Uno dei temi centrali della Parashà di Beh’alotechà e che ritorna spesso nel libro di Bemidbàr è quale sia la Leadership migliore per il popolo d’Israele. In realtà il problema sorge fin da quando la scelta cade su Mosè che cerca di rifiutare un compito per il quale non si ritiene adeguato: convincere la superpotenza del momento, l’Egitto dei Faraoni, a lasciare uscire il popolo ebraico dal paese. In effetti, forse sarebbe stato più pratico arrivare a un accordo di compromesso con il governo egiziano, rimanere in Egitto e svolgere una funzione attiva e costruttiva all’interno della società egiziana: in fondo Mosè era cresciuto alla reggia egiziana e, come Giuseppe a suo tempo, avrebbe potuto svolgere la funzione di inserire il popolo ebraico all’interno della società egiziana. In fondo più di una volta gli ebrei hanno svolto funzioni importanti anche nelle società in cui hanno vissuto: la storia del popolo ebraico, ma anche quella dell’umanità, sarebbe stata diversa, in quanto l’esperienza egiziana è nel DNA del popolo ebraico (pensiamo ad esempio all’idea di libertà e alla promulgazione dei 10 comandamenti).
Comunque, una volta accettata la leadership contro la sua volontà, Mosè sarà poi costretto più volte a pentirsene di fronte alle critiche e alle ribellioni del popolo ebraico sia in Egitto sia nel deserto sorte in più occasioni: la mancanza di acqua e di cibo, la scomparsa di Mosè che portò alla creazione del vitello d’oro, il reportage dei rappresentanti delle 12 tribù al ritorno dal “tour” esplorativo nella terra di Canaan, la protesta di Korach e della gente che era riuscito a trascinare nella protesta.
Insomma proprio nella Parashà di Beha’alotekhà Mosè chiede al Signore di intervenire per liberarlo dal peso della leadership (Numeri 11: 11 – 17):
11Mosè disse al Signore: «Perché hai fatto del male al tuo servo? Perché non ho trovato grazia ai tuoi occhi, al punto di impormi il peso di tutto questo popolo? 12L’ho forse concepito io tutto questo popolo? O l’ho forse messo al mondo io… 14Non posso io da solo portare il peso di tutto questo popolo; è troppo pesante per me. 15Se mi devi trattare così, fammi morire piuttosto, fammi morire, se ho trovato grazia ai tuoi occhi; che io non veda più la mia sventura!». 16Il Signore disse a Mosè: «Radunami settanta uomini tra gli anziani d’Israele, conosciuti da te come anziani del popolo e come loro scribi, conducili alla tenda del convegno; vi si presentino con te. 17Io scenderò e lì parlerò con te; toglierò dello spirito che è su di te e lo porrò su di loro, e porteranno insieme a te il carico del popolo e tu non lo porterai più da solo.
Come sono stati scelti i settanta anziani? Non sarebbe stato più logicosceglierli tra i membri della tribù di Levi che già svolgevano un ruolo spirituale e culturale importante all’interno del popolo, come stabilito dopo l’episodio del vitello d’oro?
Rav Simcha Dvinsk risponde a questa domanda nel suo commento “Meshech Chokhmà”, sostenendo che in prospettiva questa opzione non sarebbe stata utile:
Quando il Signore benedetto scelse i figli di Aharon e la tribù di Levi per svolgere il suo culto, le persone avrebbero potuto pensare che, dato che erano lontani dall’essere completi e vicini alla Divinità (come lo erano invece i leviti), non c’era motivo che si staccassero dal desiderio e dalle attività materiali per occuparsi degli aspetti spirituali, ….. . Pertanto è stata opportuna e saggia la decisione divina di scegliere altre persone che avrebbero cercato di staccarsi dai desideri materiali per aspirare ad occupare una posizione degna di onore tramite una mizvà, che pur se eseguita in maniera interessata, avrebbe potuto svilupparsi e divenire disinteressata in futuro. In effetti il pericolo era proprio che le persone avrebbero rinunciato a intraprendere qualsiasi miglioramento nella propria vita spirituale e culturale, dato che la tribù di Levi svolgeva già questo compito.
Democratizzare lo studio della Torà
Questa decisione – secondo il Meshech Chochmà – aveva quindi lo scopo di “democratizzare” lo studio della Torà, alimentando il desiderio di aspirare a una vita spirituale e culturale, che ogni persona avrebbe potuto raggiungere. I settanta anziani di cui si parla in questa Parashà costituiranno in futuro il Sinedrio dei settanta anziani, di cui faranno parte non solo i Chachmè Cohanim, ma anche i Chachmè Israel, le persone provenienti da tutte le classi sociali. Ma come avvenne la scelta dei settanta anziani?
24Mosè dunque uscì e riferì al popolo le parole del Signore; radunò settanta uomini tra gli anziani del popolo e li fece stare intorno alla tenda. 25Allora il Signore scese nella nube e gli parlò: tolse parte dello spirito che era su di lui e lo pose sopra i settanta uomini anziani; quando lo spirito si fu posato su di loro, quelli profetizzarono, ma non lo fecero più in seguito. 26Ma erano rimasti due uomini nell’accampamento, uno chiamato Eldad e l’altro Medad. E lo spirito si posò su di loro; erano fra gli iscritti, ma non erano usciti per andare alla tenda. Si misero a profetizzare nell’accampamento. 27Un giovane corse ad annunciarlo a Mosè e disse: «Eldad e Medad profetizzano nell’accampamento». 28Giosuè, figlio di Nun, servitore di Mosè fin dalla sua adolescenza, prese la parola e disse: «Mosè, mio signore, imprigionali!». 29Ma Mosè gli disse: «Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!». 30E Mosè si ritirò nell’accampamento, insieme con gli anziani d’Israele.
(Numeri 11: 24 – 30)
Bisogna cercare di capire la reazione di Giosuè, che sembra assumere un atteggiamento di rimprovero verso il proprio Maestro, e la risposta di Mosè: questo avrebbe dovuto essere il primo a sdegnarsi nei confronti di Eldad e Medad, perché non si erano uniformati agli altri anziani e continuavano a profetizzare. Circa la scelta dei 70 anziani, Rashi scrive che Mosè ne scelse 6 per ogni tribù, e quindi le persone scelte avrebbero dovuto essere 72. Ma perché Eldad e Medad non erano nel gruppo degli anziani e di cosa stavano profetizzando? Leggiamo cosa dicono i Maestri nel Midrash:
E profetizzarono nell’accampamento: Che cosa profetizzarono? Dissero: Mosè muore e Giosuè farà entrare Israele nella Terra; Abba Chanan dice a nome di rabbi Eli’ezer: Profetizzavano sulla questione delle quaglie: sali quaglia, sali quaglia; Rav Nachman disse: profetizzavano a proposito di Gog e Magog (come si deduce dalla parola “nell’accampamento” che si trova in tutti questi episodi).
Profetizzavano: E’ stato insegnato: nel momento in cui il Santo, benedetto sia, disse a Mosè: “Raduna settanta uomini” Eldad e Medad dissero: “noi non siamo degni di questa grandezza”. Il Signore disse: dato che vi siete resi piccoli, io allora aggiungerò una grandezza alla vostra grandezza, e quale grandezza aggiunse loro: tutti gli anziani profetizzarono e poi cessarono di farlo, ma Eldad e Medad profetizzarono e non cessarono (di profetizzare). Da dove si deduce ciò? Da quanto è scritto “E profetizzeranno (al futuro) e non profetizzavano (al presente), essi quindi continuano a profetizzare.
Mio signore Mosè – imprigionali (kelaèm): qual è il motivo della richiesta di Giosuè? Non è educato che un allievo insegni una norma (cioè imprigionali) di fronte al suo Maestro.
Imprigionali (kelaèm): Cosa significa questo? Gli disse: “Dai loro l’incarico di occuparsi dei bisogni della collettività e loro si consumeranno (kalìm) da soli (perché la profezia non si manifesta, quando una persona è troppo occupata ad occuparsi dei bisogni quotidiani).
(Sanhedrin 17a).
Mentre l’atteggiamento di Giosuè sembra del tutto naturale, non si può dire altrettanto della risposta di Mosè: Magari tutto il popolo d’Israele fosse composto di profeti! Perché questa atteggiamento così contrapposto?
Una risposta possibile a questa domanda ci viene da Max Weber: Giosuè vede in Eldad e Medad l’inizio della formazione di una “setta” che si propone di operare in contrapposizione con la “comunità” ufficiale. Giosuè si era costruito una carriera sotto l’ala protettiva di Mosè e vedeva in Eldad e Medad due possibili “concorrenti” per l’entusiasmo e il carisma che li contraddistingue. Mosè invece non era stato un prodotto della comunità degli schiavi, ma era venuto dall’esterno, era vissuto in un ambiente libero e sapeva quanto sia stato importante avere fatto quell’esperienza “fuori dalle mura protettive della Comunità”: Eldad e Medad si erano fatti da soli e non avevano subito le influenze della società interna. Il testo non specifica se Eldad e Medad avessero profetizzato solo in quella occasione o se invece avessero poi continuato a profetizzare, anche se questa sembra un’opinione possibile.
La profezia “Giosuè farà entrare Israele nella terra” era imbarazzante per Giosuè e quindi i due profeti dovevano essere zittiti (ricordiamo la fine che fecero Nadav e Avihu). Le altre due profezie riguardavano interventi su aspetti della vita attuale (le quaglie) e proiezioni per il futuro, entrambi argomenti che comportavano un’intromissione nella vita della società.
Il pericolo di distruggere l’unità della comunità e la necessità di contrapporsi a un evento del genere spingono Giosuè a chiedere di imprigionarli. Mosè invece che ha una visione più generosa è pronto non solo a rischiare, ma sa che una società in cui ci sono persone libere e capaci ci produrre nuovi progetti può solo far bene alla società stessa. Tra questi due tipi di leadership Mosè sceglie la seconda: l’esperienza del roveto ardente è sempre presente in Mosè, anche se è consapevole che una società ha bisogno di stabilità e Mosè vuole trasmettere a Giosuè l’idea che questi due tipi di leadership devono convivere perfino nella stessa persona. La tendenza di ogni leader è quella di voler riprodurre nella generazione successiva una società con le stesse caratteristiche di quella da lui formata: la scelta migliore è quella che consente la crescita della società e dei singoli.
In questo episodio ci sono diverse concezioni della leadership:
Mosè nello stesso tempo in cui prepara un giovane erede ad assumere la guida del popolo d’Israele nel segno della continuità, ha anche la consapevolezza di avere preparato una persona che è un uomo che ha uno spirito in grado di sintonizzarsi con quello di ogni persona, che ha costruito il passato e sa pensare al futuro.
Eldad e Medad sono due giovani profeti carismatici che non hanno timore di mettersi al centro dell’accampamento per aprire nuove strade e dire tutto ciò di cui la società ha bisogno per camminare e progredire, e sono pronti a mettere a rischio il potere che potrebbero acquisire nella società in cui si sono formati.
La domanda è se Eldad e Medad si propongono di raggiungere lo stesso obiettivo oppure se si propongono due strade diverse per cambiare e far crescere la Nuova Comunità. Rav Mordekhai Angel propone un interessante midrash ai due nomi: Eldad, è formato da due parole EL – DAD, dove la parola Dad è simile alla parola DOD, uno degli epiteti con cui viene chiamato Dio nel Cantico dei Cantici: quindi El DAD significa Dio (verso) Dio; Medad è composto da due parole ME DAD, da intendersi Min DAD, cioè lontano da Dod, lontano da Dio,
Ci sono due direzioni che può prendere una realtà dopo una società guidata da chi ha avuto l’esperienza del roveto o da chi ha ascoltato i 10 comandamenti dalla “potenza divina”. Da una parte, una vita ancora più legata a EL DOD alla ricerca di esperienze mistiche, dall’altra MIN DAD, una vita non interessata a confrontarsi con l’Eterno, anzi sempre più tesa a fuggire dall’esperienza religiosa. Nella società sono presenti tanti Eldadim e tanti Medadim che rappresentano due diversi approcci alla vita e alla funzione della società. Abbiamo sempre più bisogno di uomini che hanno la saggezza di Mosè e che sono capaci di dire “magari tutto il popolo del Signore fosse composto da profeti e che il Signore ponga il suo spirito su di loro”. L’Ebraismo (ma penso tutte le culture religiose) potrebbero crescere molto di più se le persone che hanno una diversa impostazione culturale decidessero di parlarsi e confrontarsi per aumentare la vitalità spirituale della Comunità.
Raggiungere e occupare posizioni di potere è un obiettivo che si pone ogni persona: tuttavia avere maggiore potere non significa avere maggiore influenza: ognuno può lasciare un segno nella propria cerchia e quindi nella propria società senza avere potere. Solo così le persone possono cambiare il mondo.
Scialom Bahbout
Rabbi Simcha Dvinsk – Meir Simcha of Dvinsk (1843-1926). Rabbi Meir Simcha è conosciuto per il suo comment su Maimonide (Or Sameach) e per il comment alla Torà Meshech Chochma
Marck D. Angel (1945) – Rav della Sinagoga Sheerith Israel di New York, autore tra l’altro di Angel fo Shabbat (discorsi sulla parashà e sulle feste), The conversion in Judaism e altri scritti.