Gli inserti di Alef Dac – Ebrei e cristiani – Quale dialogo
Meritare il dialogo
Joseph B. Soloveitchik: Confronto
Dichiarazione adottata dal Consiglio dei Rabbini d’America alla Conferenza invernale, 3-5 febbraio 1964
Non ignorare la Storia
Per quale verità si dialoga
Sionismo, Israele e Vaticano
Perché il dialogo ebraico-cristiano
Concezioni a confronto
Fenomeni e miracoli o miracoli naturali (G. Limentani)
La liturgia dei defunti (M.E. Artom)
Maimonide e la scienza (D. Nizza)
Tishà Be Av: Il mistero del hurban (M. Monheit)
Ebraismo anno zero: a colloquio con Arrigo Levi (M. Molinari)
Questo numero che esce a pochi mesi di distanza dalla visita del Papa alla Sinagoga romana, vuole proporre degli stimoli di riflessione sul problema più vasto sottinteso dall’evento che tante discussioni ed emozioni ha suscitato: che senso abbia il rapporto e il dialogo tra l’ebraismo e il cristianesimo.
Abbiamo ascoltato le voci cristiane sull’argomento; è il momento di valutare dal punto di vista ebraico e alle radici questo tema. Come testo principale dell’inserto è stato pertanto scelto un articolo di Soloveitchik, espressione dell’ortodossia ebraica americana; accanto a questo compaiono altri interventi e chiarimenti informativi.
Le risposte date dai vari autori non sono certamente uniformi, ma esprimono tutte la comune esigenza di far presente all’interlocutore la necessità di comprendere la natura speciale di Israele, mondo religioso ma anche storico ed individualità assoluta, che insiste nella tutela della sua unicità e non accetta inquadramenti teologici imposti dall’esterno.
Capire e difendere questa resistenza ebraica significa dare all’idea del dialogo un senso realmente positivo ed utile all’umanità, nel reale rispetto reciproco e fuori da ogni tentazione di sopraffazione ideologica.
Meritare il dialogo
Il Rabbino Joseph B. Soloveitchik è il massimo rappresentante dell’ortodossia ebraica negli Stati Uniti d’America; capo della scuola rabbinica della Yeshivà University, talmudista insigne, autorità riconosciuta universalmente nel campo della halackà, e pensatore originale. L’articolo di cui riproduciamo la parte essenziale rappresenta un punto importante nella elaborazione del pensiero del Rav (Il Rav per eccellenza per gli ebrei di America), e nell’ambito del problema che stiamo discutendo, è un riferimento essenziale di cui non si può fare a meno. L’articolo venne scritto nel 1964, quando la Chiesa Cattolica iniziò il processo di riavvicinamento nell’ebraismo con gesti di innovamento radicale. L’entusiasmo che questo nuovo atteggiamento provocò nel mondo ebraico americano, specialmente tra riformati e conservativi, fu bilanciato dalla presa di posizione ortodossa, di cui appunto la voce più significativa fu quella di Soloveitchik, e che trovò la sua più organica espressione in un testo che fu pubblicato in lingua inglese nella rivista Tradition, nella primavera di quell’anno, con il titolo “Confrontation”.
Il problema del confronto e del dialogo interconfessionale viene inserito in questo testo nell’ambito di una tematica molto più ampia, parte del sistema filosofico del Rav, che prende come simbolo la storia biblica di Adamo: segno della storia evolutiva dell’uomo e guida al senso della presenza di Israele nella storia. Vi è quindi una lunga introduzione su questo tema (che non pubblichiamo), e il cui messaggio essenziale è questo: il racconto di Adamo nel giardino dell’Eden mostra i livelli di maturazione etica e sociale attraverso i quali passa l’uomo. Dallo stadio primordiale del suo sviluppo fino alla maturazione, vi è un’evoluzione nel rapporto con la natura, la realtà e la società; i rapporti che inizialmente sono di aggressione e dominio si trasformano nel dialogo costruttivo che riconosce a ognuno la sua individualità. Da qui il discorso sul problema particolare del dialogo tra le religioni, che non potrà mai esprimere la parte migliore dell’uomo se non sarà liberato da ogni tentazione di sopraffazione culturale e di mancanza di vero rispetto per l’individualità dell’altro.
“La posizione di Soloveitchik sul dialogo dissente da quella di Buber. Secondo Buber l’uomo deriva la sua unicità dal rapporto con l’altro; l’uomo che non si è legato all’altro non è arrivato al vero livello dell’uomo, la sua anima è completamente vuota. Secondo Soloveitchik l’uomo non merita il dialogo finché non è arrivato a un confronto personale profondo, e il dialogo rimane sempre limitato, senza penetrare nell’interiorità della persona. La fonte di questa differenza è nella fede che Soloveitchik, come ritualista e mistico, ha nell’anima divina risposta entro l’uomo. Come Dio è infinito, così lo è l’anima, e pertanto la direzione del dialogo è dall'”Io” verso l’esterno e non al contrario” (Strikowski).