Divenne famoso con «La variante di Luneburg” e “ Canone inverso”. Aveva 78 anni
di Redazione
«Se non fossimo costretti a scegliere, saremmo immortali» scriveva Paolo Maurensig nel romanzo che lo ha reso famoso, La variante di Luneburg (Adelphi), probabilmente il più bello che ci ha lasciato e che ci lascerà. La stagione delle scelte per lui è infatti finita: l’agenzia di stampa Ansa ne ha annunciato la morte, a 78 anni, per un malore improvviso.
Nato a Gorizia nel 1943, Maurensig, aveva compiuto studi classici. Dopo aver intrapreso vari lavori (dall’interior designer all’archivista, all’agente di commercio) ed essersi dedicato a varie passioni: da quella per l’esotismo a quella per gli scacchi, che giocò a livello nazionale, ma anche al flauto e al violocello, alla ricostruizione di strumenti rinascimentali a fiato, iniziò a lavorare nel campo dell’editoria a Milano e pubblicò alcune raccolte di racconti (I saggi fiori, All’insegna del Cigno, Ippocampo).
La passione per gli scacchi è il filo conduttore di diversi suoi libri, a partire da La variante di Luneburg che uscì nel 1993 con Adelphi e che narra di una partita fra due maestri di questo gioco attraverso gli eventi storici della Seconda guerra mondiale. Tradotto in numerose lingue ha venduto 300mila copie solo in Italia e una sua trasposizione teatrale ha debuttato nel 2007 a Gorizia con la voce di Milva.
L’Arcangelo degli scacchi (Mondadori, 2013) narra invece la vita segreta di un campione, Paul Morphy, nato a New Orleans nel 1837. In Teoria delle ombre(Adelphi, 2015, vincitore del Premio Bagutta e del Premio Cortina d’Ampezzo) l’ombra che si muove sulla pagina è invece quella di Alexandre Alekhine, campione del mondo di scacchi, che il 24 marzo del 1946 venne trovato morto nella sua stanza d’albergo, a Estoril. Il romanzo ne racconta gli ultimi sette giorni di vita. «Non gioco a scacchi, combatto con gli scacchi» è una sua celebre frase.
Maurensig è tornato sugli scacchi anche con il romanzo L’ultima traversa(Barney, 2015; Theoria, 2018). «Mi ricordo che da bambino a volte giocavo a scacchi da solo, passando da una sedia all’altra, da un lato all’altro del tavolino, cercando di estraniarmi da quanto avevo pensato come conduttore dei bianchi per non influenzare l’altro me stesso che giocava con i neri. Alla fine mi chiedevo: in caso di vittoria, quale dei due “io” avrebbe potuto considerarsi vincente. Tutte le partite finivano alla pari, per mia fortuna» ha scritto, a proposito della sua passione per questo gioco, con la sua consueta ironia («L’umorismo, l’ironia è l’appagamento che l’intelligenza riserva a se stessa», si legge nella Variante di Luneburg).
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