La prefazione di rav Riccardo Di Segni al libro Diritto ed ebraismo. Italia, Europa, Israele – Giorgio Sacerdoti, ed. Il Mulino
Oggi “La Zanzara” è il nome di un programma radiofonico discusso e di successo, che si richiama non solo al fastidioso insetto, ma all’ormai storico titolo di un giornaletto scolastico del liceo milanese Parini che negli anni ’60, con le sue prese di posizioni a quell’epoca innovative e provocatorie, suscitava lo scandalo dei benpensanti. Tra gli altri autori, scriveva su quel giornaletto l’adolescente studente Giorgio Sacerdoti, che da allora non ha smesso di scrivere; questo libro, che presenta un’ampia raccolta di suoi scritti, più maturi nella forma e nella sostanza ma sempre pungenti, ce ne offre una ricca e preziosa testimonianza.
Giorgio Sacerdoti come giurista ha dedicato molto del suo tempo e della sua passione professionale e umana alle questioni ebraiche, come uno degli esperti più qualificati che ha rappresentato le istanze ebraiche davanti alle istituzioni e allo Stato in una lunga storia di rapporti. Il momento di svolta ufficiale in questi rapporti nella recente storia italiana è stato quello della stipula e della ratifica delle Intese tra Stato e Comunità ebraiche del 1987; ma una quantità di problemi sono nati prima e dopo e hanno visto Sacerdoti in prima fila nella loro discussione.
I rapporti tra religione e Stato sono regolati in ogni luogo in base a un complesso ordinamento giuridico che è il risultato di una lunga storia di conflitti e discussioni; ma anche tenendo presente l’equilibrio raggiunto da una legislazione consolidata, chi pensa che questi rapporti siano questioni ormai consolidate, superate o facilmente superabili sbaglia; ogni momento si pongono problemi nuovi e questo avviene in tempi recenti sempre più frequentemente, per l’evoluzione della scienza e delle tecniche che questa offre, e per l’evoluzione delle mentalità, per cui si affacciano rivendicazioni di nuovi diritti. Le polemiche recenti intorno alla legge Zan ne sono una prova evidente.
Ogni religione poi ha la sua storia e le sue necessità e anche i suoi modi di interagire nei confronti delle istituzioni. L’ebraismo costituisce un caso a sé in Italia, per la sua presenza radicata e bimillenaria, per la lunga tradizione di leggi dello Stato (o dei tanti Stati del passato) che ne regolano gli ordinamenti e la libertà religiosa, per le drammatiche vicende della persecuzione, per la continua esposizione a atti di ostilità. Inoltre gli ebrei in Italia, benché siano una minoranza numericamente poco incidente, sono simbolicamente rilevanti. Come essi possano o debbano partecipare al dibattito pubblico per difendere le loro posizioni è oggetto di discussione anche vivace al loro interno. Esiste sempre la domanda dei limiti, dell’interferenza, della minaccia alla libertà collettiva. La casistica è però complessa: in alcuni casi la legge dello Stato potrebbe proibire qualcosa che è lecito per la religione (come la diagnosi pre-impianto nella legge sulla fecondazione assistita, o lo scioglimento del vincolo matrimoniale , messo in discussione nel referendum sul divorzio) o ciò che è obbligatorio per la religione (come la macellazione rituale e la circoncisione); oppure autorizzare qualcosa che è proibito (nelle problematiche del fine vita, se un giorno si arrivasse a autorizzare l’eutanasia attiva, o i matrimoni omosessuali). La risposta delle rappresentanze comunitarie ebraiche è stata di ferma difesa del diritto religioso quando si è cercato di proibirne l’esercizio, e di astensione da posizioni ufficiali quando la legge dello Stato dava aperture su cose religiosamente proibite, limitandosi, in campo ebraico, a prese di posizione individuali per ribadire i principi della propria tradizione; ogni cittadino in definitiva ha il diritto di esprimere la propria opinione quale che sia l’origine del suo pensiero.
Se un tempo il problema per l’ebraismo si poneva nei termini di diritti conculcati, le questioni sono diventate sempre più complesse quando si è passati al conflitto tra diritti: quello di esercitare liberamente la propria religione in opposizione ad altri diritti invocati, come quello dell’animale a non soffrire, mentre la macellazione rituale potrebbe invece provocare dolore, o il diritto del bambino all’integrità fisica che sarebbe violato con la circoncisione; e più di recente nel dibattito sui limiti alla libertà di insegnamento e regolamentazione religiosa che potrebbero porre, se non meglio definite, le norme di tutela della diversità di orientamento sessuale
Molti di questi temi vengono affrontati nella ricca rassegna di articoli del prof. Sacerdoti di questo libro. Sacerdoti ha avuto un ruolo di primo piano in tutte le questioni principali dibattute negli ultimi decenni, intervenendo con documentazione e dottrina. Il suo campo di interesse si è esteso alla discussione di interessanti aspetti giuridici nel rapporto con lo Stato di Israele e dell’impatto che hanno in Italia in particolare nel diritto matrimoniale; e ha approfondito anche altre tematiche, da excursus storici al rapporto tra le religioni, in particolare con la Chiesa cattolica ora dialogante ma un tempo ostile e limitatrice di diritti.
Questo libro quindi non è solo una raccolta di scritti giuridici autorevoli ma una sorta di libro di storia dell’ebraismo italiano nell’ultimo secolo, analizzato dalla prospettiva dei suoi problemi organizzativi, istituzionali, di rapporti con la società.
Le questioni giuridiche non sono poi solo quelle che contrappongono, o mettono in dialogo, lo Stato con le rappresentanze ufficiali ebraiche; i membri delle comunità ebraiche sono per natura “dialettici”, per non dire litigiosi e ogni aspetto della vita comunitaria è per loro sempre fonte di dibattito. Vi sono forti problemi identitari e di rapporto con la religione, perché come nello Stato si dibatte tra diverse posizioni, “laiche” o non, così nell’interno delle comunità la discussione è vivace; ne sono esempi importanti la questione delle conversioni e quella della riforma religiosa. In questi casi Sacerdoti non è il rappresentante della comunità davanti allo Stato, ma l’esponente di un pensiero personale o condiviso da un gruppo, certamente autorevole e da rispettare, ma spesso in contrasto con altre posizioni, come quella di chi scrive queste note; ma non è una prefazione la sede per discutere con l’Autore, vista la complessità degli argomenti.
Il dissenso da certe posizioni non toglie importanza a questo libro, anzi ne accresce l’interesse, come stimolo alla discussione e testimonianza della perenne vitalità della condizione ebraica.
Rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma