Con questa parashà inizieremo la lettura del secondo libro della Torà, che prende il nome da una delle prime parole con cui essa inizia: Shemot.
La parashà di Vaiggash, penultima del libro di Bereshit, troviamo scritte le seguenti parole:
“E questi sono i nomi dei figli di Israel che scesero in Egitto…. “
le stesse con cui inizia il nuovo libro.
I commentatori si chiedono il motivo della ripetizione e a questo rispondono dicendo che:
“Dal momento in cui scesero di fatto in Egitto, fino al momento in cui sono ripetute all’inizio di Shemot, trascorrono moltissimi anni”.
Non sono gli stessi personaggi, ma sono gli stessi nomi!
Il merito di mantenere i nomi dei progenitori, fa sì che gli ebrei potessero meritare la libertà, perchè nel nome vi è il mantenimento delle tradizioni.
La mizvà di chiamare i propri figli con il nome dei propri avi, simboleggia la volontà di mantenere le tradizioni del nostro popolo, portandole avanti nel tempo.
Essi non assunsero nomi egizi, ma a ogni costo mantennero i nomi dei propri avi, per distinguersi dal popolo che li circondava.
La parola SHEMOT è anche l’anagramma delle tre mizvot che nonostante la schiavitù, gli ebrei vollero mantenere a tutti i costi e che simboleggiano l’identità ebraica: Shabbat, Milà, Tefillin.
Mizvot che il popolo aveva ricevuto, non dalla Torà ma dalla tradizione tramandatagli dai loro padri.
Shabbat shalom