GARIWO: Papa Pio XII e la Shoah, le rivelazioni dagli archivi vaticani aperti a marzo
Papa Pio XII era a conoscenza, da proprie fonti, dell’uccisione di massa degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale, ma i suoi collaboratori dubitarono delle informazioni ricevute, che non furono rivelate al governo degli Stati Uniti. Lo ha riferito il quotidiano israeliano Haaretz citando i primi risultati delle ricerche condotte da un gruppo di storici tedeschi negli Archivi Vaticani all’inizio di marzo, quando la documentazione attinente al Pontificato di Pio XII è stata aperta alla consultazione degli studiosi interessati a chiarire il ruolo svolto dall’allora Papa durante la tragedia della Shoah.
A causa dell’emergenza per il coronavirus gli Archivi Vaticani sono stati chiusi dopo pochi giorni, ma i ricercatori tedeschi, guidati da Hubert Wolf (professore ordinario di Storia della Chiesa all’Università di Münster e uno dei massimi conoscitori degli Archivi Vaticani), erano comunque riusciti a esaminare una serie di carte e hanno pubblicato un primo resoconto sul settimanale tedesco Die Zeit, ripreso da Haaretz. A loro avviso la Chiesa Cattolica sapeva dell’Olocausto molto prima di quando ufficialmente ammise di esserne informata e inoltre la Chiesa avrebbe deliberatamente nascosto i documenti che potevano offuscare ulteriormente la sua reputazione.
Anche il quotidiano Times of Israel si è occupato dell’argomento, citando le interviste dei ricercartori tedeschi al Washington Post e le dichiarazioni del professor Wolf al settimanale cattolico Kirche + Leben, secondo cui i documenti ora esaminati erano stati esclusi dall’opera in 11 volumi compilata dai gesuiti sull’Olocausto quarant’anni fa, apparentemente per difendere Pio XII e la sua immagine.
Pio XII, il cui nome era Eugenio Pacelli, era stato Segretario di Stato prima di diventare papa nel 1939. Negli anni che seguirono scelse di tacere sui crimini di guerra nazisti. Per questo fu definito da alcuni osservatori “il Papa di Hitler” e accusato di essersi occupato più degli interessi della Chiesa che del destino degli ebrei. A sua difesa è stato detto che il suo silenzio derivava dal timore della punizione da parte dei nazisti, se avesse condannato le deportazioni, e che si impegnò per salvare molti ebrei, dietro le quinte e non pubblicamente.
I documenti esaminati dagli storici tedeschi guidati dal professor Wolf rappresentano solo una parte dei milioni di pagine che gli Archivio Vaticani hanno reso pubbliche su decisione dell’attuale pontefice, Papa Francesco. Tra le carte i ricercatori hanno trovato una lettera inviata dagli Stati Uniti in Vaticano il 27 settembre 1942 con un resoconto dettagliato dell’uccisione su larga scala di ebrei in tutta la Polonia occupata dai nazisti, secondo Die Zeit. Il rapporto era stato inviato un mese prima dall’ufficio di Ginevra dell’Agenzia ebraica per la Palestina al proprio ufficio negli Stati Uniti e portato in Vaticano da Myron Charles Taylor, inviato personale del Presidente Franklin Roosevelt presso il Papa. Gli storici tedeschi hanno trovato la prova che Pio XII aveva letto il rapporto il giorno in cui era pervenuto. Il rapporto parlava della distruzione del ghetto di Varsavia e affermava che tutti gli ebrei, indipendentemente dall’età o dal sesso, venivano radunati, portati fuori dal ghetto e fucilati.
Lo sterminio di massa non veniva eseguito a Varsavia, ma in campi appositamente istituiti a tale scopo. Il rapporto indicava l’uccisione di circa 50.000 ebrei a Leopoli (oggi in Ucraina occidentale, allora in Polonia) aggiungendo che, secondo un altro resoconto, 100.000 erano stati uccisi a Varsavia. Nell’intera Polonia orientale, comprese le aree occupate dai russi, non erano rimasti più ebrei in vita.
Papa Pio XII avrebbe anche appreso da questo documento che gli ebrei provenienti da Germania, Belgio, Paesi Bassi e Slovacchia erano stati trasportati nell’Europa orientale, dove erano stati massacrati. I tedeschi erano anche riusciti ad aizzare i cattolici polacchi contro gli ebrei. Una accusa particolarmente significativa alla luce delle ricerche che mostrano il notevole coinvolgimento dei polacchi a fianco dei tedeschi nella persecuzione degli ebrei.
Taylor – l’inviato di Roosevelt – chiese al Vaticano di chiarire se disponeva di informazioni a conferma di quanto rivelato nel rapporto. Taylor chiese poi che, se le informazioni fossero risultate confermate, la Santa Sede prendesse provvedimenti per allertare l’opinione pubblica e mobilitare il mondo civilizzato per porre fine ai massacri.
Da quanto ora emerso, dopo che il Papa ebbe letto la lettera e il rapporto, il Segretario di Stato vaticano Luigi Maglione scisse: “Non credo che abbiamo informazioni che confermano questa grave notizia nel dettaglio. Corretto?”. Altri documenti mostrano, tuttavia, che all’epoca il Vaticano aveva informazioni sufficienti per confermare e completare le rivelazioni degli americani, ma che per motivazioni antisemite e politiche i funzionari vaticani scelsero di minimizzare e negare il loro valore.
Il 18 settembre, nove giorni prima che gli Stati Uniti ricevessero il drammatico resoconto, al Vaticano fu recapitato un rapporto di gravità simile da un’altra fonte. Un uomo d’affari italiano, che aveva visitato la Polonia, riferì all’assistente di Pio XII, Giovanni Battista Montini, che in seguito sarebbe diventato Papa Paolo VI, del massacro di proporzioni “sconvolgenti”, giorno dopo giorno, e della liquidazione dei ghetti ebraici in Polonia.
Ulteriori informazioni dall’interno della stessa Chiesa erano pervenute anche prima di questa testimonianza. Come è stato già reso noto, nell’agosto 1942 l’Arcivescovo ucraino Andrzej Szeptycki informò il Vaticano sulle atrocità a cui aveva assistito nel ghetto di Leopoli.
Papa Pio XII non fu pronto a rispondere alla richiesta americana di una conferma del rapporto dell’Agenzia ebraica e ricevette un’altra richiesta dagli americani il 1° ottobre 1942, a fronte della quale, nella comunicazione interna al Vaticano, il Cardinale Montini scrisse che agli americani doveva essere detto che la Santa Sede “aveva sentito parlare del duro trattamento degli ebrei”, ma non aveva modo di valutare l’accuratezza delle informazioni. Una lettera in tal senso fu inviata dal Vaticano negli Stati Uniti il 10 ottobre 1942.
Nel tentativo di comprendere la posizione di Pio XII, gli storici citano un memorandum interno di un membro della Segreteria di Stato, Angelo Dell’Acqua, che metteva in dubbio l’autenticità delle informazioni fornite dall’Agenzia ebraica sullo sterminio degli ebrei di Polonia. Le informazioni devono “essere verificate”, affermava la nota, “perché anche gli ebrei tendono a esagerare facilmente”. Dell’Acqua mise anche in dubbio il rapporto dell’Arcivescovo di Leopoli, scrivendo che i cattolici orientali non erano “un esempio di affidabilità”.
Dell’Acqua aveva anche espresso il timore che la richiesta americana di conferma del rapporto dell’Agenzia ebraica fosse stata avanzata per motivi “politici” – per arrivare a un accordo pubblico tra la Santa Sede e gli Stati Uniti sulla “questione ebraica”.
Dell’Acqua avvertì che un tale passo avrebbe potuto mettere in pericolo non solo il Vaticano, ma anche la vita degli ebrei stessi, aggiungendo che gli sforzi mirati e isolati da parte dei sacerdoti, come la protesta dei vescovi francesi per l’espulsione degli ebrei, sarebbero stati sufficienti.
Due mesi dopo, nel dicembre del 1942, gli Stati Uniti ricevettero informazioni credibili sulle uccisioni di massa dal governo polacco in esilio a Londra. In seguito, il 17 dicembre, l’Unione Sovietica, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna diffusero una dichiarazione congiunta che condannava lo sterminio degli ebrei da parte dei tedeschi.
Papa Pio XII non la sottoscrisse, ma in un messaggio di Natale, parlò delle centinaia di migliaia di persone che erano state mandate a morte a causa delle loro identità nazionali o del loro passato, ma non usò esplicitamente la parola “ebrei”.
La documentazione ora accessibile negli Archivi Vaticani è solo una parte di un puzzle più grande, in gran parte ancora da risolvere. La Santa Sede non pubblicò alcuna dichiarazione di condanna della deportazione degli ebrei nei campi di sterminio, ma nel 1944 il Papa mandò un dispaccio al sovrano ungherese chiedendo di porre fine all’espulsione degli ebrei. L’inviato del Papa in Ungheria, Angelo Rota, è stato riconosciuto da Yad Vashem, la Fondazione che tutela la memoria dell’Olocausto, come un Giusto che salvò gli ebrei, ma gli storici dovrebbero ora essere in grado di verificare fino a che punto il Papa fu coinvolto nell’impegno di Rota.
E possono anche verificare se i sacerdoti, che in Francia e nei Paesi Bassi hanno condannato pubblicamente la persecuzione degli ebrei, agissero di propria iniziativa o su ordini segreti del Papa.
Nel corso degli anni, il Vaticano ha difeso la condotta di Pio XII, sostenendo che aveva lavorato per migliorare la situazione degli ebrei. Nel 1999, il Vaticano accettò di nominare un gruppo di storici cattolici ed ebrei che esaminasse la condotta di Pio XII nei confronti degli ebrei durante l’Olocausto, ma non tutto il contenuto degli Archivi Vaticani fu reso accessibile.
In un primo rapporto pubblicato nel 2000, il gruppo di ricerca affermò che Pio XII aveva ricevuto resoconti dettagliati sulla persecuzione degli ebrei nei paesi sotto l’occupazione nazista e che era a conoscenza delle espulsioni e delle atrocità dei nazisti. Ma aggiunse che, sulla base delle informazioni disponibili, non era chiaro se Pio XII o altri alti funzionari vaticani sapessero che questi atti facevano parte di un piano per la “Soluzione finale”, lo sterminio degli ebrei.
Il gruppo di studio sospese le attività nel 2001, dopo quella che è stata descritta come una mancata disponibilità del Vaticano a fornire i documenti necessari. Un anno fa la decisone di Papa Francesco di aprire gli Archivi Vaticani e l’avvio nel marzo di quest’anno della complessa ricerca, sospesa a causa della pandemia di coronavirus.