Se, quando sarai entrato nel paese che l’Eterno tuo Dio ti sta per dare, ne avrai preso possesso e vi abiterai, dovessi dire: ‘Voglio costituire su di me un re come tutte le nazioni che mi circondano’. (Deuteronomio 17:14).
Tra i precetti del brano della Torà di questa settimana, troviamo quello che riguarda il re d’Israele. In particolare, la Torà impone al prescelto re tre restrizioni: 1. non dovrà aumentare il numero dei suoi cavalli (per non far tornare il popolo in Egitto a causa della volontà di incrementare il possesso di cavalli); 2. non deve sposare troppe mogli (per non traviare il suo cuore); 3. non accumulare troppa ricchezza.
Nonostante questo divieto, un grande re come Salomone non seguì scrupolosamente la prescrizione di non sposare molte mogli. Perché Salomone si permise una deroga ad una norma fondamentale della Torà?
Se ragioniamo con attenzione su questi divieti, il comune denominatore che ne sta alla base, è la protezione del cuore del re, “affinché non sia traviato” a causa dei piaceri materiali e si allontani dal Signore. Tuttavia Salomone, in forza della sua saggezza, era sicuro di rimanere integro e sentì che a lui fosse concessa l’eccezione della regola e quindi poteva sposare un gran numero di donne in base alle sue scelte anche di motivo politico.
Al riguardo, il Midrash, racconta una storia: la lettera “yod”, la prima lettera della parola yarbe/aumenti (cavalli, mogli, ricchezze), si presentò dal Signore per protestare per la trasgressione di Salomone e disse: “Non hai promesso che non una sola lettera della Torà sarà mai cancellata? E ora Salomone mi ha portato fuori dalla Torà!
Cosa significa questo racconto? Perché è stata proprio questa lettera a esprimere una protesta e non le altre della stessa parola?
Rabbì Mordechai Atia (1898-1978) spiega che la lettera “yod”, la decima lettera dell’alfabeto ebraico, per molti aspetti è estremamente significativa ma, in questo caso, lo è per la sua funzione grammaticale. Questa lettera, posta prima di un verbo coniugato al passato, lo trasforma in futuro. Per fare un semplice esempio: se alla parola אמר / amar /ha detto, anteponiamo la lettera yod, otteniamo la parola יאמר / yomar / dirà.
La funzione grammaticale della lettera “yod”, spiega il motivo della protesta raccontata dal midrash: la lettera “yod” era preoccupata per il futuro. Pur comprendendo che Salomone sarebbe rimasto integro, la protesta della “yod” voleva sollevare il problema che i re delle generazioni successive, molto meno retti e saggi di lui, se avessero seguito l’esempio di Salomone, avrebbero provocato grandi danni. E la storia dello scisma del regno d’Israele culminata con la distruzione del Tempio di Gerusalemme e l’esilio del popolo ebraico, ne danno ampia dimostrazione.
Questo Midrash pone l’accento su una questione di vitale importanza: meditare su come le nostre scelte possono influenzare il nostro futuro, sia come singoli sia come collettività.
Questi divieti imposti al re, sono necessari per tenerlo a debita distanza dall’eccessivo materialismo, dalle lusinghe del potere che, se usato male, avrà un impatto negativo sulle future generazioni.
Ecco perché dopo tre precetti negativi, la Torà ne aggiunge un quarto positivo: l’obbligo per il re di scrivere un secondo rotolo della Torà (il primo è dovere personale uguale a tutti gli altri, il secondo in quanto re) che deve portare con sé ovunque vada.
Il rotolo della Torà simbolo delle priorità cui il re deve attenersi, a partire dallo studio della Torà fino al mantenimento costante dei suoi valori.
Questo insegnamento è valido anche per noi ai nostri giorni.
I bambini, i nostri figli, notano le priorità dei loro genitori. Notano se si impegnano a studiare Torà, a non perdere la Tefillà al tempio oppure se il loro impegno è diretto allo sport, i centri benessere, i viaggi, passare i week end al mare o in montagna a seconda della stagione. Notano anche l’impegno nel lavoro, legittimo e fondamentale, se è finalizzato all’accumulo di ricchezze per sentirsi meglio di altri oppure per avere più opportunità e mezzi, e magari aiutare altri meno fortunati, per vivere sempre più ebraicamente.
I figli sono molto perspicaci e vedono esattamente ciò che è importante per i loro genitori.
Per questo i genitori hanno l’obbligo di avere vere priorità ebraiche poiché, come prima impressione è da loro che i figli imparano cosa sia importante e cosa non lo è.
Dobbiamo chiarire ai nostri figli, fin da piccoli, che aderire ai valori della Torà è la massima priorità ed è molto più importante della ricchezza materiale. Certo, non c’è niente di sbagliato nel fare soldi e nel divertirsi, il problema si presenta quando rendiamo questa ricerca come la cosa più importante nella vita.
Il modo più diretto per far comprendere ai figli quali siano le giuste priorità, è dimostrare loro che sono le stesse dei genitori. Quando noi stessi enfatizziamo l’impegno della Torà su tutto il resto, allora i nostri figli assorbiranno questo messaggio e cresceranno con questo stesso impegno,
Shabbat Shalom!
Dedico questo dvar Torà leillluy nishmat dell’amico Roger Hannuna z.l.