Ricoverata da anni nella casa di riposo ebraica di Milano è morta poco dopo Nedo, testimone instacabile dell’Olocausto per tutta la sua vita. Di famiglia ebrea fiorentina, era scampata alle deportazioni e nel 1945 aveva incontrato Nedo
Zita Dazzi
Sono stati sposati 71 anni e, come se non potessero vivere divisi, hanno lasciato la loro vita terrena a meno di due mesi di distanza. E’ mancata dopo esser stata attaccata dal Covid, nella casa di riposo ebraica di Milano, Rina Lattes, detta Riry, moglie di Nedo Fiano, instancabile testimone degli orrori della Shoah. Nedo era spirato il 19 dicembre scorso, nello stesso luogo dove entrambi i coniugi erano ricoverati da anni. Ne dà notizia su Facebook, il figlio Lele Fiano, deputato Pd, dopo aver negli ultimi giorni raccontato l’agonia di Rina: “La mamma non c’è più. Ha smesso di soffrire su questa terra. Ha lottato con le sue piccole forze contro il Covid per giorni. Ha resistito, combattente quale era, e poi ha raggiunto il suo amore di una vita, papà. Ora soli, non più figli, ma mariti e padri. Ora soli ad interrogarci per sempre sulla vita, il suo messaggio continuo, la forza dell’attaccamento alla vita che ci avete trasmesso, l’etica di una vita retta che ci avete tramandato, la scelta di dare battaglia sempre”.
Riry era stata vicina al suo Nedo per tutta la vita, proteggendolo e amandolo, come aveva fatto dal primo giorno, nel Capodanno ebraico del 1945, quando lo aveva visto “magro e solo”, e se ne era innamorata perdutamente. Lui era appena tornato dal campo di sterminio di Auschwitz, sopravvissuto anche se lacerato interiormente dalle ferite psicologiche vissute, che per tutta la vita ha testimoniato a generazioni di italiani, incontrati nelle scuole e nelle conferenze. Un anno dopo il primo incontro, si erano fidanzati e, nel ’49, quando Rina aveva 19 anni, si erano sposati, per non lasciarsi mai, neanche negli ultimi mesi di vita.
Rina, che ha avuto con Nedo tre figli – Emanuele detto Lele, Enzo e Andrea -, era fiorentina e durante il fascismo, dopo le leggi razziali, quando cominciarono le persecuzioni e i rastrellamenti, visse nascosta con tutta la famiglia Lattes. Riuscirono a non farsi catturare e dopo la guerra rividero la libertà. Due zii della famiglia Lattes invece seguirono la sorte di altri milioni di ebrei e non fecero ritorno dopo la deportazione. Cugina di primo grado di Franco Fortini, Riry ha dedicato tutta la vita alla famiglia, restando accanto al marito man mano che il suo ruolo di testimone per le generazioni future si faceva più impegnativo. “E quante volte ti ho visto battagliera e non capivo da dove ti venisse tutta questa forza di esporti e di posizionarti – la ricorda il figlio Lele Fiano, che ha appena pubblicato il libro di memorie “Il profumo di mio padre” (Piemme) – che pure venivi da una famiglia che certo non si era esposta, era moderata, e invece avevi scelto da grande, da donna adulta, negli ambienti dove ti impegnavi, e anche nella famiglia, di prendere anche posizioni scomode, di parte, schierate. Che papà invece non era così. Ma papà coltivava il flusso della memoria, della sua trasmissione, e del suo insegnamento, e tu lo hai sorretto e accompagnato ognidove”.