Il regista franco polacco, assente al Lido, non ha reagito alla dichiarazione di Martel. Il film è rimasto in gara ed è una bellissima pellicola in costume che racconta l’affare Dreyfus che è lo scandalo giudiziario francese più importante del 19esimo secolo: la storia di un tenente ritenuto ingiustamente spia dei tedeschi. Un manifesto di chi si sente perseguitato, con cui Polanski ha parlato anche di sé
Naturalmente lui, Roman Polanski, il primo accusato, in conferenza stampa non c’era . Ma il suo bellissimo film, “J’accuse”, sul caso Dreyfus è rimasto in concorso nonostante le polemiche. Allontanato il timore di dover ritirare il film dopo la dichiarazione della presidente della giuria Lucrecia Martel, ora rimane solo il giudizio sull’opera, mentre il regista franco polacco rimane in Svizzera ed è ancora ricercato dalla polizia statunitense per la violenza ai danni di una minore perpetrata nel 1977.
“J’accuse” racconta la storia di Alfred Dreyfus, il capitano dello stato maggiore francese ebreo, condannato ingiustamente per alto tradimento. Inizia nel 1895, quando il capitano Dreyfus, ben interpretato da Louis Garrel, viene pubblicamente degradato, dopo essere stato condannato come spia dei tedeschi. Deportato nell’Isola del Diavolo, persa nell’Oceano Atlantico, costretto a dormire immobile, con i piedi fermati da un ferro, Dreyfus si dichiarerà per sempre innocente.
Tutti lo demonizzeranno, anche l’ufficiale Georges Picquart (un eccellente Jean Dujardin), che inizia a vedere le cose diversamente quando viene nominato capo dei servizi segreti. Poiché le informazioni, nonostante l’isolamento di Dreyfus, continuano ad arrivare alla Germania, Picquart comincia ad indagare per proprio conto, senza fare affidamento sui sottoposti. Scoprirà una fitta rete di inganni e corruzioni, il cui capro espiatorio perfetto è Dreyfus, soprattutto in quanto ebreo, in una crescente ondata di antisemitismo.
“J’accuse” è un film in costume intenso, con una sceneggiatura incalzante, nonostante la difficoltà del materiale storico affrontato. La fotografia di Pawel Edelman conferisce una speciale luce a tutto il contesto e la recitazione degli attori, dai principali ai secondari, prime file ministeriali e dell’esercito, ineccepibile.
In conferenza stampa uno dei due produttori, Luca Barbareschi, che ha anche una piccolissima parte nel film, ha voluto sgombrare subito il campo dalle polemiche spiegando che Venezia non è “un tribunale morale ma una meravigliosa mostra del cinema che esalta l’arte libera”. A stemperare l’atmosfera è stato Louis Garrel, che ha scherzato sulla calvizie del suo personaggio. “Mi ha lasciato senza capelli e mi ha lasciato l’amore per i miei capelli”. Poi facendosi più serio ha commentato, parlando sempre in italiano. “Conoscevo questa storia, perché è il fatto contemporaneo francese più importante degli ultimi tempi, ma non conoscevo la figura di Picquart. “J’accuse” è un thriller appassionato. Roman mi ha presentato una discendente di Dreyfus, che mi ha raccontato che i suo parenti sono stati deportati, in quanto ebrei, durante la Seconda guerra mondiale. E’ un terribile capitolo della vicenda francese”. Polanski nelle note di regia ha dichiarato “E’ lo scandalo più clamoroso del 19esimo secolo… Rimane ancora oggi un simbolo dell’iniquità di cui sono capaci le autorità politiche, nel nome degli interessi nazionali”.
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