Sharon Nizza
Secondo il quotidiano “Israel Hayom”, il negoziato avviato a dicembre si svolgerebbe con la mediazione americana e l’imprimatur giordano: se i retroscena venissero confermati, si potrebbe parlare di “pacificazione del secolo” tra Amman e Riad
La rivalità storica tra Giordania e Arabia Saudita per il primato sui luoghi santi all’Islam potrebbe trovare un punto di convergenza. Secondo una notizia pubblicata dal quotidiano israeliano Israel Hayom lunedì, da dicembre sarebbero in corso trattative segrete tra Arabia Saudita e Israele, con mediazione americana e imprimatur giordano, per inserire rappresentati sauditi nel Consiglio del Waqf Islamico di Gerusalemme, l’autorità giordana preposta alla gestione della Cupola della Roccia e della Moschea di Al Aqsa, il terzo luogo sacro per l’Islam dopo La Mecca e Medina.
L’antagonismo tra la dinastia Saud e il regno Hashemita risale a un secolo fa, quando quest’ultimo ancora regnava sulla penisola arabica e controllava il primo luogo santo per l’Islam, la Kaaba alla Mecca, fino al 1924, quando fu sopraffatto dai Saud. Da allora, tentativi sauditi di intervenire nelle dinamiche di gestione dei luoghi santi a Gerusalemme non hanno avuto esito. Dinamiche che si reggono peraltro su un funambolico rapporto di collaborazione tra Israele e Giordania che in più di un’occasione è sfociato in proteste violente, l’ultima nel 2017, con la crisi dei metal detector inizialmente posti dalla polizia israeliana all’ingresso della Spianata, ed eliminati molto in fretta con l’esplosione delle sommosse.
“Già nei primi anni ’80 Menachem Begin, per non danneggiare le relazioni con la Giordania, rifiutò un’offerta, arrivata tramite un mediatore, che proponeva di innalzare la bandiera saudita sulla Spianata del Tempio in cambio di miliardi da investire in un piano di pace” racconta a Repubblica Nadav Shragai, firma di Israel Hayom. “L’ultimo tentativo è recente, intorno al “Piano del Secolo” di Trump: i giordani sono stati categorici nel loro rifiuto di concedere uno spiraglio su Al Aqsa ai sauditi. Se i retroscena si rivelassero accurati, si potrebbe parlare della “pacificazione del secolo” tra Giordania e Arabia Saudita, grazie al nemico congiunto dei due, la Turchia di Erdogan”.
Quello che è cambiato oggi infatti è il crescente timore giordano per il massiccio coinvolgimento turco a Gerusalemme Est, dove gli Hashemiti faticano a essere riconosciuti come patroni dalla popolazione palestinese. I turchi negli ultimi anni stanno investendo ingenti somme – con le quali i giordani non possono competere – in ristrutturazioni di edifici, attività ricreative e opere di carità, attraverso organizzazioni filantropiche legate ai Fratelli Musulmani, conquistandosi il benestare della popolazione locale, che si esprime anche con bandiere turche dispiegate nei quartieri di Gerusalemme Est.
Secondo un diplomatico saudita citato da Israel Hayom, la trattativa contemplerebbe la concessione di uno status di osservatore soltanto ai sauditi, che in cambio rifornirebbero le casse giordane destinate a rimpiazzare i milioni turchi. Alcuni opinionisti sono scettici sulla riuscita della mossa: “Erdogan guarda a Gerusalemme con l’idea di rinnovare l’influenza turca su un’area governata dagli Ottomani per 400 anni” dice a Repubblica Pinhas Inbari, ricercatore del Jerusalem Center for Public Affairs. “Ma i sauditi vorrebbero spodestare gli Hashemiti per proclamare il loro primato sui luoghi santi. La Giordania teme entrambi e quindi è difficile pensare che possa trovare una conciliazione con la posizione saudita”.
Speculazioni o meno, la notizia si inserisce nello scenario più ampio di un avvicinamento sempre più alla luce del sole tra Stati arabi e Israele, con il primo volo diretto degli Emirati atterrato a Tel Aviv due settimane fa, il Bahrain che annuncia una cooperazione scientifica sul Covid con l’ospedale israeliano Sheba e la possibile apertura di un’Ambasciata israeliana a Dubai in vista dell’Expo.