“Shelach lekhà anashim ve jaturu et eretz Chena’an” “manda per te degli uomini che visitino la terra di Canaan”
E’ in questo modo che inizia la parashà che leggeremo questo shabbat e che prende appunto il nome dall’ordine impartito da D-o a Mosè “Shelach lekhà”.
I commentatori ribattono dicendo che avrebbe potuto dire soltanto “shelach anashim” “manda degli uomini”; perché allora il Signore aggiunge lekhà – per te, a tuo favore?
Una espressione analoga la troviamo nel libro di Bereshit, quando il Signore comanda ad Abramo di abbandonare la casa paterna di Ur, e gli dice “lekh lekhà me artzekhà….” “vattene per te dalla tua terra…”; a proposito di questa espressione, Rashì commenta dicendo: “ a tuo favore, per il tuo bene” quindi Abramo va via dalla terra natale, per ordine divino, per migliorare le sue qualità e per essere il futuro capostipite di un popolo.
A proposito di questa occasione, shelach lekhà, Rashì riporta l’opinione di un famoso rabbino del Talmud – Resh la Kish che commenta dicendo: “secondo quella che è la tua opinione”.
Sembra quasi che vi sia una discordia di opinione tra Mosè e D-o, nell’inviare i dodici esploratori a perlustrare la terra di Israele, la “Terra Promessa”.
Infatti il Signore non è d’accordo ad inviare una spedizione per visitare la Terra, perché sicuramente, questo sarebbe stato sintomo di mancanza di fiducia in D-o, da parte del popolo che chiede invece esplicitamente una missione di perlustrazione, che poi si rivelerà per tutto il popolo, una vera e propria tragedia.
Infatti al loro ritorno, i loro racconti non fanno altro che terrorizzare il popolo, che sente dire che gli abitanti della Terra di Israele sono dei giganti che avrebbero piuttosto sterminato il popolo, prima di cadere nelle loro mani.
Tutto ciò, provoca una reazione negativa da parte del popolo, che inizia a piangere ed a ribellarsi a Mosè, anche davanti alle rassicurazione di Giosuè e Calev, che rimettendosi al Suo aiuto, cercano di incutere al popolo un po’ di fiducia in D-o, il quale, avendola promessa ai Patriarchi, avrebbe sicuramente fatto in modo di farla conquistare dal popolo ebraico.
Si può azzardare proprio in relazione a ciò che abbiamo detto sul termine “lekhà”, un paragone fra Abramo e parte del popolo; Abramo che sente comandarsi da D-o “lekh lekhà” “vattene per te” esaudisce l’ordine divino e prende con se ciò che ha di più caro e con tanta fiducia in D-o, inizia il suo cammino di nomade.
Il popolo invece attraverso questo comportamento, definibile anche una sfida, dimostra l’assoluta mancanza di fiducia in D-o, soprattutto verso ciò che il Signore aveva fatto fino a quel momento, per salvarlo e portarlo fuori dalla schiavitù.
La punizione sarà quella di restare per quaranta anni nel deserto e non entrare mai, la vecchia generazione – proprio quella che aveva assistito all’uscita dall’Egitto ed al passaggio del Mar Rosso) nella Terra che tanto avevano desiderato.
Shabbat shalom