A lungo abbandonato, ora diventa una residenza per anziani
Mephisto si prese il castello del banchiere ebreo, castello alla francese, una storica villa su un lago. Gustaf Gründgens, il grande attore che per il successo, come Faust, vendette l’anima ai nazisti, comprò per meno della metà del suo valore la residenza della famiglia Goldschmidt nel 1934, sullo Zeesener See, un lago a 30 chilometri dal centro di Berlino. Dalla caduta del Muro e la riunificazione il castello è in abbandono, rischia di andare in rovina, ma ora dovrebbe essere restaurato e trasformato in un residence di lusso per anziani. Ma tutto è fermo a causa del Covid.
La villa, con una serra, due scuderie, una darsena, circondata da un parco di 35 mila metri quadrati, fu costruita nel 1687, per due secoli cambiò diverse volte di proprietà, fino ad essere acquistata dal banchiere Ernst Goldschmidt, un mecenate che amava l’arte. Il grande salone al primo piano, aperto sul lago, diviene il punto di ritrovo per attori, scrittori, musicisti, registi durante la Repubblica di Weimar. Il padrone di casa morì pochi mesi dopo la conquista del potere da parte di Hitler.
Gustaf Gründgens, nato nel 1899, è già celebre, dirige lo Schauspielhaus, il teatro sulla Gendarmenmarkt a Berlino. Amico di Klaus Mann, il figlio di Thomas, protetto da Hermann Göring, è stato ospite nella villa, e la vuole per sé. Rudolf Goldschmidt, figlio di Ernst, riceve forti pressioni, fino alle minacce, per cedere alle richieste dell’attore. Le trattative sono condotte dall’avvocato Gerd Voß, un membro delle SA. Ernst cede e vende la villa per 58 mila Reichsmark, meno della metà del valore reale. «La trattativa avvenne in modo poco serio, ma io sono un artista, non mi intendo di affari» ammise anni dopo Gründgens.
Nella «notte dei lunghi coltelli», tra il 30 giugno e il primo luglio del ’34, con il pretesto di un complotto, Adolf Hitler elimina le SA guidate da Ernst Röhm. Un massacro sul Tegernsee, il lago vicino a Monaco. Il Führer non vuole rivali. Anche l’avvocato Gerd Voß viene arrestato, e Gründgens cerca di farlo liberare. Voß viene giustiziato il 2 luglio. Röhm e i suoi amici erano omosessuali, e lo è anche Gründgens, a Berlino lo sanno tutti, compagni di lavoro e i suoi ammiratori. I nazisti spediscono a Dachau, il Lager appena aperto alle porte di Monaco, i comunisti e gli omosessuali, considerati asociali.
A dicembre Gründgens va da Göring e presenta le dimissioni dalla direzione del teatro, confessando di essere omosessuale. Ma l’amico le respinge, non deve temere, lo protegge lui, ma gli consiglia prudenza. Gründgens sposa l’attrice Marianne Hoppe, un matrimonio di convenienza. Nella villa sul lago la coppia continua a ricevere il bel mondo di Berlino, gerarchi nazisti, e artisti, anche ebrei che sperano di venir protetti da Gründgens.
Klaus Mann è già andato all’estero, i libri del padre vengono mandati al rogo. In Olanda scrive nel ’36 Mephisto, il romanzo ispirato a Gründgens, un attore che per il successo accetta il patto con il demonio. Ma un artista è al di sopra della morale? La villa sul lago viene usata da Gründgens come ambiente per i suoi film. Nel ’39 vi gira Effi Briest dal romanzo di Theodor Fontane. Dopo la guerra, nel ’45, viene arrestato per i suoi rapporti con il regime, trascorre quasi un anno in carcere, molti testimoniano a suo favore. Marianne Hoppe continua a lavorare nel cinema, l’ultimo film nel 1991, morirà nel 2002.
La villa finisce all’Est. Viene occupata dall’esercito sovietico, poi diventa un orfanotrofio, infine è gestita dal ministero degli esteri della Germania orientale, come residenza estiva per i diplomatici. Nel ’49 Gründgens adotta il compagno, il giovane Peter Gorki, e lo nomina suo erede. Muore a Manila nel ’63, forse suicida. Peter continua ad opporsi alla pubblicazione di Mephisto, che offende la memoria di Gründgens. I giudici gli danno ragione: la reputazione di un uomo vale più della letteratura. Il romanzo uscirà nella Ddr nel ’56, nella Repubblica Federale solo nel 1981.
Dopo la riunificazione, Rudolf Goldschmidt chiede che gli sia restituita la villa «rubata» dai nazisti, si oppone Peter Gorki in nome del padre adottivo, e anche il ministero degli esteri che si considera erede dei beni della scomparsa Ddr. Rudolf muore nel 1999, e il suo erede Maximilian Wolf ottiene infine il «castello di Mephisto». È una fine non un lieto fine.
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