Rav Chayim Navon – Makòr Rishòn 12.6.2020
Il Covid-19 non è un’arma biologica. Come lo so? Perché sarebbe la peggiore arma biologica che è possibile immaginare: la spargi sui soldati nemici sul campo di battaglia e quelli continuano a combattere come se nulla fosse e dopo un mese le tue nonne cominciano a morire. Perché allora si diffondono nel mondo queste teorie cospirative? Perché è difficile per noi accettare che la sofferenza non faccia parte di un grande processo mondiale e che la nostra tragedia non abbia un significato rilevante. La risposta ebraica classica è che noi riusciamo a trovare nella sofferenza un significato personale se ci sforziamo di limitarla, se proviamo a crescere in essa e a trasformarci in persone migliori. La risposta cospirativa è invece che la risposta è già qui: senza saperlo siamo soldati di una guerra mondiale. Non è un virus modesto quello che ci fa impazzire, ma un complotto mondiale criminale.
La tendenza al pensiero cospirativo si è impossessato della nostra sfera pubblica molto prima del Covid-19. Vediamo in ogni avvenimento complotti di repressione e di potere. A sentire molti studiosi la nostra società sarebbe un’enorme arena di oppressione. Questa non è la conclusione di una ricerca storica o sociale, ma l’ipotesi di partenza di queste ricerche. La storica Gertrude Himmelfarb ha scritto dello sforzo inglese per portare l’educazione gratuita ai figli di poveri nel XIX secolo (Poverty and Compassion: The Moral Imagination of the Late Victorians NdT) e fa notare che nessun personaggio pubblico dell’era vittoriana si salverebbe dai suoi colleghi storici con l’hobby dell’oppressione. Se si era contrari all’educazione gratuita era perché si voleva che i poveri rimanessero ignoranti e sfruttati, se invece si sosteneva l’educazione gratuita obbligatoria era perché si volevano formare degli operai a basso costo da indirizzare alle fabbriche.
Ho amici che pensano che questa forma di pensiero venga diffusa intenzionalmente. Descrivono una congiura mondiale per diffondere le teorie dello sfruttamento e del potere, e così possono dimostrare quanto sia diffuso oggi il pensiero cospirativo: anche chi prova ad opporvisi, viene spinto a descrivere questo pensiero come una cospirazione. La verità è che, come la maggior parte delle tragedie della vita, anche credere alle teorie delle cospirazioni oppressive non è un complotto satanico di proporzioni globali.
Quando assistiamo a una dura tragedia – un mascalzone che uccide la compagna, un poliziotto corrotto che uccide un arrestato innocente – a volte ci sembra che se parliamo solo dello sfogo malvagio di un singolo criminale, la tragedia sia banale, ma ho l’impressione che attribuire un significato a una tragedia non debba per forza trasformarla in un enorme complotto mondiale. Razzismo e odio ci sono sempre stati, ma non esiste la guerra degli uomini contro le donne e in America non esiste la guerra dei bianchi contro i neri. Il prof. Shalom Rosenberg ha scritto una volta che la maniera di gestire le ingiustizie non è quella di concentrarle nelle “fogne del male”, ma quella di diluirle in un mare di azioni giuste.
Sciaguratamente possiamo trovare nella storia umana anche vere e proprie “fogne del male”, potenti sistemi di oppressione criminale. Per fortuna questi sono fenomeni rari oggi nel mondo. I nazisti hanno messo in piedi un impero assassino di oppressione. Ma è veramente possibile metterlo a confronto col mondo occidentale del XXI secolo, pur con tutti i suoi difetti? Le persone di colore in America hanno non pochi problemi, ma possono addirittura diventare presidenti. È ragionevole paragonare la loro situazione a quella degli ebrei nella Germania nazista?
Con grande sorpresa la risposta di molti è positiva. Per tentare di giustificare questa risposta devono allargare la visione. Se si fa riferimento solo all’uccisione dei neri da parte dei bianchi, per esempio, si potrebbe addirittura scoprire che in molti casi gli assassini sono neri e arrivare a conclusioni completamente diverse. Per descrivere invece la società occidentale come l’arena dell’oppressione distruttiva bisogna descrivere una continuità immaginaria tra le vittime di omicidio e milioni di offese minori, “micro-aggressive”, della quale solo una preparazione speciale in teoria critica può riconoscere il significato oppressivo compiuto. Due studiosi hanno analizzato l’oppressione istituzionale in atto nella Germania nazista e hanno tentato di trarre delle conclusioni rispetto all’oppressione sociale ai nostri giorni. E hanno portato un esempio di oppressione attuale: il mercato capitalista del lavoro, che reprime i lavoratori anche rispetto al loro aspetto esteriore. Per esempio la regola imposta ai lavoratori di Disneyworld riguardo la lunghezza permessa delle unghie. Gli autori hanno chiarito che questa oppressione è certamente “leggera rispetto all’estremità del genocidio”, ma in fin dei conti “ha ricadute sulla capacità degli individui di agire, pensare e provare emozioni”. Non c’è che dire, veramente molto simile.
È un bene che le persone non rimangano in silenzio di fronte alla sofferenza. Non è un bene che questa inclinazione li porti all’ipotesi che la tendenza della società sia “malvagia sin dall’infanzia” (Cfr. Genesi 8, 21 NdT), e che il nostro mondo sia schiavo di una lotta eterna tra oppressi e oppressori, tra forti e “indeboliti”. Secondo chi sostiene questa visione esiste un’arma potente, ed è la simpatica sensazione che solo loro possano liberarsi dall’illusione, togliere la maschera e svelare il volto satanico che vi si nasconde sotto.
Ma noi sappiamo oggi che sotto la maschera si nascondono in fondo solo persone come noi e che la cosa peggiore che oggi ci potrebbero fare sarebbe starnutirci addosso.
Traduzione D. Piazza
Titolo originale: “Yotzrìm kèsher”
Chaim Navòn, nato nel 1973 a Ramat Gan, è un rav, pensatore, scrittore e pubblicista. Insegna Talmud e pensiero ebraico alla Yeshivà di Har Etziòn e all’Istituto Lindenbaum. Ha ricevuto il titolo rabbinico dal Rabbinato d’Israele e da rav Aharon Lichtenstein z.l.