma mi fermo qui. Voglio dire una cosa semplice: ho due sospetti. Il primo: per un malinteso (o forse beninteso) antimperialismo per una certa sinistra, qualunque cosa faccia l’Occidente (e Israele ne fa parte) e l’America (e Israele ne è un alleato fedele) sono dei criminali, mentre chiunque si oppone a essi (sia egli Ahmadinejad o i capi di Hamas) è un eroe, o almeno “è dei nostri”. Capisco: non si può vivere senza personaggi mitici come lo era Che Guevara. Ma è difficile pensare che lo sceicco Ahmed Yassin, fondatore di Hamas, ucciso da un missile israeliano, sia paragonabile al rivoluzionario argentino assassinato in Bolivia.
E la seconda cosa, conseguenza della prima. Israele, nell’immaginario di molti, sta assumendo lo stesso ruolo che ha avuto la figura dell’ebreo nella cultura occidentale: il ruolo del capro espiatorio. Non mi si dica di nuovo che Israele ha le sue colpe, lo so, appunto, e in conclusione dico che quasi mi pento della mia premessa. Il fatto stesso che abbia dovuto cominciare da lì è la testimonianza di quanto poco trasparente, di quanto vischiosa e sleale sia la discussione.
L’Espresso