Cap. 1 1938. Fascismo e antisemitismo italiano visti dalla stampa britannica
1. Gli ebrei in Italia: l’antisemitismo nella stampa italiana.
Il notevole livello di integrazione che la comunità ebraica aveva raggiunto in Italia, a partire soprattutto dal Risorgimento, aveva contribuito a far nascere, in Italia e all’estero, la convinzione che, nonostante alcune prese di posizione antisionistiche e antigiudaiche comparse sulla stampa fascista e su quella cattolica1) negli anni Venti e Trenta, mancassero le premesse per il sorgere di un problema ebraico. Questa opinione trovò inizialmente conferma nel fatto che l’avvio delle persecuzioni contro gli ebrei in Germania suscitò da parte di Mussolini la condanna dell’antisemitismo del Fuhrer 2) e il duce si propose come mediatore tra le organizzazioni ebraiche internazionali e i nazisti; l’Italia, inoltre, manifestò la propria disponibilità ad accogliere gli ebrei in fuga dal Reich tedesco.3) Non mancarono, tuttavia, sin dal 1934, espressioni di simpatia per l’azione antisemita del nazismo, in particolare sulle pagine dei giornali fascisti, Il Tevere, Il Giornale d’Italia e in seguito anche Il Regime Fascista,4) dove ad essere attaccati furono in primo luogo i sionisti, la cui lealtà verso la nazione veniva messa in dubbio. L’antisemitismo andò via via diffondendosi all’interno del partito fascista e la stessa posizione di Mussolini fu, come vedremo, alquanto ambigua. Tuttavia, nel 1934 non c’era ancora motivo di dubitare seriamente della benevolenza italiana e fascista verso gli ebrei.5) Nel 1935, il successo della guerra d’Africa conferì a Mussolini e al regime la massima popolarità e anche gli ebrei, molti dei quali avevano aderito fin dai primi tempi al fascismo, parteciparono al clima di generale entusiasmo per la conquista dell’impero; in quell’anno gli attacchi di stampa antisemiti furono moderati, tant’è che sarebbe più opportuno – come suggerisce De Felice – parlare di “sporadiche punzecchiature”.6)
Dal 1936, però, con il miglioramento dei rapporti italo-tedeschi e con la guerra di Spagna,7) tornarono a comparire, sui giornali fascisti, articoli a carattere antisemita: gli attacchi erano diretti contro il sionismo, contro il bolscevismo, cui il giudaismo era ritenuto strettamente legato, e, non ultimo, contro la “finanza internazionale ebraica”.8) Il Regime Fascista di Roberto Farinacci, ras del fascismo cremonese ed elemento di punta del frantumato ed eterogeneo fronte dell’antisemitismo italiano, rivolse la propria critica, in un articolo anonimo, non più solo ai sionisti, ma a tutti gli ebrei, accusandoli di tenere “un atteggiamento passivo, che può suscitare sospetto” e invitandoli a dimostrare di essere “prima fascisti, poi ebrei.”9) Da quel momento in poi si può dire che, al di là di qualche momentanea battuta d’arresto, la campagna di stampa antisemita non ebbe più sosta e, in particolare dall’aprile del 1937, quando fu pubblicato il pamphlet di Paolo Orano, Gli ebrei in Italia, riprese con vigore.10) Questo libro metteva in chiaro che la campagna antisemita non era più diretta “contro le astrazioni chiamate “internazionale ebraica, alta finanza ebraica e cricca giudaico-massonica“,11) ma esplicitamente contro gli ebrei italiani.
Non tutti gli ebrei che vivevano in Italia reagirono allo stesso modo agli attacchi che la stampa riservò loro tra il 1935 e il 1937: solo un piccolo gruppo espresse preoccupazione per la propria sorte e per quella dell’Italia, che si avvicinava sempre più alla Germania, e cercò di replicare alle accuse rivolte alla comunità ebraica.
La maggioranza degli ebrei, tuttavia, condusse, in quegli anni, una vita tranquilla, senza avvertire in modo traumatico il pericolo di perdere le posizioni acquisite e continuando a sostenere il regime.
Per quanto riguarda gli ebrei all’estero, in genere, essi nutrivano simpatia per l’Italia e per Mussolini, soprattutto per le aperture del duce e dell’Italia verso i loro correligionari tedeschi. E questo fu il motivo che fece sì che molti tardassero a rendersi conto dell’effettiva condizione della comunità ebraica in Italia, anche dopo l’introduzione dei provvedimenti antisemiti.12)
1.1 L’intensificarsi della campagna antisemita e le reazioni della stampa britannica
Già alla fine del 1937 era stata decisa la politica razziale, che, tra l’estate e l’autunno del 1938, avrebbe portato all’introduzione di provvedimenti per la “difesa della razza”. La campagna antisemita fu condotta con le più raffinate tecniche di propaganda: dalla stampa al cinema, dalla radio ai fumetti, ai libri; ad occuparsene furono tra gli altri i Gruppi Universitari Fascisti (GUF) e lo scopo era quello di rendere la discriminazione “necessaria agli occhi degli italiani”.13) Per questo, soprattutto dal gennaio del 1938, gli attacchi antisemiti si fecero sempre più insistenti e furono diretti in particolare contro gli ebrei stranieri, ritenuti la causa della mancanza di alloggi, degli affitti elevati, della disoccupazione, dei bassi salari, delle scuole affollate, ecc.14) Ma molti furono anche gli articoli che mettevano in dubbio la lealtà degli ebrei italiani verso la nazione e li accusavano di tramare contro il fascismo.
Nonostante la frequenza con cui comparivano articoli antisemiti sui giornali italiani, essi non ebbero – almeno fino alla pubblicazione del Manifesto degli scienziati razzisti – grande eco sulla stampa britannica, probabilmente perché il governo non aveva ancora ufficialmente adottato una politica razziale e Mussolini non aveva ancora espresso il proprio parere definitivo sulla campagna antisemita, anzi, aveva più volte ribadito, almeno fino al 1937, l’inesistenza di una “questione ebraica”.
Dei quotidiani nazionali britannici qui presi in esame per i mesi precedenti all’introduzione della legislazione razziale in Italia, vale a dire il Times, il Daily Herald e l’Evening Standard,15) solo il Times, oltre al settimanale ebraico, Jewish Chronicle,16)dava notizia dell’intensificarsi della campagna antisemita sulla stampa italiana nei primi mesi del 1938, con questo commento:
Two of the more extreme Fascist newspapers, Sig. Farinacci’s Regime Fascista and the Tevere, have for years past been noted for their anti-Jewish propaganda. Their anti-Jewish tone has been accentuated in the past month or two and there have been numerous examples of it in other newspapers. 17)
Il Times,pur mostrando preoccupazione per la tendenza del governo italiano di copiare le iniziative naziste,18) sottolineava, però, la differenza tra la posizione degli ebrei in Germania e in Italia ed esprimeva la convinzione che l’antisemitismo avrebbe raccolto scarsi consensi tra la popolazione italiana, a meno che non fosse stato spinto da una forte azione propagandistica. In Germania – era questa l’opinione del Times – numerosi ebrei occupavano posizioni di rilievo e per questo era stato relativamente facile diffondere l’idea che essi rappresentassero una minaccia per la nazione, in Italia, invece:
/…/ they are only a small minority of about 40,000, who can hardly be represented as suckling the life-blood of the country. For this reason it seems hardly likely that anti-Semitism can gather much strength in Italy, unless indeed it is raised by the forced draught of official propaganda.19)
Considerando il ruolo che l’apparato propagandistico aveva svolto in Germania, non poteva certo essere esclusa la possibilità che i fascisti, i quali per altro avevano già mostrato una certa inclinazione a fare propri gli insegnamenti nazisti, ottenessero risultati simili.
Un esempio del fatto che da parte del governo non vi fosse alcuna intenzione di far cessare, o quantomeno di attenuare, la campagna antisemita in corso sulla stampa fu individuato dal Times nella ripresa delle pubblicazioni di un “obscure weekly /…/ the first function of which seems to be anti-Jewish agitation”20) – così il Times definivaIl Giornalissimo.21) Nel primo numero di questo settimanale, uscito agli inizi di febbraio, oltre ad una vignetta, che ironizzava sull’aspetto fisico degli ebrei e sul loro legame con il comunismo e con la finanza internazionale, era apparsa anche un’intervista a Giovanni Preziosi22)- uno degli antisemiti della prima ora – sul tema “Esiste un problema ebraico in Italia?”.23)
La stampa fascista non perdeva occasione per attaccare gli ebrei o per suggerire misure antiebraiche, come nel caso de Il Regime Fascista, che propose l’introduzione di un “numero chiuso” per la partecipazione degli ebrei alla vita sociale e politica della nazione e, inoltre, sostenne che con l’Informazione Diplomatica n. 14 del 16 febbraio24) – la prima presa di posizione semi-ufficiale di Mussolini in merito alla questione razziale – il governo aveva chiaramente espresso la volontà di adottare dei provvedimenti antiebraici. Il Times commentò questa interpretazione in tono sarcastico, sostenendo che le affermazioni contenute nell’Informazione non giustificavano affatto una simile lettura, ma piuttosto negavano qualsiasi intenzione del regime in tal senso25) e, a supporto di questa tesi, il quotidiano riportò un brano del documento – in seguito ripreso anche da altri giornali britannici – nel quale era scritto:
Il Governo fascista non ha mai pensato, né pensa di adottare misure politiche, economiche, morali contrarie agli ebrei in quanto tali, eccettuato beninteso nel caso in cui si tratti di elementi ostili al Regime.26)
Fin dall’inizio del 1938 il Times mise in risalto l’influenza nazista sulla campagna antisemita intrapresa dalla stampa italiana, sostenendo che l’antisemitismo, sebbene non fosse ancora una politica ufficiale del governo italiano, era, però, indubbiamente, un’espressione della volontà del duce di consolidare – anche dal punto di vista ideologico – l’asse Roma-Berlino, siglato nell’ottobre del 1936:
Anti-Semitism must now be added to the various other German cults which are being copied in Italy in order to emphasize the reality and the strength of the Rome-Berline axis.27)
In occasione della visita di Hitler in Italia, tra il 3 e il 9 maggio 1938, il Times non accennò, tuttavia, alla possibilità che i due dittatori trattassero la questione dell’antisemitismo, se non indirettamente, nel menzionare la comune volontà di Italia e Germania di costituire un fronte antibolscevico: la stampa fascista, infatti, nell’accusare gli ebrei di slealtà verso la nazione non aveva mancato di sottolineare il loro presunto legame con il bolscevismo, nemico giurato del fascismo e del nazismo.
Sulle pagine del Times non comparve più alcun commento alla campagna di stampa antisemita del fascismo fino al luglio del 1938, quando la pubblicazione del Manifesto degli scienziati richiamò l’attenzione di tutta la stampa internazionale.
2. Il Manifesto degli scienziati e i primi provvedimenti antiebraici.
Il Manifesto degli scienziati razzisti o Manifesto della razza fu pubblicato sulla stampa italiana il 14 luglio del 193828): si trattava di un documento in dieci punti redatto da “un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle Università italiane, /…/ sotto l’egida del Ministero della Cultura popolare”,29) che affermava l’esistenza delle razze, chiariva che il concetto di “razza” era “puramente biologico” – e, pertanto, indipendente dai concetti di popolo e nazione – e proseguiva, poi, asserendo l’origine “ariana” della popolazione italiana e l’esistenza di una “pura razza italiana”. Gli ultimi quattro punti del documento proclamavano, senza mezzi termini, la necessità di mantenere la purezza della “razza italiana” evitando “l’incrocio con qualsiasi razza extraeuropea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.”30) Un solo punto era interamente dedicato agli ebrei – negava la loro l’appartenenza alla “razza italiana” e sottolineava la difficoltà dei semiti ad assimilarsi alla popolazione italiana, difficoltà dovuta proprio al fatto che la loro origine era assolutamente diversa da quella degli italiani – eppure il Manifesto fu comunemente considerato un esplicito riferimento alla prossima adozione di provvedimenti antiebraici da parte del governo fascista.
Le prime reazioni della stampa britannica furono quelle del Daily Herald, del Times e del Daily Telegraph & Morning Post, che, già il 15 luglio, commentarono la pubblicazione del Manifesto. Il Daily Herald si limitò a riportare una notizia dell’agenzia di stampa British United Press, nella quale erano riassunti i punti principali del Manifesto, e annunciò la probabile adozione da parte dal governo italiano di una politica razziale a danno degli ebrei:
Adoption by Italy of a racial policy, which would exclude Jews from being full Italian citizens, was foreshadowed by an article published in the Giornale d’Italia last night.31)
Pochi giorni dopo, lo stesso quotidiano pubblicò un altro articolo nel quale dava conferma di un’imminente legislazione antiebraica in Italia:
Belief that anti-Jewish legislation is impending in Italy is strengthened by the announcement that the Italian Goverment has established a department to deal with “racial questions.”32)
L’estraneità del Daily Herald alla campagna di stampa antisemita, condotta nei mesi precedenti la pubblicazione del Manifesto dai giornali italiani, emerse da una frase, contenuta nello stesso articolo, nella quale si sosteneva che gli attacchi di stampa erano iniziati dopo la comparsa del Manifesto:
Anti-Jewish articles have appeared in several papers since the publication of the manifesto last Thursday announcing the launching of a racial policy in Italy.33)
Il Times e il Daily Telegraph & Morning Post, oltre a fornire un riassunto dettagliato dei contenuti del documento, sottolinearono l’influenza tedesca nell’adozione di una politica razziale in Italia:
The first approach to an official pronouncement by the Fascist regime on the theories of race propagated in Germany is published today by the Giornale d’Italia.34)
From some time it has been clear that since the establishment of the Rome-Berlin axis in 1936, the position of the Jews in Italy has not been so assured as it was.35)
Il Daily Telegraph, che prima di allora non si era mai occupato della campagna razziale del governo fascista, riportò, in quell’occasione anche il contenuto dell’Informazione Diplomatica n. 14 del 16 febbraio 1938, nella quale – come si è già accennato – si negava l’intenzione del governo di prendere misure politiche, economiche o morali contro gli ebrei, e poi elencò i provvedimenti non ufficiali adottati sino a quel momento dal governo italiano contro gli ebrei. L’intento del quotidiano era probabilmante, da un lato, quello di far notare la mancanza di coerenza tra quanto affermava l’Informazione e l’effettivo trattamento riservato agli ebrei e, dall’altro, quello di inquadrare il Manifesto all’interno di un processo in corso già da tempo, escludendo così l’episodicità di quella presa di posizione che lasciava presagire nuovi sviluppi nei provvedimenti contro gli ebrei.
Anche il Times, pur osservando che:
Official circles deprecate the suggestion that it (the pronouncement) is the prelude to further discriminatory measures agaist Jews, and declare that it has merely an academic interest.36)
si mostrò propenso a credere che, in realtà, il Manifesto non sarebbe rimasto lettera morta:
This pronouncement, as the Giornale d’Italia suggests, is no doubt intended to influence public opinion and to create a new mentality among the Italian people in questions of race.
Alla fine di luglio anche l’Evening Standard e il Daily Mail pubblicarono la notizia della “svolta antisemita”37) del governo italiano, si trattava però di brevi articoli senza commento. L’Evening Standard si limitò a riassumere il contenuto del Manifesto in due brevissime frasi e concluse con altrettanto brevi considerazioni sugli ebrei italiani e sulla posizione della Chiesa:
Italian Government has recently taken up a definite position on the racial problem. A report /…/ declared that the time had come for the Italians to proclaim racialists in the Italian sense of the term. The Hebrews, the report added, did not belong to the Italian race. There are between 50,000 and 60,000 Jews in Italy. A number of anti-Jewish regulations have been put into force. The Pope has on several occasions denounced racialism.38)
Il Daily Mailpubblicò, invece, una notizia riportata dall’agenzia Reuter, nella quale non solo non si faceva alcun accenno al Manifesto, ma, addirittura, si lasciava intendere che la campagna razziale in Italia fosse iniziata il giorno stesso in cui la Reuter ne dava notizia, vale a dire il 22 luglio:
A racial campaign was launched today by the simultaneous appearance of articles in Rome evening papers and the issue of an expulsion order against Dr. Jacob David Kleinlehrer, Rome correspondent of the Jewish Telegraphic Agency.39)
Il Daily Mail, dopo questa succinta notizia, non si occupò più della politica razziale del governo fascista fino al mese di ottobre.40) Gli altri quotidiani, invece, seguirono più da vicino l’introduzione dei provvedimenti antisemiti e le sorti degli ebrei in Italia.
La pubblicazione del Manifesto – come notarono i quotidiani britannici – riaccese la campagna di stampa antisemita sui giornali più vicini al governo fascista:
The semi-official pronouncement on the Fascist attitude towards the current notions of racial purity /…/ has been followed by a crop of newspaper articles commenting on and elaborating the theme.41)
All the evening newspapers have published leading articles on the need for keeping the Italian race pure.42)
Il Times osservò che, sebbene non tutti gli articoli facessero esplicito riferimento agli ebrei, era, tuttavia, evidente che proprio loro fossero il bersaglio degli attacchi a sfondo razzistico:
Not all articles refer to Jews, but since the professors /…/ explained that Italian blood might be crossed with any other European blood without losing its purity and that the Jews were the only non-European race settled in Italy, it is clear that they are the real cause of all this concern.43)
La stampa fascista e il regime ripetevano che il “miglioramento della razza” era da sempre stato uno degli obiettivi del fascismo, ma – commentava il Times – non era chiaro il motivo per cui la questione razziale fosse diventata all’improvviso prioritaria. Il quotidiano londinese, comunque, non escludeva la possibilità che il governo italiano volesse soltanto limitare l’afflusso di rifugiati in Italia, diffondendo voci dell’ostilità degli italiani verso gli ebrei:
It may be that the Government aims merely at creating an artificial antisemitism – which cannot become very serious since there are only about 40,000 Jews in Italy – as an easy way of turning off Jewish refugees from other countries, who might be tempted to come to Italy /…/.44)
Il governo fascista, però, rivelò presto le sue reali intenzioni: dopo l’espulsione dei giornalisti stranieri di origine ebraica, dopo l’annuncio che la “questione razziale” sarebbe divenuta materia di studio nell’Università italiane e che i figli degli ebrei stranieri non avrebbero potuto frequentare le scuole, se non quelle ebraiche, agli inizi di agosto i quotidiani britannici diedero notizia del censimento indetto dalle autorità fasciste allo scopo di conoscere il numero di ebrei residenti in Italia e regolare di conseguenza la loro influenza nella nazione:
Italy intends to restrict the activity of the Jews living in the country, and it is to take a special census of them immediately.45)
Another official declaration on racialism was published today in a special issue of the Government’s Informazione Diplomatica /…/ it states that Fascist Government do not intend to single out the Jews as such for persecution, but wish to keep a check on their activities, and to ensure that their share in the life of the State is in proper relation to their number.46)
Il mese di settembre si aprì all’insegna di nuovi provvedimenti antiebraici: le voci, che volevano il governo fascista in procinto di emanare un decreto di espulsione a danno degli ebrei, si fecero sempre più insistenti, dando credito alla sensazione che il razzismo stesse ormai diventando uno dei capisaldi del fascismo:
Mussolini has issued some new decrees. One of these lays it down that all Jews who have enjoyed Italian nationality for less then twenty years and all foreign Jews must leave the country by next February. Race prejudice, at which Mussolini was scoffing only a few years ago, thus becomes a pillar of Italian Fascism /…/.47)
A decree which carries the anti-Jewish policy a step further was approved by the Council of Ministers this morning /…/ all persons whose father and mother were born Jews and who settled in Italian territories after January 1st 1919, are to leave the country within six months.48)
Mussolini today ordered the expulsion of all Jews, whether citizens or not, who came into Italy after January 1st 1919. This is the first official step towards carrying out the recent proclaimed fascist policy of limiting the number of Jews in Italy.49)
Mentre, però, il Daily Herald, il Times e l’Evening Standard presentarono – già ai primi di settembre – il decreto d’espulsione come un dato di fatto, il Daily Telegraph & Morning Post parlava ancora di “voci” che, per essere confermate, dovevano attendere la decisione del Gran Consiglio fascista del 1° ottobre successivo e alle quali, comunque, il giornale non attribuiva alcuna veridicità:
/…/ One rumour is that Signor Mussolini will announce his decision to expel Italian Jews. Another is that he will send them to Abyssinia, and the third that he will deprive them of Italian citizenship. All these tales are without any foundation in fact.50)
Solo con il decreto-legge del 17 novembre 1938, se non già – come vedremo nel paragrafo successivo – con la dichiarazione del Gran Consiglio del Fascismo del 7 ottobre, le intenzioni del governo fascista risultarono inequivocabilmente chiare a tutta la stampa britannica.
Nel frattempo i quotidiani del Regno Unito riportarono i provvedimenti che, di giorno in giorno, venivano annunciati contro gli ebrei in Italia:
Further measures against Italian Jews were taken to-day. Henceforth all members of the naval forces must state to what “race” they belong /…/ Nineteen officials have been dismissed from their posts in the Home Office because they are Jews.51)
Mussolini not content with expelling all foreign-born Jews from Italy, yesterday carried the war against Jewish children and scientists.52)
The Italian Cabinet to-day approved a decree banishing Jewish students from Italian schools, and prohibiting the engagement of any Jewish instructor, professor and teacher at any school or university whose syllabus is legally recognized.53)
Uno spazio non trascurabile continuò ad essere riservato all’incessante campagna antisemita condotta dai giornali fascisti nel tentativo di guadagnare gli italiani alla politica razziale del governo e di tenere vivo l’interesse verso il problema ebraico:
/…/ the Government-controlled Italian Press demands even further repressions. The Rome Il Tevere asks that Italian Jews should be ousted from the armed forces, political organisations and the judiciary. The weekly newspaper Roma Fascista pillories a number of prominent Italian Jews in the insurance and financial world, and accuses them of holding in their hands “the levers of commends of Italian economy.”54)
There is no slakening of the anti-Jewish Press campaign. All measures and precautions taken abroad in regard to the Jews are being faithfully chronicled as a means of convincing the Italians that it is not Italy alone which has found it necessary to control the movements and activities of the Jews.55)
La posizione della stampa inglese nei confronti dei provvedimenti antisemiti italiani fu brevemente riassunta dal settimanale più diffuso tra gli ebrei britannici, il Jewish Chronicle:
Italy’s new anti-Jewish decrees are unanimously condamned by the British Press as measures revolting the believers in the elementary laws of humanity, and bound to recoil upon the country which decreed them.
“The latest move in the Italian anti-Jewish campaign is both drastic and medieval in the worst sense of the word,” The Times declares /…/. The Daily Telegraph and Morning Post emphasizes that the expulsion decree aggravates the difficult problem of the refugees created by Hitler’s treatment of Jews in Germany. “Every warm heart, ” declares the Daily Express “must sympathise deeply with the Jews in their plight. Their treatment is creul and unconscionable.”56)
3. Dalle decisioni del Gran Consiglio al decreto-legge di novembre.
Il 7 e l’8 ottobre 1938 i giornali britannici pubblicarono la dichiarazione del Gran Consiglio del Fascismo, riunitosi a Palazzo Venezia nella notte tra il 6 e il 7, con la quale veniva approvata una lunga serie di misure contro gli ebrei. Si trattava, in realtà, di una summa dei provvedimenti che la stampa italiana e i numeri dell’Informazione Diplomatica, usciti a partire dal febbraio di quell’anno, avevano preannunciato e di cui la stampa britannica aveva già dato notizia; tuttavia, non mancò di suscitare interesse. Alla stessa stampa fascista – come rivelò l’Evening Standard – era stato espressamente richiesto di attribuire grande importanza alle decisioni del Consiglio:
The Italian newspaper have been ordered to give great prominence on the main pages to the Council’s racial decisions.57)
Tutti i quotidiani britannici, e soprattutto il Daily Mail e il Daily Telegraph & Morning Post, diedero particolare risalto alla disposizione che negava la possibilità di matrimoni misti: “Italians Must Not Marry Jews” e “Duce’s Drastic Wedding Laws”58) furono rispettivamente i titoli con cui i due quotidiani annunciarono le risoluzioni del Gran Consiglio. L’attenzione speciale a questo argomento era probabilmente da attribuirsi al fatto che si prospettava in merito uno scontro tra il Vaticano e il governo fascista, come gli stessi quotidiani osservarono prontamente. Il Daily Mail riportò sulla questione una notizia dell’agenzia di stampa British United Press:
/…/ the official organ of the Vatican, the Osservatore Romano, will publish a leading article in its next issue protesting in reserved terms against the matrimonial laws /…/.59)
Il Daily Telegraph pubblicò un articolo del proprio corrispondente a Roma:
The Vatican newspaper /…/ raises a serious question which /…/ might imperill the Concordat which exists between the Fascist State and the Holy See. It expresses anxiety at the news of the Fascist Grand Council’s decision to prohibit marriages between Italians and non-aryans.60)
Per quanto riguarda i restanti provvedimenti approvati dal Gran Consiglio, quasi tutti i quotidiani presi in esame ne riassunsero dettagliatamente i contenuti e, in modo più o meno esplicito, denunciarono le pesanti ripercussioni che essi avrebbero avuto sulla comunità ebraica italiana: il Daily Herald parlò di “drastic decisions reguarding the Jews,”61) l’Evening Standard, invece, di “far reaching measures regulating the position of the Jews in Italy”62).
L’unica voce fuori dal coro fu apparentemente quella del Times, che sembrò non trovare affatto drastici i deliberati del Gran Consiglio e, anzi, ne mise in evidenza la moderazione rispetto alle misure annunciate nei mesi precedenti63)
An elaborate code of regulations for the defence of the race was issued by the Fascist Grand Council in the early hours of this morning after nearly five hours of discussion. The examination of these provisions shows that they are more rational and considerate than the first hasty measures against the Jews taken during these months /…/ they show more evidence of genuine preoccupation lest the Italian race should deteriorate through to much intermarriage /…/.64)
Già qualche tempo prima, nel commentare il discorso che Mussolini tenne a Trieste il 18 settembre,65) il Times aveva accennato alla possibilità di un’attenuazione dei provvedimenti contro gli ebrei:
The passage about the Jews in signor Mussolini’s speech at Trieste yesterday struck a note of moderation and for the first time the world was given a comprehensible justification of the Fascist policy towards the Jews,. There is some reason to believe that the speech will be the prelude to a number of announcements intended to mitigate force of the anti-Jewish decrees so far published.66)
Le attenuazioni cui il Times faceva riferimento erano in particolare il fatto che il Gran Consiglio avesse esonerato dal provvedimento d’espulsione gli ebrei anziani o coniugati con un “italiano puro” prima dell’emissione dei decreti e l’annuncio che essi non sarebbero stati costretti a convertirsi al cattolicesimo.
Il Times, però, osservò anche che la definizione di “ebreo”, elaborata dal Gran Consiglio, era più restrittiva rispetto a quella apparsa in precedenza e che, inoltre, era stata preannunciata l’introduzione di una nuova legge che proibiva agli ebrei l’acquisizione della cittadinanza italiana.
La dichiarazione del Gran Consiglio fu seguita da una serie di disposizioni che di certo non avrebbero potuto dare adito a voci di una possibile moderazione nella politica antisemita del fascismo. Anzi, il Daily Herald giudicò le nuove misure ancora più severe delle precedenti e le definì “ghetto decrees”67):
New and severe measures against Italy’s Jews, far harsher than those decided on by the Fascist Grand Council last month, were yesterday decreed by Mussolini’s Cabinet.68)
Le nuove disposizioni limitavano, ad esempio, il possesso di beni immobili e non, proibivano l’assunzione di cittadini “ariani” in qualità di domestici, e prevedevano pene severe per i preti che univano in matrimonio “ariani” ed ebrei.
Queste ed altri provvedimenti andarono ad aggiungersi ai deliberati del Gran Consiglio e entrarono a far parte della legislazione dello Stato: una tappa fondamentale di questo processo fu il decreto-legge 17 novembre 1938 n. 1728 pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale il 19 novembre e convertito in legge il 5 gennaio successivo,69) che, appunto, comprendeva – in forma ampliata e con qualche modifica – i punti principali della dichiarazione dell’ottobre.
Dopo la pubblicazione del R.D.L. 17 novembre, il Times commentò così il trattamento riservato agli ebrei dal governo italiano:
Whether as a principle of Rome-Berlin axis or for some other reasons the Italian Government deem it right and proper to have the Jews vilified and abused in every possible way.70)
Se è vero – come mostrano i brani degli articoli citati sinora – che di fronte all’annuncio dei provvedimenti antiebraici in Italia la stampa britannica reagì con espressioni di biasimo e manifestò preoccupazione per quello che fu considerato l’esito della “cattiva influenza” nazista, è altrettanto vero, però, che fino al luglio del 1938, e in alcuni casi anche oltre, la maggior parte dei quotidiani britannici non registrò i pur evidenti sintomi della successiva evoluzione antisemita. La mancata riflessione sulle tappe che portarono all’introduzione della legislazione razziale ebbe come esito un’errata valutazione dello spessore e della gravità di quella decisione: la tendenza, infatti, fu quella di considerarla esclusivamente come una scelta dettata dalla necessità di rassicurare il Fuhrer dopo la sigla dell’accordo anglo-italiano nell’aprile. Era opinione diffusa all’estero che in Italia – come lo stesso Mussolini aveva più volte ribadito – non esistesse una “questione razziale” e mancasse quel retroscena di invidia e disprezzo nei confronti degli ebrei, che in Germania aveva costituito un terreno fertile per l’antisemitismo. La legislazione razziale del fascismo sembrò quasi nascere dal nulla e non avere ragioni per sussistere. Si parlò di una “svolta improvvisa”, laddove, in realtà, – come la storiografia ha recentemente sottolineato – non erano mancate, almeno a partire dal 1935-’36, le premesse degli eventi del 1938.
Uno degli aspetti che la stampa britannica non prese in considerazione fu l’incidenza della conquista dell’impero sull’evoluzione razzistica del fascismo.
Fin dagli anni Venti il regime aveva intrapreso una politica demografico-sanitaria per il “miglioramento della popolazione italiana”71): migliori condizioni igienico-sanitarie avrebbero favorito la crescita numerica della popolazione, simbolo di forza e premessa indispensabile per la conquista dell’impero. L’occupazione dell’Etiopia, però, al di là dell’entusiasmo per la dimostrazione di potenza della “rigenerata popolazione italiana”, ebbe come conseguenza anche l’unione di militari e coloni italiani con gli indigeni. Nell’opinione del duce la mancanza di “dignità razziale” degli italiani, che li aveva portati a mescolarsi con gli indigeni, oltre a “imbastardire la razza”, aveva causato fenomeni di insubordinazione nei territori occupati: era pertanto indispensabile che gli italiani acquisissero una “coscienza razziale” e proclamassero senza mezzi termini la “superiorità dei dominatori” rispetto alla popolazione indigena. Per evitare i rapporti tra italiani e africani il governo decise di adottare misure punitive nei confronti di chi “si macchiasse di colpe contro la razza”: furono previste addirittura la fustigazione e la condanna ai campi di concentramento.72)
La conquista etiopica rappresentò, dunque, una tappa fondamentale nello sviluppo del razzismo italiano e nella gestazione della politica razziale: essa, infatti, preparò il terreno alla successiva fase di elaborazione delle leggi per “la difesa della razza”. Le leggi antiebraiche, sulla cui adozione indubbiamente influirono anche i rapporti italo-tedeschi, si inserirono, dunque, in un contesto di teorie e provvedimenti “razziali” preesistenti ed autoctoni. Quando nel 1938 il governo fascista introdusse ufficialmente la legislazione razziale fu dato particolare rilievo ai “motivi coloniali” del razzismo italiano. Nella dichiarazione del Gran Consiglio di ottobre si leggeva:
Il Gran Consigllio dichiara l’attualità urgente dei problemi razziali e la necessità di una coscienza razziale, in seguito alla conquista dell’Impero e ricorda che il Fascismo ha svolto da 16 anni e svolge un’attività positiva, diretta al miglioramento quantitativo e qualitativo della razza italiana, miglioramento che potrebbe essere gravemente compromesso, con conseguenze politiche incalcolabili, da incroci e imbastardimenti.73)
Del problema ebraico – cui pure era quasi interamente dedicata la delibera del Gran Consiglio – si sosteneva che era soltanto “l’aspetto metropolitano di un problema più generale”.
La stampa britannica non valutò attentamente queste importanti premesse: ebbe pertanto una visione parziale della “questione razziale” e non ne percepì la reale portata.
3.1 I provvedimenti antisemiti tra la fine del 1938 e i primi mesi del 1939.
L’interesse della stampa britannica per la politica antisemita del governo fascista dalla fine del 1938 in poi andò scemando e solo il Times continuò a dedicare spazio all’argomento; l’Evening Standard, puroccupandosi della questione dello Stato ebraico,74) della figura del duce e delle relazioni anglo-italiane, non si soffermò come in precedenza sulla legislazione antisemita.75)
Il 1938 si era chiuso senza alcuna prospettiva di miglioramento nella condizione degli ebrei in Italia. Da più parti erano giunte richieste al governo italiano affinché attenuasse i provvedimenti antiebraici e addirittura tra i fascisti stessi si levarono voci di disapprovazione per l’ingiusto trattamento riservato agli ebrei.
Il Times notò che la propaganda antiebraica del fascismo non aveva fatto presa su buona parte degli italiani, che, però, non erano liberi di esprimere il loro dissenso. Coloro, infatti, che mostravano solidarietà agli ebrei venivano bollati come “pietisti” e “traditori” ed erano soggetti a punizioni:
The anti-Jewish propaganda which has been poured out in the Italian newspapers during the last six months does seem to have made some impression on the ignorant masses, but the average educated Italian is not in the least anti-Jewish and sees not a justification for the treatment which is been meted out to them; still less does he approve of what is being done to the Jews of Germany and Austria, but he is not allowed to say so in public.76)
Il Times ricordò, ad esempio, la presa di posizione di Ezio Garibaldi – deputato fascista e nipote del gen. Giuseppe Garibaldi – che aveva già più volte contestato, anche negli anni precedenti il 1938, gli orientamenti razzisti e antisemiti della pubblicistica fascista, definendo “castronerie” le affermazioni di Julius Evola sul “mito del sangue” e, una volta apparso il Manifesto degli scienziati, egli sostenne che altro non era se non una traduzione in italiano delle sciocchezze pubblicate dai giornali razzisti tedeschi 77):
The anti-Jewish measures are unpopular among the Italian people and this unpopularity finds a significant and courageous expression in an article by Signor Ezio Garibaldi in his review Camicia Rossa. Signor Garibaldi is the nephew of General Garibaldi and his condamnation, coming as it does from one who has such a high-family traditional patriotism and who is a Fascist deputy, cannot slightly be dismissed.78)
Alcuni fascisti, pur approvando la politica antiebraica del governo, si pronunciarono a favore di una mitigazione della legislazione razziale, ma i loro appelli caddero nel vuoto. Il Times riportò l’invito alla moderazione di un altro fascista, il Senatore Crispoldi, il quale riteneva necessario porre un freno all’iniziativa di gruppi di entusiasti che agivano incontrollati, sferrando attacchi violenti contro ebrei:
/…/ Senator Crispoldi, while affirming the necessity for the new measures, appealed for moderation in the anti-Jewish campaign. “The Government – he said – should endeavour to discourage those who, by private action, embittered the racial question and humiliated the Jews, thus giving to the law /…/ a character different from its real one and making it appear that persecution was intended.79)
Nel corso del 1938, il Papa Pio XI – come vedremo meglio in seguito – aveva più volte condannato il razzismo e sulle pagine dell’Osservatore Romano non aveva nascosto il proprio biasimo per le misure discriminatorie approvate dal Gran Consiglio del Fascismo, in particolare per il decreto che vietava i matrimoni misti, giudicato dal Vaticano una aperta violazione rispetto agli accordi tra Stato e Chiesa siglati nel 1929. Il duce e la stampa fascista considerarono i rimproveri della Santa Sede come inopportune intromissioni negli affari dello Stato e riaffermarono l’intenzione del governo di proseguire nella campagna razziale.
Il governo fascista aveva mostrato di non temere neanche la compromissione degli scambi commerciali con l’estero: gli ebrei britannici del Jewish People Council Against Fascism and Anti-Semitism 80)minacciarono, nel settembre del 1938, di boicottare tutte le merci italiane come già stava avvenendo per le merci provenienti dalla Germania e molti acquirenti ebrei, ancora prima che il Council approvasse il boicottaggio, iniziarono a rifiutare l’acquisto dei prodotti italiani.81) La risposta secca e perentoria di Roma apparve sul Giornale d’Italia e fu riportata dal Jewish Chronicle:
The semi-official Giornale d’Italia threatens that the Italian Jews will find their position still more serious if their coregionalists abroad will persist in such an ill considered gesture.82)
Neppure gli interventi dell’ambasciatore americano William Phillips che, in varie occasioni, espresse a Mussolini il biasimo del presidente Roosevelt nei confronti dei provvedimenti contro gli ebrei stranieri, in particolare contro il decreto d’espulsione, servirono a modificare l’atteggiamento del governo italiano. Il presidente americano – già dopo l’approvazione del decreto d’espulsione nell’ottobre – aveva formalmente chiesto al duce garanzie riguardo al trattamento dei cittadini americani residenti in Italia e in quell’occasione si credette che il governo italiano avrebbe apportato modifiche al decreto,83) ma non fu così. Nel gennaio del 1939, l’America presentò a Mussolini un invito a collaborare per la soluzione del problema dei rifugiati, ma egli, pur mostrandosi disponibile, non accennò ad attenuare le misure antiebraiche in Italia. Il Times osservò che, sebbene bastasse una sola parola del duce per alleviare le sofferenze degli ebrei in Italia e per contribuire alla soluzione del problema dei rifugiati, questi l’avrebbe pronunciata solo in cambio di un accordo su altre questioni con le potenze europee, tra cui la Gran Bretagna:
How far Signor Mussolini is prepared to go would presumably depend on how far Mr Chamberlain would meet him in other matters. A single word of the Duce would lighten the lot of Italian Jews without the necessity of altering any law.84)
Il 1939 si aprì, dunque, per gli ebrei con la prospettiva di dover lasciare l’Italia entro il 12 marzo: man mano che il termine ultimo per l’espatrio si avvicinava, crescevano le pressioni sugli ebrei, che spesso erano vittime di aggressioni da parte deifascisti, durante le quali venivano arrestati per essere poi rilasciati dopo qualche giorno con l’ordine di lasciare il paese entro una settimana altrimenti sarebbero stati internati nei campi di concentramento appositamente predisposti. Molti ebrei, privati del loro lavoro, dei loro beni e della cittadinanza italiana e costretti ad emigrare – i più verso una meta ignota – si abbandonarono alla disperazione, tanto che, soprattutto nei primi mesi del 1939, si registrarono numerosi casi di suicidio85):
Even more tragic than poverty is the despair that is seizing the Jews and is resulting in a wave of suicides, particularly among dismissed Jewish naval and military officers who /…/ have suddenly found themselves humiliated and degraded. Many suicides are also reported among well-to-do Jews, who have been expropriated without compensation.86)
Gran parte degli ebrei colpiti dal decreto d’espulsione, che lasciarono l’Italia nel marzo del 1939, scelsero di dirigersi verso la Francia e furono inviati alla frontiera, ma molti non riuscirono a valicare il confine; altri, che pure vi riuscirono, non andarono incontro ad una sorte migliore:
/…/ it is reported that thousands of Jewish exiles are wandering in the montains in an exausting condition without being able to enter France or to return to Italy. Many refugees who have succeded in getting across the frontier during the last few weeks have been sent to prison.87)
Gli ebrei italiani, ai quali fu concesso di restare in patria, dovettero sottostare all’entrata in vigore di nuovi provvedimenti restrittivi: tra il gennaio e il marzo trovarono applicazione, tra le altre, le disposizioni che limitavano il possesso di case e terreni, e quelle che impedivano agli ebrei di assumere personale “ariano” al proprio servizio. Alla fine di marzo il Jewish Chronicle riferì di una parziale moderazione delle iniziative antisemite, ma si trattò, in realtà, di un’azione spontanea della popolazione e non di una decisione delle autorità:
A slight relaxation is also noticeable in the anti-Jewish drive. Most of the signs on shops proclaiming that the owners are “Aryans” have now been removed voluntary by the shopkeepers after it has been noticed that they are boycotted by the population.88)
Nel maggio sia il settimanale ebraico che il Times diedero notizia dell’introduzione di nuove misure a danno dei liberi professionisti ebrei sul modello di quelle adottate da Hitler in Germania:
A further tightening up of the official control exercised over the activities of Jews is forshadowed in a Bill approved by the Cabinet yesterday which will affect the position of the Jewish professional classes.89)
New measures against the Jewish lawyers, engineers, and others engaged in the professions have been decided by the Italian Council of Ministers. /…/ This latest Fascist aping of the Nazi legislation is unlikely to arouse much entusiasm among the general population who view with indifference, or even hostility, the racial extravagancies of their leaders.90)
Questi decreti avrebbero dovuto entrare in vigore sei mesi dopo la loro approvazione, ma, di fatto, l’esclusione degli ebrei dalle libere professioni ebbe inizio da subito.91)
Il governo italiano, dunque, non diede, nei primi mesi del 1939 – ma neppure nei mesi successivi92) – segni di ripensamento riguardo alla politica razziale adottata l’anno precedente e non accennò ad attenuare le misure antiebraiche. La stampa fascista, dal canto suo, negava le notizie pubblicate dalla stampa straniera, secondo cui gli ebrei in Italia si trovavano in una condizione difficile e dolorosa a causa della legislazione razziale e ribadiva che gli ebrei italiani non erano affatto perseguitati:
The anti-Semitic leader, Roberto Farinacci, who is a Minister of State, complains in his paper, the Regime Fascista, that he has lately found in the foreign Press news to the effect that the Jews in Italy are suffering as a result of the racial legislation. In his opinion, the Jews in Italy are well off and the news published abroad is incorrect; /…/ the Jews in Italy are not being persecuted, but they are, on the contrary, faring well.93)
4. Mussolini e la questione ebraica.
L’atteggiamento di Mussolini nei confronti della questione ebraica fu sempre piuttosto ambiguo e questo fu uno dei motivi94) per cui l’opinione pubblica internazionale non colse immediatamente le reali intenzioni del governo fascista riguardo agli ebrei e fu scossa dalla decisione del duce di adottare una legislazione razziale. La tendenza generale, prima del 1938, era stata quella di non considerare Mussolini un antisemita: erano note le sue prese di posizione contro la persecuzione nazista e le sue frequenti affermazioni contro il razzismo e l’antisemitismo dei nazisti; meno noti erano, invece, i suoi attacchi ai sionisti – per i loro rapporti con la Gran Bretagna – e alla “internazionale ebraica” – in particolare dopo la conquista dell’Etiopia – attacchi che, una volta avviata la campagna per la razza, gli storici e i pubblicisti fascisti riproposero a riprova del fatto che il razzismo e l’antisemitismo non erano una scelta improvvisa né tanto meno dettata dalla necessità di compiacere l’alleato tedesco, ma piuttosto aspetti che da sempre avevano caratterizzato il fascismo. Pochi, però, si lasciarono convincere da questi tentativi di costruire un retroterra alla svolta antisemita del 1938.
I fascisti britannici, sia prima che dopo l’introduzione della legislazione razziale in Italia, sostennero la mancanza di attrito tra il fascismo italiano – o meglio, fra Mussolini in prima persona – e gli ebrei. Il Blackshirt, il giornale del movimento fascista britannico che faceva capo a Oswald Mosley, nel 1933 osservò:
/…/ the Italian leader, /…/ avoided conflict with Jews, with Church, with sectional interest of any kind.95)
Lo stesso Mosley, che tra il 1932 e il 1936 incontrò più volte il duce, annotò in seguito nella sua autobiografia:
Mussolini non era assolutamente antiebraico, /…/ L’antisemitismo e qualsiasi altra forma di razzismo, sono praticamente sconosciuti tra gli italiani /…/.96)
Il commento di Colin Cross all’affermazione del Blackshirt sopra riportata dà l’idea del modo in cui l’antisemitismo italiano fu recepito all’estero e di come, anche a distanza di tempo, ancora lo si considerasse tutto sommato blando rispetto a quello tedesco:
The reference to Mussolini was correct; anti-semitism was no part of Italian Fascism until 1938 when, under German influence, it appeared in a relative mild form.97)
Gli stessi ebrei britannici, come vedremo meglio nel capitolo successivo, confidarono a lungo nell’intervento di Mussolini presso il Fuhrer affinché cessasse la persecuzione dei loro correligionari e, per alcuni anni dopo l’ascesa al potere di Hitler, considerarono l’Italia un rifugio sicuro per gli ebrei tedeschi.98)
La prima dichiarazione semi-ufficiale del duce in merito alla campagna antisemita condotta dalla stampa fascista fu pubblicata sull’Informazione Diplomatica n. 14, il 16 febbraio del 1938,99) e in quell’occasione, come si è detto, sia il Times che il Jewish Chronicle sottolinearono che il governo fascista negava ogni intenzione di “prendere misure politiche, economiche, morali contro gli ebrei”; furono, però, lasciate in secondo piano altre affermazioni, contenute in quella stessa pubblicazione, che avrebbero potuto suggerire le successive mosse antiebraiche del fascismo. Un brano dell’Informazione, infatti, recitava:
Il governo fascista si riserva tuttavia di vegliare sull’attività degli ebrei di recente giunti nel nostro paese e di fare in maniera che la parte degli ebrei nella vita d’insieme della Nazione non sia sproporzionata ai meriti intrinsechi individuali e all’importanza numerica della loro comunità. 100)
La stampa britannica, pur esprimendo preoccupazione per gli assidui attacchi antisemiti della stampa fascista, non abbandonò, fino all’effettiva adozione dei provvedimenti per la “difesa della razza”, la convinzione che l’Italia era, e sarebbe rimasta, estranea all’antisemitismo, proprio perché Mussolini stesso si era sempre dimostrato amico degli ebrei. Erano note, infatti, le frequentazioni ebraiche del duce 101) e la collaborazione degli ebrei alle organizzazioni e alle pubblicazioni fasciste: gli ebrei, fin dai primi anni del regime, avevano dato in gran numero il loro assenso al fascismo e avevano combattuto per la causa fascista, come il duce stesso aveva riconosciuto.
Il duce rimase a lungo, nella valutazione dei pubblicisti stranieri, il “dittatore dal volto apparentemente bonario”102) che cercava sì di imitare il suo alleato, ma che difficilmente ne avrebbe eguagliato il cinismo e l’efferatezza.
Quando la “svolta” antisemita del fascismo fu ormai compiuta i quotidiani britannici la considerarono come un’inevitabile conseguenza dell’alleanza italo-tedesca: il duce – che fu sempre visto come il “junior partner” all’interno dell’Asse – aveva ritenuto opportuno allinearsi anche ideologicamente al Fuhrer, per ottenere la fiducia dell’alleato, ed aveva messo in moto la macchina propagandistica per far nascere un antisemitismo che, altrimenti, in Italia non sarebbe mai nato.103) La reazione dell’opinione pubblica britannica, e di quella ebraica in particolare, di fronte alle scelte antisemite del duce fu, dunque, simile a quella di molti ebrei italiani che, per qualche tempo, credettero che “tutto sommato Mussolini volesse solo fare rumore, per dimostrare la sua solidarietà a Hitler, ma che in concreto le cose per gli ebrei sarebbero andate avanti senza troppi danni e sconvolgenti scossoni.”104) Sebbene, però, la stampa britannica tendesse a dare risalto all’influenza tedesca, come causa prima dell’antisemitismo italiano, non mancò di attribuire a Mussolini la responsabilità della svolta antisemita e se è vero che pochi furono i riferimenti espliciti all’atteggiamento del duce verso la questione razziale, è altrettanto vero, però, che dall’insieme della documentazione emerge la tendenza ad attribuire al capo del governo italiano la scelta di discriminare la minoranza ebraica. E’ sufficiente, ad esempio, osservare alcuni titoli degli articoli pubblicati dai quotidiani britannici all’epoca della pubblicazione del Manifesto della razza per rendersi conto del fatto che Mussolini veniva considerato colui che, in ultima istanza, decideva le sorti degli ebrei:
“Duce May Begin Jew-Baiting”, “Duce’s Anti-Jew’s Step”, “Duce’s Ghetto Decrees” “Duce’s Drastic Wedding Laws”, “Duce Strikes New Blows at Jews”105) ecc.
Come vedremo meglio in seguito, la stampa e buona parte dell’opinione pubblica britannica considerarono quello di Mussolini un modello di regime personale nel quale le decioni del governo coincidevano con la volontà del dittatore. Per questo motivo, al di là del ruolo indubbiamente determinante che il capo del governo svolse nell’introduzione dell’antisemitismo di Stato, i giornali britannici non diedero risalto alle pressioni dell’entourage e alle precedenti risoluzioni del governo in materia di politica razziale.
5. La figura di Mussolini nella stampa britannica e le relazioni anglo-italiane.
Dallo studio di R.J.B. Bosworth sull’atteggiamento dei conservatori britannici verso Mussolini e il fascismo tra il 1920 e il 1934,106) emerge che la sua ascesa al potere negli anni Venti aveva rappresentato per buona parte dell’opinione pubblica britannica un segnale positivo in vista di un rinnovamento del sistema politico italiano. Mussolini fu inizialmente considerato come il leader capace di eliminare il giolittismo e la corruzione nonché di portare ordine e disciplina in quello che, agli occhi di molti inglesi, era un popolo di analfabeti e di “sturdy beggars”.107) Certo, vi fu anche chi espresse preoccupazione per i metodi antidemocratici e repressivi dei fascisti, soprattutto in seguito al delitto Matteotti, ma – sempre secondo Bosworth – la risposta della stampa e degli ambienti conservatori fu che ciò che accadeva in Italia non doveva essere giudicato secondo i canoni della politica britannica.108) La tendenza dei conservatori britannici era, infatti, quella di approvare il governo di “uomini forti” in quei paesi stranieri ritenuti incapaci di raggiungere un livello di democrazia simile a quello del Regno Unito. Il fascismo e la dittatura, dunque, erano la giusta soluzione per l’Italia, ma non per la Gran Bretagna, tant’è vero che i movimenti fascisti inglesi, dai British Fascists di Rotha Lintorn-Orman alla British Union of Fascists di Oswald Mosley ebbero scarsissimo seguito.109)
Complessivamente, almeno sino alla conferenza di Stresa, Mussolini si era, inoltre, guadagnato la stima dei conservatori britannici sia per la gestione della politica estera, nella quale si era dimostrato quasi sempre moderato e disposto alla collaborazione con la Gran Bretagna,110) sia per i risultati ottenuti e valorizzati dalla propaganda, grazie al nuovo clima di coatta collaborazione sociale nonché alle teorizzate soluzioni del corporativismo. Tra le benemerenze riconosciute al leader fascista era poi il presunto ripristino dell’ordine nel paese, dopo la tormentata stagione postbellica, e l’aver sventato una possibile deriva rivoluzionaria, di tipo bolscevico.111) A queste tesi, ampiamente sfruttate dalla propaganda fascista all’estero, replicò con forza Gaetano Salvemini, uno dei più importanti esponenti dell’antifascismo e del fuoriuscitismo italiani.112) E’ nota al proposito la “polemica sul fascismo” che Salvemini intraprese nell’ottobre-novembre del 1927 con George Bernard Shaw sulle pagine del Manchester Guardian prima e di The Nation poi. In quell’occasione Salvemini contestò le argomentazioni di Shaw in difesa dei metodi di Mussolini e del fascismo: secondo il commediografo irlandese il leader fascista aveva salvato l’Italia dall’anarchia del periodo postbellico e ne aveva risanata l’economia. Questi risultati – nell’opinione di Shaw – oltre a giustificare la violenza dell’azione fascista, avrebbero dovuto suscitare l’ammirazione dell’Inghilterra nei confronti del dittatore italiano. Nella sua replica Salvemini accusò Shaw di ignorare la reale situazione politica dell’Italia e di avere assimilato la lezione della propaganda fascista.113) Salvemini smentì, tra l’altro, l’esistenza nell’Italia del 1920 delle premesse per una rivoluzione bolscevica, e dimostrò, dati alla mano, che la politica economica del fascismo non aveva affatto ottenuto risultati tali da giustificare l’elogio di Shaw.
A proposito della propaganda fascista all’estero non va dimenticato che essa influì notevolmente sull’opinione degli ambienti politici e dell’opinione pubblica britannica: i fasci italiani nel Regno Unito furono sempre piuttosto attivi, specialmente a Londra. Essi operavano principalmente per l’aggregazione degli emigrati italiani e per la diffusione di un’immagine vincente dell’Italia fascista114): il duce era presentato come artefice del rinnovamento dell’Italia, l’uomo del popolo nel quale tutti gli italiani si riconoscevano e per il quale erano “pronti a marciare”.115) Questo protagonismo del leader fascista nell’immagine diffusa dalla propaganda spiega, almeno in parte, la mancata percezione in Gran Bretagna dell’importanza di altri personaggi dell’establishment fascista e la spiccata tendenza della stampa inglese ad identificare Mussolini con il regime.116)
5.1 Mussolini e il Fuhrer.
L’ascesa al potere di Hitler e del nazismo in Germania diffuse negli ambienti politici britannici il timore di un’alleanza tra i regimi fascisti, ritenuta uno sbocco naturale. Bosworth osserva che nei quotidiani britannici dal 1933 in poi si coglie la tendenza ad attribuire la stessa valenza di significato ai termini “nazista” e “fascista” e, soprattutto negli ambienti di sinistra, fu sempre meno netta la differenza tra i due sistemi totalitari e tra i due uomini che ne erano a capo. Sia i conservatori che i laburisti, comunque, si mostrarono propensi ad una politica di dialogo con le potenze fasciste117): avvertirono, però, che il pericolo maggiore era rappresentato dalla Germania, e ritennero necessario dapprima stabilire delle buone relazioni con l’Italia, per poi intraprendere, con il sostegno del duce, il più difficile dialogo con il Fuhrer.
Una buona parte della stampa britannica ritenne che Mussolini avrebbe potuto influenzare Hitler e svolgere un ruolo di mediatore internazionale per favorire la nascita di un patto tra le quattro potenze europee. In realtà, Mussolini si rivelò presto il “Dictator Minor” – secondo la definizione di Bosworth e nell’opinione di vari pubblicisti britannici dell’epoca:
Germany is the predominant partner in the Axis. Italy is the noisy but rather anxious second: shouting and strutting to convince the world that she is just as important as her fellow, but by no means succeeding in convincing herself.118)
Dalla metà degli anni Trenta in poi, fu sempre più evidente che le scelte del duce mirarono ad accattivarsi il Fuhrer e a favorire l’alleanza tra i due regimi. La guerra d’Etiopia e l’intervento italiano in Spagna rischiarono di compromettere le relazioni anglo-italiane e diedero uno “scossone” alla popolarità del duce sul piano internazionale.119) Mussolini, però, pur intraprendendo la strada che l’avrebbe condotto, nell’ottobre del 1936, alla firma dell’Asse Roma-Berlino, non tralasciò mai le relazioni con la Gran Bretagna. Questo tentativo di non inimicarsi né l’una né l’altra nazione, da un lato gli consentì di ricoprire il ruolo di mediatore,120) in particolare, come vedremo, alla conferenza di Monaco, ma dall’altro, gli impedì di guadagnarsi la piena fiducia dell’una e dell’altra parte, come dimostra un articolo pubblicato dal Daily Herald in occasione della visita di Hitler in Italia, nel maggio del 1938:
/…/ the impression is that the lion’s share of the talking went to Hitler, who wants to know just where his ally stands, in view of the Anglo-Italian Agreement and the Franco-Italian conversations. One point known to worry him is whether Germany can still count on whole-hearted Italian support of her colonial claims. Another is: What are Mussolini’s intentions about Spain? Does the Duce think of withdrawing to please his new English friend, or is he simply fooling Downing Street? 121)
5.2 “I muscoli” della nazione.
La stampa britannica ironizzò molto sull’importanza che in Italia si attribuiva alla forza fisica e alla virilità. Le scelte eugenetiche e di profilassi igienico-sanitaria nonché la valorizzazione, anche nella gerarchia, della pratica sportiva e agonistica erano direttamente imputate a Mussolini. Il Daily Herald, nel commentare una gara di nuoto a cui avevano preso parte, alla fine del giugno 1938, 94 dirigenti del partito fascista, fece dell’umorismo a proposito del terzo piazzamento del “gen. Starace”, allora segretario del PNF.122) Il giorno seguente lo stesso quotidiano descrisse le difficoltà di alcuni membri del partito nel superare le prove fisiche imposte dal duce e ancora una volta commentò con ironia:
/…/ trouble started when Mussolini ordered that fascist laeders should be athletic.123)
Mussolini stesso esibiva prestanza fisica e baldanza, facendosi immortalare a torso nudo nei campi di grano della bonificata pianura pontina o mentre era impegnato in qualche attività sportiva o marciava a capo di un battaglione:
Nearer sixty than fifty years old, and as hairless as the original Caesar at the same age, Mussolini is still the first to give the example of the strenuous life, piloting his own plane, driving his own car and seizing chance opportunities to march and even to run at the head of military detachments, and to be photographed so doing.124)
Si noti che il “culto del duce”, introdotto in Italia già con la segreteria di Turati e perfezionato da Starace, era colto dalla stampa britannica più che come un aspetto della “nazionalizzazione delle masse” e della costruzione di un sistema tendenzialmente totalitario, come un aspetto esteriore risibile.
La forza fisica rappresetava per il duce il simbolo della forza militare ed economica della nazione: esibire i propri muscoli era un modo per dare l’immagine di un popolo che non temeva confronti, che sapeva difendersi e conquistare, che aveva il diritto e il dovere di costruirsi un impero, perché la sua popolazione era numerosa e aveva bisogno di spazi da coltivare per continuare a crescere.
Mussolini voleva essere considerato, dagli italiani in primo luogo, e dal mondo intero, come colui che aveva riportato in vita un glorioso passato, ridato lustro ai fasti dell’antica Roma e fondato l’impero. Il Manchester Guardian 125) notò l’insistenza con cui il leader fascista sottolineava il legame con l’antica Roma: oltre all’enfasi per i monumenti dell’età romana e per la cultura classica, nei suoi discorsi era sottolineata la tendenza a sostituire l’aggettivo “italiano” con quello di “romano” quasi fossero sinonimi. Tutto questo, secondo il Manchester Guardian, insieme alla capacità di tenere aperto il dialogo sia con la Germania che con la Gran Bretagna, aveva alimentato un vero e proprio “culto” per Mussolini in Italia, confermandolo a capo del paese:
Mussolini has achieved, inside Italy, a progressive transcendence. Only as joint First Marshal with the King does he accept a titular partnership with another man, perhaps remembering that the Caesars as consuls /…/ accepted it jointly with the heirs of illustrious families. /…/ this Caesar has been able, in 1938, to bear frustration without appearing humiliated. /…/ Mussolini is not reproached for failing to restore the “Stresa” alignment, since by their sanctionist policy England and France are thought to have shown tendencies if anything more dangerous for Italy than those shown by Germany. /…/ The Founder of the Empire, then, still has such people’s confidence when he claims to be acquiescing, under historical duress, in the embrace of Germany.126)
Il consenso che il duce ancora raccoglieva – sebbene in misura minore rispetto al periodo 1935-’36127)- era certo anche il frutto dei successi tanto elogiati dalla propaganda ed attribuiti alla sapiente organizzazione dello Stato fascista.
Mussolini, però, – era l’opinione del corrispondente del Manchester Guardian – non si accontentava di essere un eroe nazionale e voleva dare all’Italia una “degna” collocazione nel quadro europeo: il ruolo che il duce voleva per sé e per l’Italia era quello di “arbiter of the destinies of both factions in quarrel”.128) Secondo l’inviato del Manchester Guardian, l’Europa rappresentava per Mussolini il banco di prova della politica di potenza dell’Italia. In alcuni passaggi gli articoli del Manchester Guardian sembrano essere rivolti al duce stesso, con un monito implicito a non entrare in conflitto con le potenze occidentali:
/…/ Mussolini, who has managed to reconcile his national omnipotence with the survival of the Savoy dynasty and of the See of Peter, would avoid any gross frontal assault to the national independence of the Great European countries. He has the sense to respect the British Empire as much as the Savoy dynasty, and the Third Reich as much as the Vatican.129)
Il giornalista del Manchester Guardian non nascose la propria opinione sull’alleanza italo-tedesca: egli riteneva, infatti, che la manifesta volontà di espansione di entrambi i partner dell’Asse avrebbe potuto generare conflitti di interesse – come già si era verificato nel caso dell’Austria – e nella verosimile ipotesi in cui nessuno dei due fosse disposto a cedere, lo scontro sarebbe stato inevitabile. Il duce – era questa la convinzione del corrispondente – aveva scelto un alleato per nulla interessato all’Italia come potenza e invece proiettato ad estendere il proprio dominio anche al Mediterraneo. Tuttavia, – proseguiva il pubblicista – malgrado la maggioranza degli italiani diffidasse dell’alleato tedesco e non desiderasse un destino comune per le due nazioni, il duce sembrava ritenere che la Germania avrebbe limitato la propria espansione all’Europa centro-orientale, così da lasciare all’Italia il controllo del Mediterraneo:
/…/ Mussolini seems still to stake his hopes on the Axis partner keeping a respectable distance and allowing him, in the sphere of Italy’s radiation, to shine alone as the creator of the new Romanism /…/.130)
Il 1938 fu un anno dalle alterne fortune per la popolarità di Mussolini: da un lato l’accordo raggiunto nell’aprile con la Gran Bretagna e poi la conferenza di Monaco di fine settembre gli guadagnarono la stima dell’opinione pubblica italiana ed estera, dall’altro, però, in primo luogo l’adozione della legislazione razziale, ma anche la protesta contenuta di fronte all’Anschluss, nonché i continui rinvii dell’entrata in vigore dell’accordo anglo-italiano per il mancato ritiro dei “volontari” dalla Spagna incrinarono l’immagine del duce.131) Si è visto come fosse opinione diffusa tra gli osservatori stranieri, ma anche tra gli italiani, che la decisione di discriminare gli ebrei altro non era se non l’espressione della volontà del duce di compiacere ed imitare il Fuhrer.
Nel 1939, il tentativo di Mussolini di tenere testa al suo alleato e l’ambizione di gestire una “guerra parallela” ebbero come esito l’invasione dell’Albania e per il Daily Herald le ragioni di quell’iniziativa risultarono ben chiare:
Signor Mussolini has acted as we foresaw that he would act. Jealous of his Axis partner’s success, anxious to pose before himself, his own people and the world as a Caesar and a conqueror, he has flung his troops, his ships, and his aeroplanes suddenly at a peaceful neighbour. /…/ The Duce’s vanity has need of a diplomatic and a military triumph.132)
L’opinione pubblica britannica non si lasciò ingannare dall’immagine – ostentata dal duce – di un’Italia economicamente indipendente e militarmente preparata, guidata da un uomo forte, che godeva del consenso popolare e di un ruolo paritario all’interno dell’Asse: ciò che l’invasione dell’Albania aveva dimostrato era che Mussolini, pur di tenere il passo con il Fuhrer, non aveva esitato ad inventare un pretesto per attaccare “the smallest and the weakest of his neighbours”.133) Pertanto il duce non sembrava più meritevole della fiducia della Gran Bretagna e dava ragione a coloro che avevano affermato che egli era “incorreggibile e inconciliabile”134):
/…/ from now on Fascist Italy, by its own choice, established, beyond doubt or cavil, that it is a power in whose word and in whose good faith, no shred of reliance can be placed. 135)
Risulta qui del tutto evidente il cambiamento di opinione nei confronti di Mussolini rispetto alle simpatie inizialmente riservategli da buona parte del mondo politico britannico: mentre prima il duce era l’uomo su cui puntare per raggiungere un equilibrio di forze in Europa, è chiaro che ora le sue ambizioni prevalevano sul desiderio di pace.
Nonostante la dimostrazione di forza, che l’Albania aveva voluto rappresentare, nel 1939 il duce, secondo la descrizione di W.N. Ewer, – un corrispondente del Daily Herald che si occupò spesso delle vicende italiane – appariva affaticato e meno direttamente impegnato nella gestione del potere:
Signor Mussolini is growing tired, is losing his grip on policy and on administration, is sitting back and letting his lieutenants do the job. /…/ Few men could have stood the strain so long. Not even Mussolini’s physique and vitality could stand it indefinitely.136)
Ewer mise a confronto il Mussolini incontrato a Stresa nel 1935 con il Mussolini del 1939 e notò il radicale cambiamento:
That Mussolini was keen, fit, alert. /…/ bright-eyed, hard-muscled, capable, one guessed, of any exertion. A man of energy and decisive will. The Mussolini of last January was, by comparison, flabby. He looked far more then four years older, the skin was not so clear, the jowl was sagging. /…/ the springy walk had become something of a waddle. /…/ It was the difference between a man in a hard training and a man gone rather soft.137)
Un duce stanco ed invecchiato, dunque, e di riflesso tutto il sistema politico era in difficoltà: ancora una volta l’identificazione tra uomo e regime è sintomatica, come l’uomo perde di vigore il regime è in declino.
Non si poteva certo ancora dire – secondo Ewer – che il duce avesse perso il proprio potere decisionale o che fosse solo un prestanome, anche se era sempre più evidente che egli stesse lasciando maggiore libertà d’azione a Ciano, Starace ed Alfieri,138) i quali sembravano desiderare un ulteriore avvicinamento alla Germania:
He still has fits of the old energy and the old fire. In the last resort it is his word always which is decisive. But he is no longer, as he was, an all-time dictator. /…/ Galeazzo Ciano, Achille Starace, Dino Alfieri. These are the three men who make policy to-day: the three men, say the Romans under their breath, who are turning Italy into a German colony.139)
Compaiono qui per la prima volta altre figure del regime accanto a quella di Mussolini: se finora un solo uomo era stato alla guida della nazione, ora che quell’uomo perdeva progressivamente il controllo ecco emergere come suoi possibili successori figure che, in realtà, da tempo rivestivano ruoli preminenti nel regime, ma che il protagonismo di Mussolini sulla stampa britannica aveva relegato in secondo piano.
5.3 Le relazioni anglo-italiane dal Patto di Pasqua alla conferenza di Monaco.
Il 1938 fu un anno cruciale per le relazioni tra Gran Bretagna e Italia e per l’equilibrio di forze in Europa. Già nel 1937, le due nazioni avevano siglato un accordo per il Mediterraneo, noto come Gentlemen’s Agreement, che, però, non trovò mai applicazione concreta, sia a causa di reciproci sospetti e in particolare perché l’Italia era convinta che la Gran Bretagna ostacolasse il suo sviluppo e la Gran Bretagna riteneva che l’Italia volesse estrometterla dal Mediterraneo e dal Medio Oriente, sia per alcune questioni rimaste in sospeso, come, ad esempio, il riconoscimento della sovranità italiana in Etiopia e l’intervento nella guerra di Spagna, elementi tutti che impedirono il successo dell’accordo.140) Fin dall’estate del 1937 furono riprese le attività diplomatiche per favorire un accordo di più ampia portata, che avrebbe rappresentato, secondo gli auspici inglesi, un passo fondamentale verso un’ipotesi di Patto a Quattro.
Non pochi ostacoli, tuttavia, si frapposero, nel corso del 1937, all’avvio delle conversazioni anglo-italiane: in agosto si verificarono alcuni attacchi ad imbarcazioni britanniche e francesi al largo della costa spagnola e Gran Bretagna e Francia presentarono le loro rimostranze all’Italia, che, però, negò ogni responsabilità; il 24 settembre Mussolini si recò inoltre in Germania per una visita ufficiale, che suscitò nelle nazioni democratiche il timore di un ulteriore rafforzamento dell’Asse; ancora in ottobre Ciano respinse la proposta di conversazioni a tre (Gran Bretagna , Italia , Francia) per risolvere il problema dei volontari in Spagna; in novembre l’Italia rifiutò di partecipare ad una conferenza delle nove potenze interessate al conflitto sino-giapponese e il 6 di quello stesso mese aderì al Patto Antikomintern con la Germania e il Giappone; infine, il 23 dicembre, Mussolini annunciò il ritiro dell’Italia dalla Società delle Nazioni. Queste prese di posizione contribuirono ad accrescere il distacco tra Italia e Gran Bretagna e rimandarano l’avvio delle conversazioni ai primi mesi del 1938.
I colloqui italo-iglesi, però, furono resi difficoltosi anche dalle posizioni contrastanti del Primo Ministro britannico, Neville Chamberlain, e del Segretario di Stato agli Esteri, Anthony Eden141): il primo più accomodante e incline alla politica dell’appeasement, riteneva che tutte le questioni rimaste in sospeso tra le due nazioni avrebbero trovato soluzione durante le trattative, il secondo, intransigente e diffidente verso i regimi dittatoriali, era convinto che l’Italia – come aveva dimostrato dopo la firma del Gentlemen’s Agreement – non avrebbe modificato la propria linea politica e, pertanto, esigeva come condizioni per l’avvio di nuovi colloqui formali la cessazione della propaganda antibritannica e il ritiro graduale delle truppe italiane dalla Spagna. Le divergenze d’opinione tra i due ministri si fecero irriconciliabili nel febbraio del 1938, quando Chamberlain, nonostante il parere contrario del Ministro degli Esteri, decise di convocare l’ambasciatore italiano, Dino Grandi,142) a Downing Street: in quell’occasione Eden insistette per ottenere da Grandi rassicurazioni in merito al ritiro dei “volontari” italiani dalla Spagna e Chamberlain ritenne questa insistenza lesiva per l’avvio delle conversazioni. Nell’impossibilità di giungere ad un’intesa tra i due ministri britannici si decise di consultare il Gabinetto, che appoggiò la linea di Chamberlain: Eden presentò le proprie dimissioni – con grande soddisfazione della stampa italiana143) – e fu sostituito da Edward Halifax, più vicino a Chamberlain.144)
Il Times notò che nel corso del mese di febbraio la stampa italiana aveva, tra l’altro, mitigato i toni della propaganda antiebraica e le relazioni anglo-italiane sembravano avviate ad un miglioramento, in buona parte dovuto – secondo il corrispondente romano del Times – alla parziale frattura tra Roma e Berlino seguita all’annuncio della nazificazione dell’Austria.145) Nondimeno, il Times escludeva la possibilità che Mussolini, pur mostrandosi più disponibile al colloquio con la Gran Bretagna, avrebbe compromesso i propri rapporti con Hitler per difendere l’indipendenza austriaca:
/…/ the Duce may be thinking more seriously than before of friendship with Great Britain in this connection, but to imagine, as some persons have done, that he would jeopardize the Rome-Berlin axis by championing Austria’s wish for independence would be a great mistake.146)
Dalla metà di marzo i rappresentanti dei due governi si incontrarono con regolarità e dai loro colloqui emersero con chiarezza le questioni che da una parte e dall’altra erano considerate fondamentali per la buona riuscita dell’accordo: l’Inghilterra premeva per la soluzione del problema spagnolo, chiedendo che l’Italia si impegnasse a ritirare i propri contingenti in quell’area; l’Italia pretendeva indicazioni precise sull’intenzione britannica di operare il riconoscimento dell’impero.
Nei primi giorni di aprile il Times riportò un discorso del Primo Ministro inglese, nel quale egli faceva il punto dei colloqui anglo-italiani ed esprimeva la propria fiducia nella possibilità di giungere presto ad un accordo tra le due nazioni:
/…/ During recent weeks we have been engaging in conversations /…/ with Italian Government with the result that a whole cloud of suspicion and misunderstanding has been blown away. There is today a good prospect of restoring those friendly relations which, until they where recently broken, had lasted so long that they had become almost traditional between our two countries.147)
Il Patto di Pasqua – così chiamato perché ricorrevano in quei giorni le festività pasquali – fu siglato il 16 aprile a Roma e la sua entrata in vigore era subordinata alla soluzione della questione spagnola e al riconoscimento giuridico della conquista dell’Etiopia, ma quando finalmente – dopo vari rinvii – il 16 novembre entrò in vigore, la situazione internazionale era notevolmente cambiata: alla conferenza di Monaco le potenze democratiche erano state costrette a piegarsi a Hitler e in Spagna Franco e i suoi alleati erano ormai prossimi alla vittoria.148)
Nell’aprile, comunque, il Patto fu accolto da più parti con soddisfazione per il contributo dato alla pace europea dalla ristabilita amicizia tra Gran Bretagna e Italia:
The Anglo-Italian agreement signed in Rome Saturday evening has been welcomed in most European countries /…/. All the basis of good relation in the Mediterranean and Suez Canal and Red Sea are re-established. All the new problems and difficulties that have risen during the past two years to separate the two countries have been faced /…/ In addition, problems that might have risen have been anticipated and agreement has been reached.149)
Il Times, tuttavia, notò come sulla stampa fascista l’entusiasmo fosse accompagnato da insistenti riferimenti all’immutata solidità dell’Asse:
One point on which commentators are careful to insist is that the new agreement with Great Britain in no way weakens Italy’s attachment to Germany. /…/ Sig. Gayda points out that the new Rome Agreement represents no new direction in Italian policy.150)
Nelle settimane successive alla firma dell’accordo, la Gran Bretagna insistette affinché l’Italia e la Francia aprissero le conversazioni per chiarire le rispettive posizioni e, inizialmente, sia in Gran Bretagna che in Francia, come osservò il corrispondente parigino del Times, non si nascose un certo ottimismo sulla possibilità di un accordo:
The cordial welcome given by Count Ciano to the French Government’s suggestion that the time is opportune for a settlement of outstanding differences has made an excellent impression here, and the general feeling /…/ is one of relief that the ice is broken at last.151)
I tentativi di mediazione da parte britannica non riuscirono, però, a cancellare l’ostilità e la diffidenza tra i governi italiano e francese. Il 22 di aprile, il Ministro degli Esteri francese, Blondel, aveva presentato un memorandum contenente le richieste della Francia per un accordo con l’Italia. Due punti in particolare incontrarono il rifiuto italiano: a) la subordinazione dell’accordo alla soluzione del problema spagnolo, b) la partecipazione della Francia al condominio anglo-italiano sul Mar Rosso. Il Ministro degli Esteri Ciano tuttavia non escluse la possibilità di trattare. Solo qualche settimana più tardi, però, il discorso che Mussolini pronunciò a Genova il 14 maggio, non lasciò dubbi sull’atteggiamento che l’Italia avrebbe adottato nei confronti della Francia, e da più parti si ritenne che la visita di Hitler in Italia152) – conclusasi solo pochi giorni prima – avesse influito sulla posizione del duce: in quel discorso egli esprimeva grande scetticismo sulla possibilità di un buon esito delle conversazioni con la Francia a causa della questione spagnola, che vedeva le due nazioni schierate ai lati opposti della barricata. Il discorso suscitò il risentimento della Francia, ma anche della Gran Bretagna. Infatti, anche se Mussolini aveva ribadito l’importanza dell’accordo anglo-italiano, egli aveva allo stesso tempo giustificato la posizione italiana rispetto all’Anschluss, sostenendo di aver agito in modo da eludere “il disegno dei nemici che avrebbero desiderato un urto tra i due stati totalitari”.153) Queste affermazioni e il deterioramento dei rapporti tra Roma e Parigi avevano contrariato il Primo Ministro inglese e avevano confermato l’impressione che Mussolini, siglando l’accordo anglo-italiano, avesse semplicemente inteso rafforzare la propria posizione di fronte al Fuhrer.154)
Tra il giugno e l’agosto del 1938 si verificarono nuovi bombardamenti contro le imbarcazioni britanniche e francesi al largo della costa spagnola e Mussolini, venendo meno agli impegni assunti con la firma del Patto di Pasqua, decise l’invio di nuovi “volontari” per la presa di Valencia. Di nuovo crebbero le tensioni tra le potenze democratiche e l’Italia e, ancora una volta, l’entrata in vigore dell’accordo fu rimandata.
5.4 Mussolini a Monaco.
Nell’agosto si riaprì la crisi cecoslovacca,155) che già nel maggio aveva richiamato l’attenzione delle potenze occidentali. Gran Bretagna e Francia osservavano da vicino l’atteggiamento italiano in merito alla questione dei Sudeti, perché temevano che l’appoggio del duce a Hitler avrebbe spinto quest’ultimo ad avanzare ulteriori pretese. L’Italia espresse la propria posizione nell’Informazione Diplomatica del 13 settembre, dichiarandosi solidale con la Germania. Chamberlain decise dapprima di inviare a Praga Lord Runciman, presidente della Camera di Commercio, in qualità di mediatore, e successivamente si impegnò in prima persona nelle trattative con Berlino.
Mussolini, che seguì l’azione diplomatica della Gran Bretagna, si convinse, come Hitler, della debolezza delle democrazie occidentali156) e confermò a più riprese il proprio sostegno all’alleato tedesco in caso di guerra. Nei discorsi che tenne nelle principali città del Veneto tra il 18 e il 27 settembre – come riferì Times -il duce espresse chiaramente le intenzioni del governo italiano riguardo alla crisi cecoslovacca e, pur dichiarando di apprezzare gli sforzi di Chamberlain per mantenere la pace, non mancò di notare che Hitler, dal canto suo, si era dimostrato molto paziente verso le democrazie occidentali:
/…/ he referred in his speeches to the European crisis and in the first and last place his remarks gave important indications of Italy’s attitude. He stated more explicitly than ever before that she would side with Germany in the event of a European conflict and that, though she had so far taken no special military precautions, she would do so if other countries continued their preparations.157)
Sig. Mussolini said that all must appreciate the efforts of Mr. Chamberlain to find a solution to the problem /…/ as well as the patience “so far” displayed by Germany.158)
Nel frattempo, il 22 settembre, Chamberlain incontrò Hitler a Godesberg159) e gli prospettò la disponibilità dei governi britannico, francese e ceco ad aderire alle cessione del territorio dei Sudeti al Reich: Hitler allora avanzò nuove richieste che il Primo Ministro britannico non poteva accettare senza consultare le altre parti interessate. Di fronte al successivo diniego opposto dalla Gran Bretagna alle sue pretese, Hitler minacciò di invadere i Sudeti.
Il 28 settembre Chamberlain si disse disposto a nuove trattative e presentò ad Hitler il progetto di una conferenza. Quello stesso giorno, in seguito all’intervento dell’ambasciatore italiano a Londra, Dino Grandi, che riteneva indispensabile la mediazione di Mussolini, il Premier britannico inviò un appello al duce.160) Immediati i commenti della stampa inglese nei quali era espressa la convinzione che Mussolini fosse l’uomo giusto per giungere ad una soluzione pacifica della questione dei Sudeti:
/…/ It is felt that if anybody can save the situation at the last moment by influencing Herr Hitler it is his partner in the Rome-Berlin Axis, and the situation is thought now to have entered a new phase. Certainly the role of mediator in the present circumstances will be highly congenial to Sig. Mussolini, and he can be counted on to do his utmost to save the peace.161)
Con il suo primo intervento Mussolini chiese ed ottenne, tramite l’ambasciatore italiano a Berlino, Bernardo Attolico, che Hitler posponesse di ventiquattro ore la mobilitazione prevista per il 1° ottobre. Quello stesso giorno, il 28 settembre, Hitler accettò la proposta britannica di una conferenza internazionale, ponendo come condizione la partecipazione del proprio alleato: il duce accolse l’invito del Fuhrer e partì immediatamente per Monaco.
La conferenza di Monaco si svolse tra il 29 e il 30 settembre e l’accordo finale si rivelò nettamente favorevole a Hitler, che sostanzialmente “ottenne senza combattere tutto ciò che aveva chiesto”162): il 1° ottobre avrebbe avuto inizio l’occupazione dei Sudeti da parte delle truppe tedesche. La Francia e la Gran Bretagna, dunque, subirono una dura sconfitta diplomatica. Unico vantaggio, pur non trascurabile, fu quello di aver evitato – o meglio rimandato – un conflitto che in quel momento le avrebbe colte impreparate: restava il fatto, però, che le grandi potenze occidentali si erano dovute piegare al volere del Fuhrer.
Il vero trionfatore a Monaco fu Mussolini: il suo ruolo di mediatore gli attirò la stima britannica e tedesca ad un tempo. Se da un lato, infatti, il Primo Ministro britannico lo considerò come l’unico in grado di esercitare un’influenza moderatrice su Hitler, dall’altro, il Fuhrer sapeva che solo dal duce avrebbe dovuto aspettarsi un appoggio.
Tornato in Italia, Mussolini ricevette un’accoglienza trionfale: le folle inneggiavano al “salvatore della pace” e la stampa britannica riconobbe il ruolo cruciale del duce:
Pride in the predominant part which Sig. Mussolini has played in saving the peace of Europe comes naturally foremost in their thoughts, but expression of this feeling is almost invariably linked with words of warm praise for Mr. Chamberlain’s indefatigable and undaunted efforts.163)
La conferenza di Monaco fu, sia per l’Italia che per la Gran Bretagna, un’occasione per discutere, seppur brevemente, dell’accordo siglato in aprile e per rinnovare l’impegno a risolvere quelle questioni preliminari (Spagna e Etiopia) che ne avevano fin a quel momento ostacolato l’entrata in vigore. Chamberlain lasciò Monaco con la speranza che anche la questione spagnola sarebbe presto giunta ad una svolta: le relazioni con l’Italia sembravano essere tornate cordiali e l’azione Mussolini a Monaco aveva dimostrato la volontà del duce di conservare la pace:
/…/ the hopes has been renewed that the settlement in Czecoslovakia would lead to a settlement in Spain, on which depends the Anglo-Italian Agreement. /…/ There is reason to believe that both Sign. Mussolini and Gen. Franco feel a time to be approaching when a majority of Italian contingent might be withdrawn, and such action would naturally increase the welcome already given to Sig. Mussolini’s mediatory attitude towards Czecoslovakia.164)
La mediazione di Mussolini a Monaco riaccese, dunque, momentaneamente le speranze britanniche secondo cui il duce avrebbe contribuito a mantenere un equilibrio di forze in Europa e avrebbe saputo influenzare in senso moderatore il Fuhrer. Fu quella, inoltre, l’ultima occasione per il riaffiorare di una positiva immagine di Mussolini prima del suo definitivo oscurarsi.
6. La Chiesa e l’antisemitismo
Gli studiosi contemporanei che si sono occupati dell’atteggiamento della Chiesa cattolica di fronte alla discriminazione e alla persecuzione degli ebrei negli anni Trenta e Quaranta non sono giunti a conclusioni definitive e universalmente accettate. Recentemente il Vaticano – in seguito alle polemiche suscitate dalla proposta di beatificare Pio XII – ha messo a disposizione di una Commissione di storici (tre ebrei e tre cattolici) gli undici volumi di documenti diplomatici della Santa Sede relativi al periodo della Seconda guerra mondiale e pubblicati tra il 1965 e il 1981, affinchè gli studiosi vi trovino la risposta “all’ondata di accuse e critiche che nei primi anni Sessanta investì la persona e l’operato di Papa Pacelli”.165)
L’atteggiamento di Pio XII non può, comunque, essere considerato esaustivo della posizione dei cattolici verso l’antisemitismo e l’olocausto. Come vedremo, infatti, in particolare dal 1938 in poi, il mondo ecclesiastico assunse posizioni articolate, diverse e persino divergenti in merito alla questione razziale, alle discriminazioni e, infine, alle persecuzioni.166)
Le critiche suscitate dall’atteggiamento della Chiesa cattolica verso l’antisemitismo e i suoi tragici risvolti nell’Europa degli anni Trenta e Quaranta hanno, in alcuni casi, lasciato intendere che la scelta del “silenzio” o della “prudente attesa” del Vaticano sia stata dettata – almeno in parte – dalla tradizionale ostilità dei cristiani verso i giudei.167) Ci sembra, allora, rilevante individuare e mettere a fuoco le affinità e le divergenze tra l’antigiudaismo cattolico e l’antisemitismo, per capire se e in che misura si possa parlare al proposito di un “silenzio” volutamente “complice”.
L’antigiudaismo cristiano e l’antisemitismo nazista hanno avuto origini diverse: l’antigiudaismo fu uno degli elementi sempre presenti nella storia del Cristianesimo e si fondava sull’accusa di “deicidio” che i cristiani rivolgevano ai giudei; l’antisemitismo nazista, invece, si sviluppò, come è noto, nella Germania dei primi anni Venti, ma movimenti e partiti di ispirazione nazionalista e razzista fecero la loro comparsa, in Germania come in altri stati d’Europa, a partire dagli anni Settanta dell’Ottocento. L’antisemitismo “politico” che nell’Ottocento aveva trovato sfogo nei violenti pogrom contro gli ebrei russi e polacchi, divenne a fine secolo espressione del rifiuto di un’emancipazione ebraica che andava prospettandosi come un traguardo sempre più vicino. Alla base dell’argomentazione di coloro che desideravano negare agli ebrei il diritto all’emancipazione stava l’accusa secondo cui gli ebrei erano stati i promotori della Rivoluzione francese e dei moti rivoluzionari del 1848. Ad emancipazione avvenuta, l’antisemitismo espresse l’invidia per il successo sociale che molti ebrei avevano ottenuto.
Questa diversa origine dell’antigiudaismo e dell’antisemitismo non impedì, tuttavia, che, la Chiesa – o almeno, una parte di essa – condividesse le posizioni antiemancipatorie dell’antisemitismo politico e sociale, e che quest’ultimo facesse propri gli stereotipi antigiudaici del Cristianesimo.168) Proprio questo attingere alla tradizione antigiudaica cristiana da parte dei movimenti e partiti antisemiti portò la stampa cattolica e la Chiesa stessa a mantenere un atteggiamento ambiguo verso l’antisemitismo nazista: condannare apertamente l’antisemitismo nazista, infatti, avrebbe inevitabilmente significato rinnegare la propria tradizione antigiudaica.169)
Nel corso del 1938 Papa Pio XI espresse le proprie critiche al nazismo e al fascismo, ma ad essere condannati furono in primo luogo il nazionalismo eccessivo, il razzismo ed i suoi risvolti anticristiani in Germania e in Austria; e se è vero che lo stesso Papa biasimò – almeno indirettamente – l’antisemitismo e le discriminazioni, in particolare dopo l’introduzione del divieto di matrimoni misti da parte del governo fascista, è altrettanto vero che, come avrebbe fatto in modo più evidente anche il suo successore, egli si preoccupò sempre di evitare la rottura definitiva dei rapporti con i governi italiano e tedesco.
Da un lato, dunque, i cattolici desideravano distinguere l’antiebraismo cristiano da quello politico, che era per lo più di stampo razzistico, e lo facevano condannando la lotta “contro gli ebrei in quanto tali”, vale a dire disapprovando la discriminazione su basi razziali e ammettendo la conversione al cattolicesimo come via per la redenzione; dall’altro lato, però, era necessario per la Chiesa mantenere aperto il dialogo con i regimi totalitari e allo stesso tempo non mettere in discussione la propria tradizione antigiudaica, e per questo l’opposizione ai provvedimenti razziali – quando vi fu – si limitò per lo più “ad una discreta e formale protesta diplomatica”.170)
6.1 1938: la posizione di Pio XI vista dalla stampa britannica.
Tra il 1937 e il 1938, quando si intensificarono le persecuzioni contro i cattolici e gli ebrei in Germania e in Austria e quando si fece sempre più chiara l’intenzione del governo fascista di adottare una politica razziale, Papa Pio XI rivolse parole di biasimo al neopaganesimo e al razzismo, in particolare nell’enciclica Mit brennender Sorge del marzo 1937 in seguito alla quale si sfiorò la rottura delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e Berlino; l’enciclica, tuttavia, non conteneva alcun riferimento esplicito all’antisemitismo. Ciononostante – come vedremo nel capitolo successivo – durante il 1938 gli ebrei britannici espressero sulle pagine del Jewish Chronicle la loro gratitudine al Papa per i suoi attacchi al nazismo a partire soprattutto dall’annessione dell’Austria al Reich, e ritennero, come gran parte della stampa inglese, di poter individuare in quelle prese di posizione il rifiuto dell’antisemitismo da parte del mondo cattolico.171) Pio XI, in effetti, pur ponendo come obiettivo principale della sua condanna ai metodi nazisti la difesa delle istituzioni religiose e dei cattolici, giunse anche ad attaccare esplicitamente l’antisemitismo172) che egli considerava “un elemento profondamente inquinante la coscienza dei fedeli, /…/ lesivo degli elementari diritti umani”.173) Questa posizione, come rivela Miccoli, risultava chiaramente dal progetto di un’enciclica elaborata nel corso del 1938 che, però, non vide mai la luce sia perché alcuni membri della gerarchia ecclesiastica non ne condividevano i contenuti, sia per l’aggravarsi delle condizioni di salute del Papa che non gli consentirono di far valere il proprio punto di vista.174) Al di là di questo progetto rimasto incompiuto, il Papa si pronunciò in più occasioni in merito alla “questione razziale”. Allo stesso tempo, – come nota De Felice – alcuni ambienti cattolici ritennero che “il razzismo italiano /…/ si sarebbe potuto armonizzare con la posizione della Chiesa”175): era questa l’opinione espressa, ad esempio, dalla rivista dei gesuiti, La Civiltà Cattolica,176) i cui autorevoli pareri venneno ripubblicati anche da Farinacci per dimostrare come il fascismo avesse per alleato anche il Vaticano – o almeno alcuni suoi membri – nella campagna razziale.177) Rari furono i casi in cui la stampa cattolica affrontò esplicitamente il problema: la maggior parte dei giornali diocesani si limitò a pubblicare senza commenti i provvedimenti che riguardavano gli ebrei. Solo L’Azione – un giornale diocesano che si distinse per “una certa intelligenza nell’affrontare le questioni teologiche”178) – dedicò molto spazio alla questione ebraica.
La stampa britannica, comunque, mostrò la tendenza ad identificare la posizione del mondo cattolico con quella del Papa e non rilevò le diverse correnti di pensiero presenti nella Chiesa romana in merito alla politica razziale.
Nel luglio del 1938, pochi giorni dopo la pubblicazione del Manifesto degli scienziati, i quotidiani britannici riportarono alcuni interventi di Pio XI nei quali egli condannava senza mezzi termini le forme estreme di nazionalismo e il razzismo; quelle parole assunsero, nell’opinione dei pubblicisti britannici, un’importanza particolare proprio perché pronunciate in seguito all’annuncio dell’adozione di una politica razziale da parte del governo fascista:
Extreme forms of nationalism were denounced in exceptionally strong terms by the Pope yesterday in an address to a party of French nuns /…/. It can hardly escape notice that this Pontifical pronouncement follows immediately after the semi-official adoption by the Fascist Party of a limited conception of nationalism very similar to that professed in Germany.179)
Exaggerated nationalism and racialism were once more attacked by the Pope as “unchristian” and “inhuman”, in an address to teachers from all parts of Italy at Castel Gandolfo, yesterday. The attack is particularly significant because racialism has just been adopted as a policy of the Fascist Party.180)
Il Daily Telegraph & Morning Post avvertì che l’opposizione del Vaticano alla politica razziale verso cui il governo fascista stava orientandosi avrebbe potuto portare allo scontro tra i due poteri:
The Vatican is opposing the new racial policy. The parochial magazines distributed this month in all Roman parishes refer to the evils of racialism and declare that it is the sowing of hatred and warfare.
It appears that the Pope’s opposition to racialism may cause a fresh dispute with Signor Mussolini.181)
Alla fine di luglio si verificò un duro scambio di opinioni a distanza tra il Papa e Mussolini: un diverbio avvertito più all’estero che non in Italia, perché la stampa italiana evitò di riportare le dichiarazioni di Pio XI, che comparvero solo sull’Osservatore Romano, da cui i corrispondenti stranieri le trassero.
Il Manchester Guardian e il Daily Herald riassunsero i punti principali del discorso tenuto dal Papa ad un gruppo di studenti del Collegio Missionario Propaganda Fidei in visita a Castel Gandolfo, il 29 luglio, e notarono la frequenza e l’incisività degli interventi del Pontefice in merito alla questione razziale:
The Pope /…/ attacked again Italy’s recent racial campaign. /…/ He asked why Italy should go and copy Germany in such unhappy initiative.182)
He who strikes the Pope dies. This dramatic words of an ancient proverb were used by Pius XI yesterday, when he launched another fierce attack on Italian Fascism’s new anti-Jewish policy.183)
This is the third time /…/ that the Pope has referred to the subject (racialism), and to-day his address contains the strongest condemnation of the new racial theories that he has yet made.184)
La replica di Mussolini fu immediata e perentoria:
Signor Mussolini challenged the Pope to an open conflict between Fascism and the Roman Catholic Church this morning by announcing that he would continue the Italian racial campaign.185)
/…/ Signor Mussolini said: “You must know and everyone must know that in the question of race we shall go straight ahaed. To say that Fascism has imitated anyone or something is simply absurd’. /…/ Fascist Italy does not intend to deviate a hair’s breadth from the policy she has set herself to follow.186)
Il duce, dunque, oltre a ribadire la propria determinazione a proseguire sulla strada del razzismo, respinse categoricamente l’accusa lanciata dal Papa secondo cui la politica razziale del fascismo altro non era se non un’imitazione del nazismo187): questo rifiuto di ogni omologazione al razzismo nazista era anche un modo per dare garanzie alla Chiesa, che temeva i risvolti anticristiani della politica razziale.188)
Il 22 e il 25 agosto il Daily Herald pubblicò due brevi articoli nei quali si leggeva di un patto che avrebbe riportato la pace tra il Papa e il duce:
Peace have been made between the Pope and the Duce, following their quarrel over the Italian Fascism adoption of anti-Semitism. And the prize (says Exchange) is a big concession by the Pope /…/ ‘the Catholic Action does not deal with any kind of political activities’. Italian Fascist Party has reopened membership to directors of the Catholic Action Movement /…/. This concession completes the recent accord announced between the Party and the Catholic Action, ending a feud which was becoming incresingly bitter .189)
Secondo il Daily Herald, dunque, si trattava di un accordo nel quale la Chiesa – in realtà, come notò il Times, non tutta la Chiesa, ma solo l’Azione Cattolica190) – si impegnava a non interferire in questioni strettamente politiche e, in cambio, il Partito fascista manteneva le porte aperte ai dirigenti dell’Azione Cattolica che gli estremisti, primo tra tutti Farinacci, avevano minacciato di espellere in seguito ai contrasti tra il Papa e Mussolini.191) Più che di un vero e proprio patto, però, sarebbe più opportuno parlare di un compromesso i cui termini – pur dimostrando la volontà dell’una e dell’altra parte di mantenere rapporti cordiali192) – non si rivelarono certo sufficienti a ridurre al silenzio Pio XI. Il Papa, infatti, continuò ad occuparsi della politica razziale del fascismo ritenendo – come riferì qualche mese più tardi il Daily Herald – che la questione razziale non fosse “strettamente politica”:
/…/ Referring to Fascist accusation that priests interfere in political matters, the Pope concluded: ‘Our policy has this motto: For the common good. It is a lie, a most horrible and wilful lie, to say that the Holy See and the Pope deal with other matters than the glory of God and the common good”.193)
Gli articoli di Farinacci su Il Regime Fascista – come osservò Il Times – facevano il contrappunto agli interventi del Papa. Farinacci, però, rappresentava la posizione degli estremisti e non quella ufficiale del governo fascista né tanto meno quella di Mussolini che non voleva certo inimicarsi la Santa Sede. Farinacci, uno dei più convinti sostenitori dell’antisemitismo in Italia, non mancò di far notare l’incoerenza dell’atteggiamento della Chiesa verso gli ebrei e ribadì l’accusa di intromissione della Santa Sede in questioni che non le competevano:
He affirmed /…/ that the attitude of the Catholic Church towards the Jews was throughout the ages always hostile, and put the question: “Why is it now sympathetic?” /…/ He concluded by warning the Church not to meddle in political questions which are the concern exclusively of Fascism.194)
Il 7 e l’8 ottobre, come si è già accennato,195) all’indomani dell’approvazione da parte del Gran Consiglio del Fascismo di una serie di misure per la difesa della “razza”, i giornali britannici riservarono particolare attenzione al provvedimento che riguardava i matrimoni misti per il quale ci si attendeva un nuovo risoluto intervento del Papa. Le disposizioni del Gran Consiglio relative al matrimonio proibivano – lo ricordiamo – l’unione dei cittadini italiani di “razza ariana” con persone appartenenti ad altra razza, imponevano di considerare nulli i matrimoni celebrati in contrasto con tale divieto e vietavano ai sacerdoti la celebrazione di matrimoni misti. Pio XI, in quell’occasione, accusò il governo fascista di violare il Concordato, i cui termini prevedevano, tra l’altro, che il matrimonio celebrato con rito religioso avesse validità civile.
Nel novembre successivo, mentre il governo si preparava a tradurre le deliberazioni di ottobre in leggi dello Stato, Pio XI inviò due lettere, rispettivamente al duce e al Re, nel tentativo di “induce the Italian Goverment to refrain from enacting a law against marriages between Italian Aryans and non-Aryans /…/”. 196)
Queste prese di posizione del Papa, però, sebbene avvertite dalla stampa britannica come una frattura che avrebbe potuto compromettere le relazioni tra Stato e Chiesa, rimasero, in realtà, entro i confini di una polemica formale e non costituirono un vero e proprio ostacolo alla politica razziale del fascismo. La scarsa incisività della protesta del Papa risulta piuttosto chiaramente da un documento conservato nell’Archivio Centrale dello Stato, di cui De Felice ha pubblicato un estratto: si tratta di una comunicazione dell’allora ambasciatore presso la Santa Sede, Pignatti, a Ciano, pochi giorni dopo la seduta del Gran Consiglio del 6-7 ottobre 1938:
/…/ le recenti deliberazioni del Gran Consiglio in tema di difesa della razza non hanno trovato in complesso in Vaticano sfavorevoli accoglienze /…/. Da Monsignor Martini, Sostituto per gli Affari Ordinari della Segreteria di Stato, ho avuto conferma di tali impressioni e più in particolare che le maggiori per non dire le uniche preoccupazioni della Santa Sede si riferiscono al caso di matrimoni con ebrei convertiti.197)
Tra la fine del 1938 e l’inizio del 1939 gli interventi di Pio XI in materia di politica razziale si fecero via via meno frequenti sia, come si è detto, perché la sua opposizione a tale politica non era condivisa da tutti in Vaticano sia per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute.
Vi furono, tuttavia, altri rappresentanti di spicco del mondo ecclesiastico che provocarono l’irritazione dei più infervorati antisemiti. Fu questo il caso del Cardinal Schuster, arcivescovo di Milano, e del Cardinal Nasalli Rocca, arcivescovo di Bologna, che – secondo quanto riferì il Times – rispettivamente nel novembre e nel dicembre del 1938, rivolsero parole di biasimo alla politica razziale. Il Cardinal Schuster durante un’omelia aveva parlato di “eresia della razza” e aveva ricordato che “il mito della razza” era estraneo alla tradizione romana ed incompatibile con la religione cristiana.198) Il Cardinal Nasalli Rocca aveva condannato le “ideologie esotiche, ispirate dalle esasperazioni nazionaliste, che hanno come conseguenza la persecuzione degli ebrei”.199)
Ancora una volta Farinacci espresse sulle pagine del suo giornale lo sdegno dei fautori della politica razziale verso quelle che egli considerava le continue intromissioni del clero e, come era ormai sua abitudine, intimò alla Chiesa di abbandonare l’offensiva contro la politica razziale del fascismo:
The growing Fascist irritation against the Church for its attitude towards the racial policy finds violent expression in an article published by Signor Farinacci in his paper Il Regime Fascista. /…/ Signor Farinacci warns the Church /…/ not to overdo it because there will be a legitimate reaction.200)
6.2 Il nuovo Papa.
Alla morte di Pio XI il Times riportò le parole di cordoglio che il Jewish Board di Ginevra rivolse a nome di milioni di ebrei di tutto il mondo al Segretario di Stato Vaticano, Cardinal Pacelli:
/…/ the Jewish Board will never forget the courageous and generous attitude adopted by the Pope for the defense of Jewish liberty and human dignity and the protection accorded by him to numberless victims of racial persecution.201)
Quando il Conclave si riunì per il primo di una serie di incontri che avrebbero portato all’elezione del nuovo Papa, l’Evening Standard dedicò un lungo articolo alle relazioni della Chiesa con i regimi totalitari e fece riferimento all’atteggiamento adottato da Pio XI:
/…/ The Church is threatened by the new race doctrines, by the new philosophy of the dictators, by the claims of the Totalitarian State. Pious XI lived to hear the rumblings of the storm, to raise a first warning voice against the new iconoclasts. /…/ scarsely is the ink dry on the Pact of Reconciliation between Church and State in Italy before it is threatened by Mussolini’s recent emulation of the racial doctrines of Hitler and the growing anti-clericalism of the Fascist Party.202)
In quello stesso articolo venivano riportate alcune affermazioni pubblicate dopo la morte di Poi XI sul giornale di proprietà della famiglia Ciano, Il Telegrafo di Livorno: vi si sosteneva che il nuovo Papa non avrebbe dovuto essere uno straniero, non avrebbe dovuto essere il Cardinal Pacelli, “il coraggioso Segretario di Stato e uno dei leader dell’opposizione al razzismo”, e non avrebbe dovuto essere nemmeno uno dei ventitré cardinali italiani della Curia residenti in Vaticano e generalmente ostili al fascismo.
Anche i nazisti – come riferisce tra gli altri il Daily Herald – non vedevano affatto di buon occhio il Segretario di Stato Vaticano e l’avevano in più occasioni definito “an implacable opponent of National Socialism and the representative of a morbid generation and a moribund bourgeoisie”.203)
Lo stesso giornale nel dare l’annuncio dell’elezione di Papa Pacelli commentò registrando le reazioni di Roma e Berlino:
From the moment of the death of Pious XI it had been made plain that of all the papabili /…/ the then Cardinal Segretary of State was the most inaccettable to Fuhrer and Duce alike.
Inspired articles in Italian Press placed him first in the list of “unacceptables”.
There is little doubt that both in Rome and Berlin it had been taken for granted that these expressions of displeasure would suffice to prevent his election.204)
Il Times rivolse particolare attenzione ai commenti della stampa tedesca prima e dopo l’elezione del nuovo Pontefice:
The first reaction in Berlin to the news of the election of Cardinal Pacelli to the Papacy is one of surprise and some concern. Three weeks ago the Pope was described generally in the German Press as the man whose influence since 1930, when he was appointed Secretary of State to Pious XI, did much to turn the late Pontiff against the authoritarian States. /…/ Cardinal Pacelli was cited in the German Press as the very type of “politician” whom the Third Reich would be sorry to be elected to the Pontificate.205)
L’elezione di Pio XII, dunque, non incontrò il favore del Fuhrer e del duce i quali temevano che il nuovo Papa, come già il suo predecessore, si sarebbe schierato contro le loro scelte, soprattutto in materia di politica razziale, e avrebbe così alimentato la diffidenza dei cattolici nei confronti dei regimi totalitari.
In realtà Pio XII si rivelerà più propenso ad adottare atteggiamenti concilianti e a mantenere il riserbo riguardo alla “questione razziale”: questo spiega la drastica riduzione sulla stampa britannica di articoli riferiti alle prese di posizione del Vaticano.
La maggior parte degli studiosi che fino ad oggi si sono occupati dei rapporti tra la Chiesa cattolica, il nazismo e il fascismo, e in particolare dell’atteggiamento di Pio XII nei confronti delle persecuzioni razziali e dell’olocausto, concordano nel rilevare la mancanza di una condanna esplicita all’antisemitismo e sollevano la questione di quanto un atteggiamento meno “attendista” del Vaticano avrebbe potuto influire sul corso degli eventi.206)
- • Ad esempio il giornale gesuita La Civiltà Cattolica e il giornale dell’Università Cattolica di Milano, Vita e Pensiero, misero in guardia contro il ‘pericolo giudaico’. G. MICCOLI, Santa Sede, questione ebraica e antisemitismo fra Otto e Novecento, cit., pp. 1371-ss;S. ZUCCOTTI, The Italians and the Holocaust, New York, Basic Books, 1987, p. 34
- • Poco dopo la pubblicazione del proclama nazista contro gli ebrei del 29 marzo 1933, Mussolini aveva incaricato l’allora ambasciatore italiano a Berlino, Vittorio Cerruti, di trasmettere a Hitler un suo messaggio personale nel quale egli avvertiva il Fuhrer che l’antisemitismo avrebbe sollevato proteste e inimicizie contro di lui, non solo da parte degli ebrei tedeschi e sosteneva che per eliminare dai posti di comando gli elementi non completamente fidati, non era necessario, ma bensì dannoso, ricorrere a teorie razziali. R. DE FELICE, “Storia degli ebrei italiani …”, cit., pp. 127-8.
- • Cfr. K. VOYGT, Il rifugio precario, Scandicci (Fi), La Nuova Italia, 1993.
- • Il Tevere, pubblicato a Roma a partire dal 1924 e diretto da Telesio Interlandi, diede inizio nel gennaio del 1934 alla campagna antisemita, attaccando violentemente il sionismo. Il Giornale d’Italia esisteva già prima dell’ascesa di Mussolini al potere e, pur appoggiando i primi governi fascisti, era stato fino al 1926 fautore della “normalizzazione” e si era opposto agli estremismi. Dal 1926, con la direzione di Virginio Gayda, si schierò con il regime e nel 1935 iniziò ad attaccare gli ebrei. Il Regime Fascista, nuovo titolo assunto nel 1924 dal quotidiano Cremona Nuova uscito nel 1922 e diretto dal ras Roberto Farinacci, ebbe un ruolo di primo piano nella campagne razziale a partire dal 1936. P. MURIALDI, La stampa del regime fascista, Bari, Laterza, 1986, pp. 20-29; 164-74.
- • M. MICHAELIS, Mussolini e la questione ebraica, Milano, Ed. di Comunità, 1982, p. 28.
- • R. DE FELICE, op. cit., pp. 204-5.
- • M. SARFATTI, Gli ebrei negli anni del fascismo: vicende, identità, persecuzione, in “Storia d’Italia …” cit., pp. 1668-74; R. MAIOCCHI, op. cit., p. 212;
- • Gli ebrei venivano accusati di collusione con gli organi dell’”internazionale ebraica” ostile al regime e all’Italia. S. DELLA SETA e D. CARPI, La politica razzistica del fascismo e dell’immediato dopoguerra in “Storia d’Italia …” cit., pp. 1338-42.
- • R. DE FELICE, op. cit., pp. 208-9.
- • Di questo libro si disse che era stato “ordinato” da Mussolini, anche se, una volta comparso, egli non lo approvò in pieno. Orano attaccava i sionisti, accusandoli di agire contro gli interessi dell’Italia, e gli ebrei fascisti, che – sosteneva – tendevano a distinguersi in quanto ebrei e sembrava quasi che si aspettassero una particolare riconoscenza per aver sposato la causa fascista.
- • M. MICHAELIS, op. cit., p. 121.
- • L. PICCIOTTO FARGION, Per ignota destinazione, Milano, Mondadori, 1994, p. 48.
- • R. DE FELICE, op. cit., p. 259.
- • S. ZUCCOTTI, op. cit., pp. 34-35.
- • Non prendiamo qui in esame il Manchester Guardian perché, in merito alla politica antisemita dell’Italia, si limitò spesso a pubblicare notizie d’agenzia senza alcun commento. Di non poca rilevanza è, invece, come vedremo, lo spazio che il quotidiano di Manchester riservò alla figura del duce.
- • Vedi in particolare cap. 2.
- • “Due giornali rappresentanti del fascismo estremista, il Regime Fascista di Farinacci e il Tevere, si sono distinti negli anni passati per la loro propaganda antiebraica. Il loro tono antiebraico è andato accentuandosi negli ultimi due mesi, e anche su altri giornali se ne sono avuti esempi.” “Italian Measures Against Jews” in The Times, n. 47913, Feb. 8, 1938, p. 14.
- • Nel commentare il ritiro dell’Italia dalla Società delle Nazioni, il Times aveva riferito di una “undercurrent of uneasiness” (inquietudine nascosta) da parte di molti, che ritennero probabile un avvicinamento dell’Italia alla Germania. “The Tie With Italy” in The Times, n. 47882, Jan. 1938, p. 12.
- • “/…/ essi (gli ebrei) sono solo una piccola minoranza di circa 40000 persone, che difficilmente possono essere presentati come le ‘sanguisughe’ del paese. Per questa ragione sembra improbabile che l’antisemitismo possa acquistare forza in Italia, a meno che esso non sia sollevato da una violenta propaganda ufficiale.” “Italian Measures Against Jews” in The Times, n. 47913, Feb. 8, 1938, p. 14.
- • “un oscuro settimanale/…/ la cui prima funzione sembra quella di sollevare sentimenti antiebraici.” “Anti-Jewish Agitation in Italy” in The Times, n. 47917, Feb. 12, 1938, p. 11.
- • La pubblicazione de Il Giornalissimo – un settimanale che usciva come supplemento ad alcuni giornali fascisti – fu temporaneamente sospesa già pochi giorni dopo l’uscita del primo numero, nel febbraio del 1938, forse in seguito ad un invito da parte di Mussolini a moderare i toni degli attacchi antisemiti. Nell’aprile la pubblicazione riprese e Il Giornalissimo passò da supplemento a rivista settimanale.
- • De Felice lo definì “forse l’unico vero e coerente antisemita italiano del XX secolo e certo uno dei pochissimi antisemiti italiani che non ripeteva pappagallescamente le parole e gli slogan altrui, ma che indubbiamente per oltre trent’anni ‘studiò’ l’ebraismo italiano.” R. DE FELICE, op. cit., p. 9. Il Times si limitava a ricordare di Preziosi la pubblicazione della versione italiana dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion (1921), che era comunque uno dei “classici” dell’antisemitismo.
- • Il Times mancò di far notare – come fece, invece, il Jewish Chronicle – che ai piedi della vignetta compariva la scritta: “Nemico pubblico n° 1”. “Mussolini and the Jews”, in J.C., n. 3593, Feb. 18, 1938, p. 22.
- • “Sotto il titolo di Informazione Diplomatica vennero diffuse a partire dall’ottobre 1937 alcune note relative a questioni di politica internazionale /…/. Gli scritti avevano l’evidente scopo di far conoscere pubblicamente in Italia e all’estero la posizione del regime fascista su questioni di interesse internazionale; essi venivano pubblicati senza firma e redatti da Mussulini o dal responsabile degli Esteri Galeazzo Ciano”. M. SARFATTI, “Mussolini contro gli ebrei”, cit., p. 17.
- • “Jews’ place in Italy” in The Times, n. 47922, Feb. 18, 1938, p. 13. Il fatto che i quotidiani britannici non avvertirono la gravità dell’Informazione di febbraio, si deve probabilmente al tono “apparentemente moderato e conciliante”, che ne fece, a detta dello stesso Mussolini, “un copolavoro di propaganda antisemita”. Cfr. M. RASPANTI, I razzismi del fascismo, ne “La menzogna della razza”, op. cit., pp. 75.
- • Il testo dell’Informazione Diplomatica n. 14 è riprodotto integralmente in M. SARFATTI, op. cit., pp. 17-8 e in R. DE FELICE, op. cit., p. 276.
- • “L’antisemitismo deve ora essere aggiunto ai vari altri culti tedeschi che vengono copiati in Italia allo scopo di accentuare la realtà e la forza dell’asse Roma-Berlino.” “Italian Measures Against Jews” in The Times n. 47913, Feb. 8, 1938, p. 14.
- • Si ricorda che Mussolini partecipò direttamente ed ebbe responsabilità decisiva nell’elaborazione del Manifesto. Cfr. M. RASPANTI, op. cit., pp. 75-6.
- • Così recitava il “Comunicato del PNF a proposito del Manifesto degli scienziati razzisti” del 25 luglio 1938; R. DE FELICE, p. 557.
- • Per il testo del Manifesto vedi “Appendice”.
- • “L’adozione, da parte dell’Italia, di una politica razziale, che escluderebbe gli ebrei dall’essere cittadini italiani in tutto e per tutto, è stata adombrata da un articolo pubblicato sul Giornale d’Italia ieri sera.” “Duce May Begin Jew-Baiting”, in Daily Herald, n. 6994, July 15, 1938, p. 2.
- • “La convinzione che una legislazione antiebraica è imminente in Italia è rafforzata dall’annuncio che il governo italiano ha istituito un ministero che si occupi dei “problemi razziali”. “Duce’s Anti-Jew Step” in Daily Herald, n. 6997, July 19, 1938, p. 2.
- • “Articoli contro gli ebrei sono apparsi su parecchi giornali a partire dalla pubblicazione del manifesto lo scorso giovedì che annuncianva il varo di una politica razziale in Italia.” Ibid.
- • “Una prima presa di posizione ufficiale da parte del regime fascista sulle teorie della razza diffuse in Germania viene pubblicata oggi dal Giornale d’Italia.” “Italian Race ‘Pure and Aryan’. The Jewish Element” in The Times, n. 48047, July 15, 1938, p. 15.
- • “Da qualche tempo è apparso chiaro che fin dalla ratifica dell’asse Roma-Berlino nel 1936, la posizione degli ebrei in Italia non è stata così sicura come lo era prima.” “Italy’s Policy on the Racial Problem”, in The Daily telegraph & Morning Post, n. 25933, July 15, 1938, p. 13.
- • “I circoli ufficiali negano le affermazioni secondo cui essa (la dichiarazione) preluda a ulteriori misure discriminatorie contro gli ebrei, e dichiarano che essa ha un interesse puramente accademico.” “Italian Race ‘Pure and Aryan’. The Jewish Element” in The Times, n. 48047, July 15, 1938, p. 15.
- • Tale, come vedremo meglio in seguito, fu considerata dall’opinione pubblica britannica, come anche da buona parte di quella italiana, la scelta di adottare la legislazione razziale da parte del regime.
- • “Il governo italiano ha recentemente assunto una posizione chiara riguardo al problema razziale. Una relazione /…/ dichiarava che è giunto il momento che gli italiani si proclamino razzisti nel senso italiano del termine. Gli ebrei, aggiungeva la relazione, non appartengono alla razza italiana. Ci sono tra i 50000 e i 60000 ebrei in Italia. Un certo numero di misure antiebraiche sono entrate in vigore. Il Papa ha condannato in diverse occasioni il razzismo.” “Anti-Jewish Regulations” in Evening Standard, n. 35542, July 30, 1938, p. 2.
- • “Una campagna razziale è stata lanciata oggi con la simultanea comparsa di articoli sui giornali della sera di Roma e l’emissione di un ordine di espulsione ai danni del dott. Jacob David Kleinlehrer, il corrispondente della Jewish Telegraphic Agency a Roma.” “Italy Racial Drive” in The Daily Mail, n. 13181, July 23, 1938, p. 10. Anche il Daily Herald commentò l’espulsione del dott. Kleinlehrer – un giornalista ebreo polacco – che il duce stesso, solo un anno prima, aveva decorato con il titolo di Cavaliere della Corona d’Italia. “Questa azione e il lancio di un nuovo attacco agli ebrei sulla stampa – osservò il Daily Herald – lasciano pensare che una campagna antisemita su larga scala potrà presto essere lanciata in Italia.” “Duce Expels Jew He Knighted” in Daily Herald, n. 7001, July 23, 1938, p. 2.
- • L’8 ottobre 1938 il Daily Mail pubblicherà un articolo dal titolo “Italians Must Not Marry Jews. Fascists’ We Must Improve the Race” (in Daily Mail, n. 13247, Oct. 8, 1938, p. 7.) nel quale renderà note le decisioni del Gran Consiglio del Fascismo in merito alla politica razziale, decisioni che rientreranno nel decreto-legge del 17 novembre 1938. Nessun’altra notizia relativa alla politica razziale del governo fascista verrà successivamente pubblicata dal Daily Mail.
- • “La dichiarazione semi-ufficiale sulla posizione del fascismo riguardo alle attuali nozioni di purezza razziale /…/ è stata seguita da un sacco di articoli che commentano ed elaborano l’argomento.” “Italy and the Jews – A Rising Press Campaign. Purity of Race” in “The Times, n. 48054, July 23, 1938, p. 11.
- • “Tutti i giornali della sera hanno pubblicato articoli di fondo sulla necessità di mantenere pura la razza italiana” “Racial Policy in Italy” in The Daily Telegraph and Morning Post, n. 25943, July 23, p. 11.
- • “Non tutti gli articoli si riferiscono agli ebrei, ma siccome i professori /…/ spiegarono che il sangue italiano poteva essere incrociato con qualsiasi altro sangue europeo senza perdere la propria purezza e l’unica razza non europea che viveva in Italia era quella ebraica, è chiaro che gli ebrei sono la vera causa di tutta questa preoccupazione.” “Italy and the Jews – A Rising Press Campaign. Purity of Race.” In The Times, n. 48054, July 23, 1938, p. 11.
- • “Può essere che il governo miri solamente a creare un antisemitismo artificiale – che non può diventare molto serio poiché ci sono solo 40000 ebrei circa in Italia – come un facile stratagemma per far cambiare rotta a quei profughi ebrei provenienti dai paesi stranieri, che possano essere tentati di venire in Italia /…/” “Immediate Problem” in The Times, n. 48054, July 23, 1938, p. 11.
- • “L’Italia intende limitare l’attività degli ebrei che vivono nel paese, e indirà immediatamente un loro speciale censimento” “Italy to Count Its Jews” in Daily Herald, n. 7013, Aug. 6, 1938, p. 2.
- • “Un’altra dichiarazione ufficiale sul razzismo è stata pubblicata oggi in un numero speciale dell’Informazione Diplomatica. /…/ vi si afferma che il governo fascista non intende discriminare gli ebrei al fine di perseguitarli, ma desidera tenere sotto controllo le loro attività e garantire che la loro partecipazione alla vita dello Stato sia in rapporto adeguato al loro numero.” “One Jew to 1,000” in The Times, n. 48066, Aug. 6, 1938, p. 10.
- • “Mussolini ha emanato alcuni nuovi decreti. Uno di questi stabilisce che tutti gli ebrei che abbiano la nazionalità italiana da meno di vent’anni e tutti gli ebrei stranieri devono lasciare il paese entro il febbraio prossimo. Il pregiudizio razziale, che solo pochi anni fa Mussolini derideva con disprezzo, diventa così un pilastro del fascismo italiano /…/.” “Jews Storm Rome Consuls” (par. “Duce Decrees”) in Daily Herald, n.7036, Sept. 2, 1938, pp. 2; 10.
- • “Un decreto che porta avanti la politica antiebraica è stato approvato dal Consiglio dei Ministri questa mattina /…/ tutti coloro il cui padre e la cui madre sono nati ebrei e quelli che si sono stabiliti nei territori italiani dopo il 1° gennaio 1919, devono lasciare il paese entro sei mesi.” “Jews in Italy. New Expulsion Decree” in The Times, n. 48089, Sept. 2, 1938, p. 12.
- • “Mussolini ha ordinato oggi l’espulsione di tutti gli ebrei – indipendentemente dal fatto che possiedano o meno la cittadinanza italiana – che sono entrati in Italia dopo il 1° gennaio 1919. Questo è il primo passo ufficiale verso la realizzazione della politica fascista promulgata di recente allo scopo di limitare il numero di ebrei in Italia.” “Duce Orders Jews to Quit” in Evening Standard, n. 35570, Sept.1, 1938, p. 1.
- • ” Una delle voci è che Mussolini annuncerà la sua decisione di espellere gli ebrei italiani,. Un’altra è che egli li manderà in Abissinia e una terza è che li priverà della cittadinanza italiana. Tutte queste chiacchiere non hanno di fatto alcun fondamento.” “Italian Jews Fate to Be Decided” in The Daily Telegraph & Morning Post, n. 25982, Sept. 9, 1938, p. 11.
- • “Ulteriori misure contro gli ebrei italiani sono state adottate oggi. D’ora innanzi tutti i membri della marina devono specificare a quale “razza” appartengono /…/. Diciannove ufficiali sono stati licenziati dai loro impieghi al Ministero dell’Interno perché ebrei.” “Italian Moves Against Jews” in The Daily Telegraph & Morning Post, n. 25980, Sept. 7, 1938, p. 11.
- • “Mussolini, non contento di espellere gli ebrei italiani nati all’estero, ieri ha attaccato i bambini e gli scienziati ebrei.” “20,000 Jews Shut From Schools” in Daily Herald, n. 7037, Sept. 3, 1938, p. 2.
- • “Il Consiglio dei Ministri italiano ha approvato oggi un decreto che bandisce gli studenti ebrei dalle scuole italiane e proibisce l’impiego di qualunque maestro, professore o insegnante ebreo in ogni scuola o università che rilascino titoli di studio legalmente riconosciuti.” “Mussolini to Expel All Jews From Italian State School” in Evening Standard, n. 35571, Sept 2, 1938, p. 1.
- • “La stampa italiana controllata dal governo chiede persino ulteriori misure repressive. Il Tevere di Roma chiede che gli ebrei italiani siano espulsi dalle forze armate, dalle organizzazioni politiche e dalla magistratura. Il settimanale Roma Fascista mette alla gogna alcuni ebrei italiani, figure di spicco nel mondo delle assicurazioni e della finanza, e li accusa di tenere in mano ‘le leve di comando dell’economia italiana’.” “100 Jews Resign” in Daily Herald, n. 7038, Sept. 3, 1938, p. 2.
- • “Non c’è alcuna attenuazione nella campagna di stampa contro gli ebrei. Tutte le misure e le precauzioni adottate all’estero riguardo agli ebrei vengono fedelmente riportate come mezzo per convincere gli italiani che l’Italia non è la sola a ritenere necessario controllare i movimenti e le attività degli ebrei.” “Census of Jews in Italy” in The Times, n. 48079, Aug. 22, 1938, p. 9.
- • “I nuovi decreti antiebraici italiani sono unanimemente condannati dalla stampa britannica come misure che disgustano chi crede nelle leggi elementari dell’umanità, e (li si considera destinati) a ricadere sul paese che li ha emanati. ‘L’ultima mossa nella campagna antisemita italiana è, ad un tempo, drastica e medievale nel peggior senso del termine,’ afferma il Times /…/. The Daily Telegraph and Morning Post mette in evidenza che il decreto d’espulsione aggrava il già complicato problema dei rifugiati originato dal trattamento riservato agli ebrei tedeschi da Hitler. “Ogni uomo dal cuore sensibile,” dichiara il Daily Express “deve provare compassione per gli ebrei nella situazione in cui si trovano. Il modo in cui vengono trattati è crudele e inconcepibile.” “Back to the Middle Ages” in J.C., n. 3622, Sept. 9, 1938, p. 25.
- • “Alla stampa italiana è stato ordinato di dare grande rilievo sulle pagine principali alle decisioni del Consiglio in materia della razza.” “Duce Defines His Racial Policy” in Evening Standard, n. 35601, Oct. 7, 1938, p. 13.
- • “Gli italiani non devono sposare gli ebrei” in Daily Mail, n. 13247, Oct. 8, 1938, p. 7; “Le drastiche leggi matrimoniali del Duce” in Daily Telegraph & Morning Post, n. 26006, Oct. 7, 1938, p. 11.
- • “/…/ l’organo ufficiale del Vaticano, l’Osservatore Romano, pubblicherà nel suo prossimo numero un articolo di fondo nel quale protesterà con parole prudenti contro le leggi matrimoniali /…/.” “Vatican Protests to Mussolini” in Daily Mail, n. 13247, Oct. 8, 1938, p. 7.
- • “Il giornale vaticano /…/ solleva una questione seria che /…/ può mettere in pericolo il Concordato esistente tra lo Stato fascista e la Santa Sede. Esprime preoccupazione di fronte alla notizia della decisione del Gran Consiglio del Fascismo di proibire i matrimoni tra italiani e non-ariani.” “Vatican’s Anxiety” in Daily Telegraph & Morning Post, n. 26007, Oct. 8, 1938, p. 11.
- • “Drastiche decisioni” “New anti-Jewish Laws for Italy” in Daily Herald, n. 7067, Oct. 8, 1938, p. 2.
- • “Misure di grande portata che regolano la posizione degli ebrei in Italia” “Duce Defines His Racial Policy” in Evening Standard, n. 35601, Oct. 7, 1938, p. 13.
- • La prudenza del Times nel valutare le leggi razziali si spiega in parte con l’opinione che il giornale, fin dal 1922, aveva espresso nei confronti di Mussolini e del fascismo. Il Times non aveva nascosto il disprezzo per il modo in cui i liberali avevano guidato l’Italia con una serie di governi “inefficienti” e “corrotti” e per questa ragione aveva guardato con favore la comparsa sulla scena politica italiana del movimento fascista. Negli anni Venti il Times invitò l’opinione pubblica britannica a distinguere tra “il fascismo cattivo” degli squadristi e degli esaltati e “il fascismo buono” incarnato da Mussolini. Quest’ultimo – fu questa per qualche tempo la speranza del Times – avrebbe prevalso, dando vita ad un “real Italian Conservative party” (“un vero partito conservatore italiano”). Svanita questa illusione, il Times non esitò a considerare che “for Italy dictatorship /…./ was at present salutary” (“nella situazione attuale una dittura fosse salutare per l’Italia”). Il Times ammirava Mussolini per la sua temerarietà, per la sua capacità di governare e di “fare ordine”. Dopo l’ascesa al potere di Hitler il Times considerò il duce come l’unico statista in grado di “tenere a bada il Fuhrer”. Cfr. R.J.B. BOSWORTH, The British Press, the Conservative, and Mussolini, 1920-’34, in “Journal of Contemporary History”, vol. 5, n. 2, April 1970. Vedi anche par. 5 di questo capitolo.
- • “Un elaborato codice di regolamenti per la difesa della razza è stato emanato oggi dal Gran Consiglio del Fascismo nelle prime ore di questa mattina dopo quasi cinque ore di discussione. L’esame di questi provvedimenti mostra che essi sono più razionali e più rispettosi dei sentimenti altrui che non le prime affrettate misure contro gli ebrei adottate durante questi mesi /…/ danno maggior prova di una sincera preoccupazione per la possibilità che la razza italiana si deteriori a causa dell’eccessivo numero di matrimoni tra razze diverse.” “Anti-Jewish Action in Italy. Harshness Relaxad” in The Times, n. 48120, Oct 8, 1938, p. 12.
- • Il discorso di Trieste fu – come ci informa Sarfatti – “l’unico nel quale il dittatore si soffermò pubblicamente /…/ ed esplicitamente sul razzismo, sugli ebrei e sulla legislazione persecutoria.” Mussolini stesso ne fece preavvertire la stampa straniera, ma, dei giornali qui presi in esame, solo il Times e il Daily Telegraph & Morning Post ne diedero notizia. M. SARFATTI, “Mussolini contro gli ebrei”, cit. pp. 16-17.
- • “Il passo riguardante gli ebrei nel discorso tenuto ieri a Trieste da Mussoli ha rappresentato una nota di moderazione e, per la prima volta, il mondo ha ricevuto una giustificazione comprensibile della politica fascista contro gli ebrei. C’è ragione di credere che il discorso preluda a una serie di dichiarazioni al fine di mitigare la gravità dei decreti antiebraici finora pubblicati.” “Fascism and Jews: A Sign of Moderation.” In The Times, n. 48104, Sept. 20, 1938, p. 11.
- • “Decreti da ghetto” “Duce’s Ghetto Decrees” in Daily Herald, n. 7096, Nov. 11, 1938, p. 1.
- • “Nuove e severe misure contro gli ebrei d’Italia, molto più dure di quelle decise dal Gran Consiglio del Fascismo lo scorso mese, sono state emanate ieri dal Consiglio dei Ministri di Mussolini.” Ibid.
- • R. DE FELICE, op. cit., p. 307.
- • “Sia per fedeltà all’asse Roma-Berlino sia per altri motivi, il governo italiano ritiene comunque corretto e appropriato degradare e ingiuriare gli ebrei in tutti i modi possibili.” “Fascist Abuse of Jews” in The Times, n. 48158, Nov. 22, 1938, p. 13.
- • Tra il 1912 e i primi anni Venti erano andate diffondendosi in Italia, come nel resto d’Europa, le tematiche eugeniche: nate da una semplificazione delle teorie darwiniane, esse svolsero un ruolo non trascurabile nella formazione dell’ideologia razzista in Germania. R. MAIOCCHI, op. cit., pp. 8-10.
- • R. DE FELICE, op. cit., pp. 237-8.
- • Per il testo integrale, ibid., pp. 567-75.
- • Per maggiori dettagli vedi cap. 2, par. 4.
- • Per l’analisi del periodo qui considerato affiancheremo alle notizie riportate dal Times quelle fornite dal Jewish Chronicle, tenendo presente che si tratta di un settimanale pubblicato da e per i membri della comunità ebraica britannica, il cui punto di vista verrà più dettagliatamente preso in esame nel cap. 2.
- • “La propaganda antiebraica dispensata dai quotidiani italiani durante gli ultimi sei mesi sembra avere fatto presa sulle masse ignoranti, ma l’italiano di cultura media non è minimamente antisemita e non trova alcuna giustificazione per il trattamento riservato agli ebrei; ancor meno approva ciò che viene loro fatto in Germania e in Austria, ma non può dirlo apertamente.” “Fascist Abuse of Jews” in The Times, n. 48158, Nov. 22, 1938, p. 13.
- • Vedi anche R. DE FELICE, op. cit., pp. 148; 218; 314-5.
- • “Le misure antiebraiche sono impopolari tra gli italiani e questa impopolarità trova significativa e coraggiosa espressione in un articolo di Ezio Garibaldi sulla sua rivista Camicia Rossa. Il signor Garibaldi è deputato fascita e nipote del gen. Garibaldi; una tale tradizione familiare di patriottismo impone di non mettere da parte con leggerezza la sua condanna.” “Italian and the Jewish Measures” in The Times, n. 48165, Nov. 30, 1938, p. 13.
- • “/…/ il senatore Crispoldi, pur affermando la necessità delle nuove misure, ha lanciato un appello per la moderazione della campagna antiebraica. ‘Il governo – ha detto – dovrebbe cercare di scoraggiare coloro che agendo privatamente inaspriscono la questione razziale e umiliano gli ebrei, dando così alla legge /…/ un carattere diverso da quello che realmente ha e facendo credere che si tratti di vera persecuzione’.” “Exceptional Note” in The Times, n. 48183, Dec. 21, 1938, p. 13.
- • Consiglio degli ebrei contro il fascismo e l’antisemitismo.
- • “Jews May Boycott All Goods From Italy” in Evening Standard, n. 35574, Sept. 6, 1938, p. 13.
- • “Il semi-ufficiale Giornale d’Italia minaccia che gli ebrei italiani si troveranno in una posizione ancora più grave se i loro correligionari all’estero persisteranno in ‘un tale gesto sconsiderato’.” “Boycott of Italian Goods” in J.C., n. 3622, Sept 9, 1938, p. 26.
- • In una notizia della British United Press, riportata dal Jewish Chronicle, si sostenne che “Secondo voci che circolano negli ambienti ufficiali romani, il governo italiano presterà attenzione all’avvertimento degli Stati Uniti /…/ gli ebrei americani saranno esentati dagli effetti della legge. /…/ saranno classificati come residenti temporanei /…/.” “U.S. Warns Duce” in J.C., n. 3627, Oct. 14, 1938, p. 30.
- • “Fino a che punto Mussolini sia disposto ad arrivare dipenderà probabilmente da quanto Chamberlain sarà disposto a convenire con lui su altre questioni. Una sola parola del duce renderebbe meno gravosa per gli ebrei italiani la loro sorte, senza il bisogno di modificare alcuna legge.” “Italy and Jews” in The Times, n. 48198, Jan. 9, 1939, p. 12. Il Jewish Chronicle riferì, alla fine di febbraio (’39), di una promessa fatta da Mussolini all’ambasciatore americano, Phillips, e al primo ministro inglese, Chamberlain, secondo cui avrebbe posticipato la data dell’espulsione. Nel marzo, comunque, molti ebrei furono espulsi anche se, alla fine del mese, il settimanale ebraico rese noto che il governo italiano aveva consentito a coloro che non potevano espatriare di presentare una formale richiesta, chiarendo i motivi per cui non lasciavano il paese e, in attesa di una risposta, aveva concesso loro di restare in Italia. Gli attacchi della stampa e le aggressioni dei militanti fascisti contro gli ebrei per spingerli a espatriare, comunque, continuarono. “Italian Deportation Measures Relaxed” in J.C., n. 3650, March 24, 1939, p. 43; “Foreign Jews in Italy” in J.C., n. 3651, March 31, 1939, p. 30.
- • Uno dei casi di suicidio di cui sia il Times che il Jewish Chronicle si occuparono fu quello del dott. Angelo Fortunato Formiggini, un noto editore ebreo, la cui morte risaliva in realtà al novembre del 1938, ma di cui solo allora fu data notizia. Dal 1918 al 1938 Formiggini era stato direttore della rivista “L’Italia che scrive” e durante gli anni del regime si era battutto per la difesa della libertà di stampa ed aveva proclamato l’indipendenza della propria rivista, ma il mondo dell’editoria fu sottoposto alla costante pressione del fascismo e egli dovette prendere atto della difficoltà di mantenere una posizione autonoma. Chi, come Formiggini, sceglieva di non schierarsi con il fascismo era destinato alla progressiva emarginazione: l’origine ebraica, inoltre, rese la sua posizione del tutto inconciliabile con il regime. Formiggini si tolse la vita gettandosi dalla torre di Modena nel novembre del 1938. “In mano – riportò il Jewish Chronicle – teneva una lettera indirizzata a Mussolini, nella quale esprimeva la speranza che la sua morte avrebbe fatto prendere coscienza al duce dell’ingiustizia fatta agli ebrei italiani /…/.” “Ruin of 20,000 Jews in Italy” in J.C., n. 3640, Jan. 13, 1939, p. 18; G. TORTORELLI, “L’Italia che scrive” 1918-1938. L’editoria nell’esparienza di A.F. Formiggini, Milano, Franco Angeli, 1996, pp. 49-55.
- • “Ancora più tragica della povertà è la disperazione che sta cogliendo gli ebrei e che sta avendo come esito un’ondata di suicidi, in particolare tra gli ufficiali della marina e dell’esercito che /…/ si sono improvvisamente trovati umiliati e degradati. Molti suicidi si rilevano anche tra gli ebrei benestanti, che sono stati espropriati senza compenso.” “Ruin of 20,000 Jews in Italy” in J.C., n. 3640, Jan. 13, 1939, p. 18.
- • “/…/ si dice che migliaia di esuli ebrei stiano vagando esausti per le montagne senza riuscire a entrare in Francia o a ritornare in Italia. Molti profughi che sono riusciti a valicare la frontiera nelle ultime settimane sono stati arrestati. “Another Exodus Begin” in J.C., n. 3649, March 17, 1939, p. 32.
- • “Una lieve mitigazione si nota anche nelle iniziative antisemite. La maggior parte delle insegne fuori dai negozi che dichiaravano l’appartenenza alla “razza ariana” dei proprietari sono state rimosse volontariamente dai negozianti dopo aver notato che la popolazione li boicottava.” “Italian Deportation Measures Relaxed” in J.C., n. 3650, March 24, 1939, p. 43.
- • “Un ulteriore giro di vite nel controllo ufficiale esercitato sulle attività degli ebrei è adombrato nel progetto di legge approvato ieri dal Consiglio dei Ministri che riguarderà la posizione dei professionisti ebrei. “Anti-Jewish Action in Italy Tighter Control” in J.C., n. 48293, May 1st, 1939, p. 16.
- • “Nuove misure contro gli avvocati, gli ingegneri e altri liberi professionisti ebrei sono state decise dal Consiglio dei Ministri italiano. /…/ Quest’ultima imitazione fascista della legislazione nazista difficilmente susciterà entusiasmo nella popolazione, che guarda con indifferenza, o addirittura con ostilità, le stravaganze razziste dei propri capi.” “Purge of Italian Professions” in J.C., n. 3656, May 5, 1939, p. 28.
- • Le restrizioni che riguardarono l’esercizo delle libere prefessioni divennero ufficialmente leggi dello Stato nell’estate del 1939: il R.D.L. n. 1504 del 29 giugno ’39 vietava agli ebrei l’esercizio della professione di notaio e giornalista e imponeva di limitare le proprie prestazioni a medici, ostetriche, commercialisti, ragionieri, ingenieri, ecc. Un altro decreto di quel periodo (R.D.L. n. 1055, 13 luglio ’39) impose, tra l’altro, di riassumere l’originario cognome ebraico. Cfr. M. SARFATTI, 1938. Le leggi contro gli ebrei e alcune considerazioni sulla normativa persecutoria, in La legislazione antiebraica in Italia e in Europa, Roma, Camera dei Deputati, 1989.
- • La stampa britannica, come si è detto, non dedicò più particolare attenzione alla legislazione antiebraica in Italia, solo il Jewish Chronicle continuò a riportare notizie sulla condizione degli ebrei italiani ed è principalmente questa fonte che ci consente di osservare che la politica razziale non diede cenni di moderazione.
- • “Il leader antisemita, Roberto Farinacci, che è un ministro del governo italiano, lamenta sul suo giornale, il Regime Fascista, di aver recentemente trovato sulla stampa estera notizie secondo cui gli ebrei in Italia soffrono a causa della legislazione razziale. A suo parere, gli ebrei in Italia godono di un’ottima situazione finanziaria e le notizie riportate dalla stampa straniera sono scorrette; /…/ gli ebrei in Italia non sono perseguitati, ma al contrario, vengono trattati bene.” “Jews Must deny Persecution – by Order” in J.C., n. 3658, May 19, 1939, p. 28.
- • Abbiamo già accennato al fatto che l’esiguo numero di ebrei in Italia e l’elevato grado di assimilazione avevano fatto sì che non si considerasse la convivenza di ebrei e italiani come un problema.
- • “/…/ il leader italiano, /…/ evitò il conflitto con gli ebrei, con la Chiesa, con interessi di classe di qualunque tipo.” In The Blackshirt, April 1933, cit. in C. CROSS, The Fascists in Britain, London, Barrie & Rockliff, 1961, p.119.
- • O. MOSLEY, Il Fascismo inglese, Roma, Il Borghese, 1973, p. 161. Non è stato purtroppo possibile reperire una copia in lingua originale di questo volume.
- • “Il riferimento a Mussolini era corretto; l’antisemitismo non fece parte del fascismo italiano fino al 1938 quando, sotto l’influenza tedesca, apparve in una forma relativamente blanda.” C. CROSS, op. cit., p.119.
- • Cfr. K. VOYGT, Il rifugio precario, Scandicci (Fi) La Nuova Italia, 1993.
- • Fu redatta personalmente da Mussolini e Ciano, nel suo diario, rivela che il duce stesso la definì “un capolavoro di propaganda antisemita”. R. DE FELICE, op. cit., p. 276.
- • M. SARFATTI, op. cit., P. 17-8; R. DE FELICE, op. cit., p. 276
- • Tra queste ricordiamo Margherita Sarfatti, direttrice, insieme a Mussolini, della rivista Gerarchia, e l’avvocato Ermanno Jarach.
- • L. PASSERINI, Mussolini immaginario, Bari, Laterza, 1991, p. 177.
- • “Italian Measures Against Jews” in The Times, n. 47913, Feb. 8, 1938, p. 14.
- • F. COEN, Italiani ed ebrei: come eravamo. Le leggi razziali del 1938, Genova, Marietti, 1988, p. 35.
- • “Il duce potrebbe iniziare la persecuzione degli ebrei”, “Il passo del duce contro gli ebrei”, “I decreti da ghetto del duce”, “Le drastiche leggi matrimoniali del duce”, “Il duce colpisce nuovamente gli ebrei” in Daily Herald, n. 6994, July 15, 1938, p. 2; n. 6997, July 19, 1938, p. 2; n. 7096, Nov. 11, 1938, p. 1; Daily Telegraph & Morning Post, n. 26006, Oct. 7, 1938, p. 11; Evening Standard, n. 35661, Dec. 16, 1938, p. 1.
- • R.J.B. BOSWORTH, op. cit., pp. 163-ss.
- • “sfaccendati, fannulloni mendicanti”. Ibid, p. 166-7. L’opinione secondo cui quello italiano era un popolo di analfabeti moralmente degradati fu espressa, tra gli altri, da un corrispondente della Review of Reviews il quale sostenne che gli analfabeti in Italia erano 28 milioni. Salvemini in una lettera alla rivista replicò: “Probabilmente il vostro corrispondente ha trovato questa cifra in una delle pubblicazioni diffuse dagli agenti della propaganda fascista. Questi, per esaltare il loro dittatore, descrivono il popolo italiano come ignorantissimo, incapace di autogovernarsi al punto da aver avuto bisogno del manganello fascista per trovare l’equilibrio e ad un tale stadio di degradazione morale da godere dell’intimidazione del bastone fascista. /…./” in G. SALVEMINI, Scritti sul fascismo, vol. II, Milano, Feltrinelli, 1966, p. 389.
- • Bosworth ricorda che il Times nel giugno del 1924 invitò i suoi lettori a non considerare il delitto Matteotti come un episodio di smisurata efferatezza poiché “l’omicidio è più comune (in Italia) che nella maggior parte degli Stati civili”. Ibid., p. 172-3. Nel 1926 il Morning Post sosteneva che “chi ha vissuto in Italia sa bene che in quel paese lo spargimento di sangue è considerato con assai meno rigore che non in Inghilterra /…/”. Art. pubblicato il 23 aprile 1926 e riportato in G. SALVEMINI, “Scritti sul fascismo”, cit.vol. I, p. 199.
- • Vedi cap. 3.
- • Anche all’epoca dell’occupazione di Corfu, nell’agosto del 1923, una parte della stampa britannica aveva manifestato la propria ammirazione per il coraggio e la virilità dimostrati da Mussolini nel modo di condurre la politica estera. Non mancarono, tuttavia, anche espressioni di biasimo perché l’Italia aveva violato le imposizioni del trattato di Versailles e sfidato la Società delle Nazioni.
- • Il Morning Post e il Daily Mail furono insieme al Times i quotidiani che più osannarono la “sconfitta del bolscevismo” da parte di Mussolini. Bosworth ricorda che anche Winston Churchill, in visita in Italia alla fine degli anni Venti, dichiarò in una conferenza stampa che se fosse stato un italiano avrebbe combattuto con i fascisti nella loro “lotta trionfale” contro il leninismo.
- • Salvemini smentì la tesi che avrebbe voluto il fascismo come “soluzione imposta dal pericolo di una rivoluzione bolscevica”. G. SALVEMINI, “Scritti sul fascismo”, cit., pp. 13-31; Id. La polemica sul fascismo, Roma, Ideazione, 1997, p. 15.
- • G. SALVEMINI, “La polemica …”, cit., p. 53-ss.
- • La propaganda fascista inoltre promosse e difese le scelte del governo italiano in politica estera: ad esempio, in occasione della guerra d’Etiopia i fasci mobilitarono la comunità italiana a sostegno dell’intervento militare fascista nell’Africa orientale e contro le sanzioni imposte all’Italia dalla Società delle Nazioni. L’azione propagandistica dei fasci fu in quegli anni coordinata oltre che dal segretario generale dei fasci all’estero, Piero Parini, anche dall’ambasciatore italiano, Dino Grandi. Quest’ultimo in particolare si adoperò per ottenere la collaborazione dei fascisti britannici: i militanti della British Union of Fascists (BUF), il movimento fascista guidato da Oswald Mosley, contribuirono in particolare all’organizzazione di manifestazioni di piazza e al volantinaggio in strada L. GOGLIA, La propaganda italiana a sostegno della guerra contro l’Etiopia svolta in Gran Bretagna nel 1935-’36, in “Storia contemporanea”, a. XV, n. 5, ott. 1984, pp. 893-6.
- • L. PASSERINI, op. cit., p. 130.
- • Ibid., pp. 61-ss. L’identificazione uomo-regime emerge ancora con evidenza dalle parole che Winston Churchill rivolse al popolo italiano il 23 dicembre 1940, quando ormai l’Italia, nonostante gli appelli inglesi, era entrata in guerra al fianco della Germania: “One man, and one man only, was resolved to plunge Italy after all these years of strain and effort in the whirlpool of war.” (Uno ed un solo uomo era deciso a trascinare l’Italia, dopo tutti questi anni di fatiche e di sforzi, nel vortice della guerra.) Discorso radiotrasmesso di W. Churchill al popolo italiano, riportato in M. GILBERT, Winston S. Churchill. Finest Hour 1939-’41, London, Heinemann, 1983, pp. 960-1.
- • Cfr. M. MANCINI, La politica internazionale del laburismo inglese nella seconda metà degli anni Trenta (marzo 1936-settembre 1939), in “Storia contemporanea”, a. XI, 1984, p. 785.
- • “La Germania è il partner predominante all’interno dell’Asse. L’Italia è al secondo posto, rumorosa e piuttosto inquieta: strepita ed incede impettita per convincere il mondo che è tanto importante quanto la sua compagna, ma in nessun modo le riesce di convincere sé stessa.” “After Rome? It Is Still Hitler” in Daily Herald, n. 7158, Jan. 24, 1939, p. 8.
- • L. PASSERINI, op. cit., p. 167.
- • Secondo Mac Gregor Knox quello di mediatore era il ruolo favorito di Mussolini. M.G. KNOX, La guerra di Mussolini, Roma, Ed. Riuniti, 1984, p. 53.
- • “/…/ l’impressione è che, durante il colloquio, la parte del leone sia andata ad Hitler, che vuole conoscere esattamente la posizione del proprio alleato in merito all’accordo anglo-italiano e alle conversazioni franco-italiane. Una delle questioni che, si sa, lo preoccupa è se la Germania possa ancora contare sul totale appoggio dell’Italia per le proprie rivendicazioni coloniali. Un’altra è: quali sono le intenzioni di Mussolini riguardo alla Spagna? Il duce pensa forse di ritirarsi per far piacere al suo nuovo amico inglese, o sta semplicemente ingannando Downing Street?” “Hitler Tells Duce:‘What I Want’.” In Daily Herald, n. 6933, May 5, 1938, p. 2.
- • “Fascist Leaders Race” in Daily Herald, n. 6982, July 1st, 1938, p. 2.
- • “I guai iniziarono quando Mussolini impose ai leader fascisti di essere atletici” “Duce Makes Them Jump” in Daily Herald, n. 6983, July 2, 1938, p. 2.
- • “Più vicino ai sessanta che ai cinquanta, calvo come il vero Cesare alla sua stessa età, Mussolini è ancora il primo a dare l’esempio di una vita attiva, pilotando il proprio aereo, guidando la propria macchina e cogliendo ogni occasione per marciare e persino per correre a capo di un battaglione e si fa fotografare mentre fa tutto ciò.” C.J.S.S. “Italy:1938. The Duce Elder Statesman” in Manchester Guardian, n. 28639, July 5, 1938, p. 11.
- • Il Manchester Guardian pubblicò, tra il 5 e l’8 luglio del 1938, quattro articoli nei quali l’inviato speciale C.J.S.S., reduce da una visita in Italia, raccontava le sue impressioni sul duce e sul fascismo.
- • “Mussolini ha raggiunto, in Italia, una progressiva trascendenza. Solo in qualità di Primo Maresciallo accetta di condividere insieme al re una carica con un altro uomo, ricordando forse che gli imperatori accettarono come consoli /…/ l’associazione con gli eredi di famiglie illustri. /…/ questo Cesare è stato capace, nel 1938, di sopportare amare delusioni senza apparire umiliato. /…/ Mussolini non viene biasimato per non essere riuscito a ristabilire l’allineamento di ‘Stresa’, poiché con la loro politica delle sanzioni la Gran Bretagna e la Francia hanno mostrato tendenze ancora più pericolose di quelle della Germania. /…/ Il fondatore dell’impero, dunque, ha ancora la fiducia della gente quando afferma di acconsentire, per la pressione degli eventi, all’abbraccio della Germania.” C.J.S.S. “Italy:1938. The Duce Elder Statesman” in Manchester Guardian, n. 28639, July 5, 1938, p. 11.
- • Nell’ultimo dei quattro articoli sull’Italia, pubblicati dal Manchester Guardian, l’autore sottolineò che gran parte della popolazione italiana disapprovava l’intervento italiano in Spagna, perché questo implicava ulteriori sacrifici economici, dopo quelli già sostenuti per la conquista dell’Impero, e aggravava le difficoltà dovute agli scarsi raccolti del 1938. C.J.S.S. “Italy: 1938. In Search of a Partner” in Manchester Guardian, n. 28642, July 8, 1938, p. 11.
- • “Arbitro dei destini di entrambe le fazioni in lotta.” Ibid.
- • “/…/ Mussolini, che è riuscito a conciliare la sua onnipotenza nazionale con la sopravvivenza della dinastia dei Savoia e della Sede di Pietro, eviterebbe qualunque grossolano attacco all’indipendenza nazionale delle grandi nazioni europee. Egli ha il buon senso di rispettare l’Impero britannico tanto quanto la dinastia dei Savoia, e il Terzo Reich quanto il Vaticano.” Ibid.
- • “/…/ Mussolini sembra rimanere attaccato alla speranza che il partner dell’Asse mantenga le distanze e gli permetta, nella sfera di irradiazione dell’Italia, di brillare solitario in qualità di creatore della nuova romanità /…/.” Ibid.
- • L. PASSERINI, op. cit., p. 178.
- • “Mussolini ha agito come avevamo previsto. Invidioso del successo del suo compagno dell’Asse, desideroso di porsi dinnanzi a sé stesso, al suo popolo e al mondo come il Cesare e il conquistatore, ha scagliato le sue truppe, le sue navi, e i suoi aerei all’improvviso contro un pacifico vicino. /…/ La vanità del Duce ha bisogno di un trionfo diplomatico e militare.” “The Duce Unmasks” in Daily Herald, n. 7222, April 8, 1939, p. 8.
- • “Il più piccolo ed il più debole dei suoi vicini”. Ibid.
- • D.C. WATT, Gli accordi mediterranei anglo-italiani del 16 aprile 1938, in “Rivista di Studi Politici Internazionali”, a. XXVI, n. 1, gen.-mar. 1959, p. 75.
- • “D’ora in poi l’Italia fascista, per propria scelta, ha dimostrato, al di là di ogni dubbio o cavillo, di essere una potenza nella cui parola e nella cui buona fede, non è possibile riporre alcuna fiducia.” “The Duce Unmasks” in Daily Herald, n. 7222, April 8, 1939, p. 8.
- • “Mussolini si sta stancando, sta perdendo il controllo della politica e dell’amministrazione, se ne sta rilassato e lascia che siano i suoi luogotenenti a fare il lavoro. /…/ Pochi uomini avrebbero potuto sopportare lo sforzo così a lungo. Nemmeno il fisico e la vitalità di Mussolini l’avrebbero sopportato illimitatamente.” W.N. EWER, “Musso Is Losing His Grip” in Daily Herald, n. 7279, June 14, 1939, p. 8.
- • “Quel Mussolini era entusiasta, in forma, agile. /…/ occhi vivaci, muscoli robusti, capace – lo si intuiva – di qualunque sforzo. Un uomo energico e determinato. Il Mussolini dello scorso gennaio era, al confronto, fiacco. Sembrava invecchiato molto più che di quattro anni, la pelle non era più così chiara, la mascella cadente. /…/ l’andatura agile era diventata ondeggiante. /…/ La differenza era quella tra un uomo in costante allenamento e uno piuttosto ozioso.” Ibid.
- • Come è noto, Galeazzo Ciano era il genero del duce, nonché ministro degli Esteri; Achille Starace era il segretario del Partito Fascista; Dino Alfieri era a capo del Ministero della Cultura Popolare.
- • “Egli ha ancora degli accessi della vecchia energia e del vecchio ardore. In ultima istanza è la sua parola ad essere decisiva. Ma non è più, come una volta, un dittatore a tempo pieno. /…/ Galeazzo Ciano, Achille Starace, Dino Alfieri. Sono questi i tre uomini che dirigono la politica oggi: i tre uomini – dicono i romani sottovoce – che stanno stanno facendo dell’Italia una colonia tedesca.” W.N. EWER, “Musso Is Losing His Grip” in Daily Herald, n. 7279, June 14, 1939, p. 8.
- • D. BOLECH CECCHI, L’accordo di due Imperi, Milano, A. Giuffrè, 1977, pp. 9-13. Poco dopo la firma del Gentlemen’s Agreement (2 gennaio 1937), l’Italia aveva intrapreso un’offensiva propagandistica contro la Gran Bretagna, che si proponeva oltre che di screditare la Gran Bretagna, anche di infiammare il nazionalismo arabo e i ribelli palestinesi. Vedi D.C. WATT, op. cit., p. 62.
- • Cfr. E. ORTONA, La caduta di Eden, in “Storia contemporanea”, a. XVI, n. 3, giu. 1984, pp. 477-ss.
- • Fu sottosegretario agli Interni (1924-’25), sottosegretario prima e ministro poi agli Esteri ed infine ambasciatore a Londra (1932-’39). In particolare tra il 1937 e il ’38 si impegnò in prima persona per instaurare buone relazioni tra Gran Bretagna e Italia: i suoi interventi furono determinanti sia in occasione dell’accordo anglo-italiano del 16 aprile ’38 sia per la partecipazione di Mussolini alla conferenza di Monaco del settembre successivo. Cfr. E. ORTONA, op. cit, pp. 477-80; L. GOGLIA, op. cit., pp. 850-3.
- • D.C. WATT, op. cit., p. 69.
- • Non mancarono, comunque, motivi di dissenso anche tra Halifax e Chamberlain, dovuti per lo più al fatto che quest’ultimo agiva spesso senza consultare il proprio Ministro degli Esteri e si faceva carico di decisioni che spettavano al Foreign Office. Cfr. D. BOLECH CECCHI, op. cit., p. 177.
- • “Italian Press and Great Britain. More Amicable Tone” in The Times, n. 47919, Feb. 15, 1938, p. 13; “Italy and Great Britain. A Double Policy of Insurance” in The Times, n. 47924, Feb. 21, 1938, p. 13. Il 12 febbraio a Berchtesgaden Hitler sancì la completa nazificazione dell’Austria a cui un mese dopo (13 marzo) farà seguito l’annessione. D. BOLECH CECCHI, op. cit., p. 31.
- • “/…/ il Duce può anche pensare più seriamente di prima all’amicizia con la Gran Bretagna in questo frangente, ma immaginare, come hanno fatto alcuni, che egli metterebbe a repentaglio l’asse Roma-Berlino per difendere il desiderio di indipendenza dell’Austria sarebbe un grande errore.” “Italy and Great Britain. A Double Policy of Insurance” in The Times, n. 47924, Feb. 21, 1938, p. 13.
- • “Nelle ultime settimane abbiamo preso parte a conversazioni /…/ con il governo italiano, con il risultato che una nube di diffidenza e incomprensione è stata spazzata via. Oggi c’è la speranza di ristabilire quelle relazioni amichevoli che, fino alla recente rottura, erano durate tanto a lungo da diventare quasi tradizionali tra i nostri due paesi.” “Friendship With Italy” in The Times, n. 47965, April 9, 1938, p. 17.
- • D. BOLECH-CECCHI, op. cit., p. 79-80.
- • “L’accordo anglo-italiano firmato a Roma sabato sera, è stato accolto con favore in tutte le nazioni europee /…/. Le basi per i buoni rapporti nel Mediterraneo, nel Canale di Suez e nel Mar Rosso sono state ristabilite. Tutte le difficoltà e i nuovi problemi che, negli ultimi due anni, sono sorti a separare i due paesi sono stati affrontati /…/ Inoltre, quei problemi che avrebbero potuto insorgere sono stati anticipati ed è stato raggiunto un accordo.” “A Foundation of Friendship” in The Times, n. 47972, April 18, 1938, p. 10.
- • “Un punto su cui i commentatori si preoccupano di insistere è che il nuovo accordo con la Gran Bretagna non indebolisce in alcun modo l’unione tra l’Italia e la Germania. /…/ Il signor Gayda fa notare che il nuovo accordo di Roma non rappresenta un cambiamento di direzione nella politica italiana.” “England and Germany” in The Times, n. 47970, Apr. 16, 1938, p. 12.
- • “La cordiale accoglienza riservata da Ciano alla proposta del governo francese secondo cui è il momento adatto per un accordo sulle divergenze rimaste in sospeso ha suscitato qui un’ottima impressione, e c’è un senso /…/ di sollievo generale perché alla fine si è rotto il ghiaccio” “France and Italy” in The Times, n. 47974, Apr. 21, 1938, p. 12.
- • 3-10 maggio 1938.
- • Dal discorso di Mussolini a Genova del 14 maggio 1938 citato da D. BOLECH-CECCHI; op. cit., pp. 97-ss.
- • R. QUARTARARO, Inghilterra e Italia. Dal Patto di Pasqua a Monaco, in “Storia Contemporanea”, a. VII, n. 4, dic. 1976, pp. 615-16.
- • Hitler reclamava l’annessione dei Sudeti tedeschi.
- • D. BOLECH CECCHI, op. cit., p. 164.
- • “/…/ ha fatto riferimento nei suoi discorsi alla crisi europea e in primo ed in ultimo luogo le sue osservazioni hanno dato importanti indicazioni sull’atteggiamento dell’Italia. Ha affermato più esplicitamente di quanto avesse fatto in precedenza che l’Italia affiancherebbe la Germania in caso di un conflitto europeo e che, anche se non ha finora adottato speciali precauzioni militari, lo farà se gli altri paesi continueranno i loro preparativi” “Duce Takes His Stand” in The Times, n. 48109, Sept. 26, 1938, p. 11.
- • “Mussolini ha detto che tutti devono apprezzare gli sforzi di Chamberlain per trovare un soluzione al problema /…/ così come la pazienza ‘finora’ dimostrata dalla Germania” “Duce’s Hope of Peace” in The Times, n. 48110, Sept. 27, 1938, p.11.
- • Un primo incontro per discutere della questione dei Sudeti si era già tenuto il 15 settembre a Berchtesgaden.
- • Se il Premier britannico decise solo allora di chiedere la collaborazione di Mussolini fu perché “Londra era convinta a priori che Mussolini, irritato per quel riconoscimento imperiale che non veniva mai, avrebbe preso le parti di Hitler nei Sudeti.” R. QUARTARARO, op. cit., p. 630.
- • “/…/ si ha la sensazione che se c’è qualcuno che può salvare la situazione all’ultimo momento influenzando Hitler, quel qualcuno è il suo partner nell’Asse Roma-Berlino, e si ritiene che la situazione sia ora entrata in una nuova fase. Certamente il ruolo di mediatore nelle circostanze attuali è molto congeniale a Mussolini, e si può contare sul fatto che farà tutto il possibile per salvare la pace.” “Duce on the Way to Munich” in The Times, n. 48112, Sept. 29, 1938, p. 12.
- • D. BOLECH-CECCHI, op. cit., p. 181.
- • “L’orgoglio per il ruolo predominante che Mussolini ha avuto nel salvare la pace in Europa è naturalmente il primo dei loro (rif. alle folle italiane) pensieri, ma l’espressione di questo sentimento è costantemente legata a parole di cordiale elogio per gli instancabili ed imperterriti sforzi di Chamberlain” “Italy’s Pride” in The Times, n. 48114, Oct. 1st, 1938, p. 11.
- • “/…/ si è rinnovata la speranza che la soluzione in Cecoslovacchia possa portare a una soluzione in Spagna, dalla quale dipende l’accordo anglo-italiano. /…/ C’è ragione di credere che sia Mussolini che il generale Franco avvertano che si stia avvicinando il momento in cui la mggior parte del contingente italiano potrà essere ritirato, e una simile azione accrescerebbe la buona accoglienza che già è stata data all’atteggiamento mediatore di Mussolini nei confronti della Cecoslovacchia.” “Hope of a Spanish Settlement” in The Times, n. 48113, Sept. 30, 1938, p. 12.
- • L. CREMONESI, “Wistrich: ‘La commissione del Vaticano? Una farsa’.”, in Corriere della Sera, 26 ott. 1999, p. 35.
- • Come nota Miccoli: “/…/ sarebbe profondamente errato considerare la Curia come un blocco monolitico. /…/ non mancavano sfumature e giudizi diversi /…/”. E’ anche vero, però, – sostiene Miccoli – che questi giudizi diversi si contraddistinsero “per il loro silenzio, restando pressochè senza tracce nella documentazione scritta.” G. MICCOLI, “Santa Sede, questione ebraica …” cit., pp. 1423-24.
- • Ricordiamo al proposito l’affermazione di Bernardini: “In not opposing Fascist anti-Semitism after 1939 the papacy merely fulfilled a long-standing tradition in the Church, one of peaceful but efficaciuos defence /…/ against the religious and moral danger of modern society threatened by Judaism.”(“Non opponendosi all’antisemitismo fascista dopo il 1939 il papato ha semplicemente obbedito ad una antica tradizione, quella di pacifica ma efficace difesa /…/ dal pericolo religioso e morale di una società minacciata dal giudaismo.”). G. BERNARDINI, The Origin and Development of Racial Anti-Semitism in Fascist Italy, in M.R. MARRUS (ed.) The Nazi Holocaust, Westport-London, Merkler, vol. 1, 1989, p. 222.
- • G. MICCOLI, op. cit.,pp. 1374-79.
- • Ibid., p. 1561.
- • R. DE FELICE, “Storia degli ebrei…”, cit. p. 295.
- • Vedi cap. 2, par. 3.4.
- • Secondo Spinosa, però, “Pio XI condannava l’antisemitismo razziale in quanto contrario alla dottrina cristiana, e non in quanto conduceva a una legislazione politica antisemita” inoltre “/…/ si limitò a ‘condannare il razzismo’ con encicliche e allocuzioni, provvedimenti che rimangono sempre in un ambito ristretto e non giungono alle masse” A. SPINOSA, Le persecuzioni razziali in Italia. L’atteggiamento della Chiesa ne “Il Ponte”, 1952, pp. 1085; 1088.
- • G. MICCOLI, op. cit., p. 1572.
- • Ibid., pp. 1568-69.
- • R. DE FELICE, op. cit., p. 292.
- • Pochi giorni dopo la pubblicazione del Manifesto degli scienziati, un articolo apparso su La Civiltà Cattolica metteva in evidenza le differenze tra il razzismo tedesco e quello italiano e precisava che “il fascismo italiano non vuole confondersi con il nazismo o il razzismo tedesco intrinsecamente ed esplicitamente materialistico ed anticristiano” (6 agosto 1938). Ibid., p. 292-3.
- • A. SPINOSA, op. cit., p. 1081.
- • S. SOAVE- P.G. ZUNINO, La Chiesa e i cattolici nell’autunno del regime fascista in “Studi Storici”, a. XVIII, n. 3, lug.-set. 1977, p. 79-80.
- • “Le forme estreme di nazionalismo sono state condannate con parole eccezionalmente dure dal Papa ieri in un discorso ad un gruppo di suore francesi /…/. Difficilmente può sfuggire all’attenzione il fatto che la dichiarazione del Pontefice segua di poco l’adozione semi-ufficiale da parte del partito fascista di un’idea limitata di nazionalismo molto simile a quello professato in Germania.” “Curse of Extreme Nationalism” in The Times, n. 48049, July 18, 1938, p. 11.
- • “Il nazionalismo e il razzismo esagerati sono stati ancora una volta attaccati dal Papa come “non cristiani” e “inumani”, in un discorso ad un gruppo di insegnanti provenienti da tutta l’Italia, ieri a Castel Gandolfo. L’attacco è particolarmente significativo perché il razzismo è appena stato adottato come linea politica del Partito Fascista.” “Italy” in Daily Herald, n. 7000, July 22, 1938, p. 2.
- • “Il Vaticano sta contrastando la nuova politica razziale. Le riviste parrocchiali distribuite questo mese in tutte le parrocchie romane fanno riferimento ai mali del razzismo e affermano che esso è il seme dell’odio e della guerra. Sembra che l’opposizione del Papa al razzismo possa causare una nuova disputa con Mussolini.” “Racial Policy in Italy” in Daily Telegraph and Morning Post, n. 25943, July 23, 1938, p. 11.
- • “Il Papa /…/ ha nuovamente attaccato la recente campagna razziale dell’Italia. /…/ Egli ha chiesto perché l’Italia abbia copiato la Germania in una tanto infelice iniziativa” “Italy’s Race Campaign. Pope Outspoken” in Manchester Guardian, n. 28661, July 30, 1938, p. 2.
- • “Colui che colpisce il Papa muore. Queste drammatiche parole di un antico proverbio sono state usate da Pio XI ieri, quando ha lanciato un altro severo attacco alla nuova politica antiebraica del fascismo italiano.” “Pope’s Grave Words to Duce” in Daily Herald, n. 7007, July 30, 1938, p. 2.
- • “Questa è la terza volta /…/ che il Papa fa riferimento all’argomento (razzismo) e oggi il suo discorso contiene la più energica condanna che egli abbia mai pronunciato contro le nuove teorie razziali.” “Pope Attacks Racialism” in The Times, n. 48060, July 30, 1938, p.11.
- • “Mussolini ha sfidato il Papa ad un aperto contrasto tra il fascismo e la Chiesa Cattolica Romana annunciando stamane la sua intenzione di continuare la campagna razziale italiana.” “Duce Replies to the Pope” in Manchester Guardian, n. 28662, Aug. 1st, 1938, p. 2.
- • “Mussolini ha detto: ‘Voi dovete sapere e tutti devono sapere che nella questione della razza noi tireremo dritto. Dire che il fascismo ha imitato qualcuno o qualcosa è semplicemente assurdo’. /…/ L’Italia fascista non intende minimamente deviare dalla politica che ha intrapreso.” “Fascism and Race” in The Times, n. 48061, Aug. 1st, 1938, p. 9.
- • Affermazioni simili si ritroveranno anche nel discorso che Mussolini tenne a Trieste il 18 settembre successivo, nel quale, inoltre, egli sostenne che il problema razziale in Italia non era esploso improvvisamente, ma aveva sempre fatto parte della politica fascista. Per quanto riguardava le misure antiebraiche, il duce ne ribadiva la necessità data la palese ostilità dimostrata dell’ebraismo verso il fascismo. Cfr. “Duce Defends Jewish Policy” in Daily Telegraph and Morning Post, n. 25990, Sept. 19, 1938, p. 9; M. SARFATTI, Mussolini contro gli ebrei, cit. p. 17.
- • Per quanto rigurda la preoccupazione di Mussolini di tenere conto delle esigenze della Chiesa vedi anche G. MICCOLI, Santa Sede e Chiesa italiana di fronte alle leggi antiebraiche del 1938, in Legislazione antiebraica in Italia e in Europa. Atti del Convegno nel cinquantenario delle leggi razziali (Roma, 17-18 ott. 1988), Roma, Camera dei Deputati, 1989, p. 187-90.
- • “La pace è stata fatta tra Papa e il Duce dopo la controversia sull’adozione dell’antisemitismo da parte del fascismo italiano. E il prezzo (riferisce Exchange) è una grande concessione da parte del Papa /…/ ‘l’Azione Cattolica non si occupa di alcun tipo di attività politica’. /…/ Il Partito Fascista italiano ha riaperto le iscrizioni ai dirigenti del Movimento dell’Azione Cattolica /…/. Questa concessione completa il recente accordo annunciato tra il Partito e l’Azione Cattolica, che pone fine a un’ostilità che stava diventando via via più accanita”. “Pope-Duce Pact” in Daily Herald, n. 7026, Aug. 22, 1938, p. 2; “Italy” in Daily Herald, n. 7029, Aug. 25, 1938, p. 2.
- • “/…/ Fascist minds have once again confused the task of Church with the restricted field represented by the activities of the Catholic Action Movement /…/” (“/…/ le menti fasciste hanno confuso ancora una volta il ruolo della Chiesa con il ristretto ambito rappresentato dalle attività del movimento dell’Azione Cattolica /…/.” “Pope and Catholic Action” in The Times, n. 48085, Aug. 29, 1938, p. 11. Miccoli ricorda che “per tutta la prima metà del 1938, fino agli accordi di massima conclusi in agosto tra Santa Sede e regime, la propaganda antisemita /…/ si intrecciò di fatto con la crescente pressione locale nei confronti dell’Azione Cattolica.” G. MICCOLI, “Santa Sede e Chiesa italiana…”, cit.p. 185.
- • Cfr. “Latin Conflict” in The Times, n. 48061, Aug. 1st, 1938, p. 9.
- • È opinione di Miccoli che, di fatto, con l’accordo del 16 agosto la Santa Sede accolse il principio che il governo assumesse misure discriminatorie nei confronti degli ebrei, ma che, tuttavia, continuarono ad esistere nel mondo cattolico punti di vista e orientamenti differenti in merito all’antisemitismo. G. MICCOLI, “Santa Sede e Chiesa italiana…”, cit.p. 187.
- • “/…/ In riferimento all’accusa mossa dai fascisti secondo cui i sacerdoti interferirebbero in questioni politiche, il Papa ha concluso: ‘La nostra politica segue questo motto: Per il bene comune. È una menzogna, un’orribile ed ostinata menzogna, asserire che la Santa Sede e il Papa si occupino di altre questioni che non la gloria di Dio e il bene comune.” “Stir in Vatican at Pope’s Speech” in Daily Herald, n. 7079, Oct. 22, 1938, p. 5.
- • “Egli affermò che l’atteggiamento della Chiesa cattolica verso gli ebrei era stato nel corso dei secoli sempre ostile, e si chiese: ‘Perché ora essa mostra compassione?” /…/ Egli concluse mettendo in guardia la Chiesa dall’immischiarsi in questioni politiche che riguardavano esclusivamente il fascismo.” “Fascist Warning to Catholic Church” in The Times, n. 48147, Nov. 9, 1938, p. 13.
- • Vedi par. 3.
- • “indurre il governo italiano ad astenersi dall’emanare una legge contro i matrimoni tra gli italiani ariani e i non ariani /…/”. “Italian Mixed Marriages: Pope’s Protest to the New Law” in The Times, n. 48152, Nov. 15, 1938, p. 13.
- • R. DE FELICE, “Storia degli ebrei…”, cit. p. 294.
- • “Italian Archibishop on Racial Heresy” in The Times, n. 48154, Nov. 17, 1938, p. 13.
- • “Fascist Attack on Church” in The Times, n. 48192, Jan. 2, 1939, p. 13.
- • “La crescente irritazione dei fascisti contro la Chiesa per il suo atteggiamento verso la politica razziale trova violenta espressione in un articolo pubblicato da Farinacci sul suo giornale Il Regime Fascista. /…/ Farinacci avverte la Chiesa di non eccedere (in questo atteggiamento) altrimenti ci sarà una legittima reazione.” Ibid.
- • “/…/ il Jewish Board non dimenticherà mai l’atteggiamento coraggioso e generoso adottato dal Papa in difesa della libertà degli ebrei e della dignità umana e la protezione da lui accordata a innumerevoli vittime della persecuzione razziale.” “Jewish Board: Defender of Liberty” in The Times, n. 48227, Feb. 11, 1939, p. 11.
- • “La Chiesa è minacciata dalle nuove dottrine razziali, dalla nuova filosofia dei dittatori, dalle pretese dello Stato totalitario. Pio XI è vissuto fino ad udire il rumoreggiare della bufera e a levare una voce di ammonimento contro i nuovi iconoclasti. /…/ l’inchiostro del Patto di Riconciliazione tra Chiesa e Stato è appena asciugato che già quel Patto è minacciato dalla recente emulazione da parte di Mussolini delle dottrine razziali di Hitler e dal crescente anticlericalismo del Partito Fascista.” G. SLOCOMBE, “The New Pope’s Dilemma” in Evening Standard, n. 35723, March 1st, 1939, p. 7.
- • “Un nemico implacabile del nazional-socialismo e il rappresentate di una generazione morbosa e di una borghesia moribonda.” “New Pope Hated by Hitler and Mussolini” in Daily Herald, n. 7191, March 3, 1939, p. 1.
- • “Dalla morte di Pio XI è stato chiaramente detto che di tutti i papabili /…/ l’allora Cardinale Segretario di Stato era il più inaccettabile per il Fuhrer e per il duce. Articoli ispirati dall’alto apparsi sulla stampa italiana lo mettevano nella lista degli “inaccettabili”. Non v’è dubbio che a Roma e a Berlino era stato dato per scontato che queste espressioni di malcontento sarebbero bastate a prevenire la sua elazione.” Ibid.
- • “A Berlino la prima reazione alla notizia dell’elezione del Cardinal Pacelli è di sorpresa e preoccupazione. Tre settimane fa il Papa fu generalmente descritto sulla stanmpa tedesca come l’uomo che dal 1930, da quando cioè fu nominato Segretario di Stato di Pio XI, ha esercitato la sua influenza per mettere l’ex Pontefice contro gli Stati autoritari. /…/ il Cardinal Pacelli veniva indicato dalla stampa tedesca come il prototipo di “politico” la cui elezione al Pontificato non sarebbe gradita al Terzo Reich.” “The World and the Pope” in The Times, n. 48244, March 3, 1939, p. 14.
- • Gli studiosi non negano, comunque, che i cattolici e la Chiesa mostrarono solidarietà e in vari casi contribuirono a salvare molti ebrei dalle deportazioni: spesso, per evitare che gli ebrei fossero costretti all’espatrio, le conversioni furono concesse senza grandi difficoltà e retrodatate in modo da rientrare nei limiti richiesti dalla legislazione fascista