Il suono dello Shofar di Rosh Hashanà, oltre ad essere un precetto da osservare nella festa, ha un significato molto speciale di cui, non tutti, hanno una reale cognizione. Rabbì Yosef Caro (1488-1575; Bet Yosef, 581) afferma che grazie al suono dello Shofar, nell’uomo si risveglia la Teshuvà, la conversione dalla via malvagia. Per avvalorare questo pensiero, Rabbì Yosef Caro cita un versetto del profeta Amos (3:6): “È possibile che lo Shofar suoni in città e la gente non abbia paura?”.
In questa citazione, la paura è indicata con il termine ebraico “charadà” che, tra l’altro, non è il termine usuale per esprimere il concetto di paura.
La prima volta che questo termine ebraico viene utilizzato nella Bibbia, sia in forma verbale sia in quella sostantivata, è nel libro della Genesi (27:33): “Isacco tremò di un fortissimo attacco di tremore e disse: Chi è dunque colui che ha cacciato la selvaggina e me l’ha portata? E io ho mangiato tutto prima che tu arrivassi e l’ho benedetto? Anche così, benedetto sarà”.
L’episodio biblico è quello in cui si racconta di Esaù che, dopo aver cacciato selvaggina e preparato dei manicaretti, come richiesto dal padre Isacco oramai non vedente, torna da lui per ricevere la benedizione del primogenito. Ma quella benedizione l’aveva già ricevuta suo fratello gemello Giacobbe che, su consiglio della madre Rebecca, si era spacciato per lui ingannando il padre cieco. Quando Isacco si rende conto di non aver benedetto Esaù, viene pervaso da questo tremore che, alla fine, lo porta a confermare la benedizione a Giacobbe.
I maestri del Talmud cercano di spiegare questa sensazione e tra le varie opinioni spiegano che la “charadà/tremore” provata da Isacco, sarebbe l’effetto del rendersi conto di aver vissuto la sua vita commettendo un enorme errore. Pensava che Esaù fosse qualcosa che non era e si era comportato con lui in un modo che non si addiceva al vero carattere di Esaù. Isacco, grazie a quel tremore, acquisì la consapevolezza che Giacobbe era il vero meritevole di quella benedizione e che il modo in cui l’aveva carpita doveva servire a scuoterlo dall’illusione che lui aveva di Esaù. La “charadà/tremore” è dunque quell’improvvisa presa di coscienza della realtà che ti porta a dire “ho vissuto la mia vita in una prospettiva sbagliata”.
E questo è il tremore interiore che dovremmo provare quando viene suonato lo Shofar, come insegnato dal profeta Amos. Un tremore che non ci deve impaurire ma chiarire le idee. Tale processo ci aiuta a prendere coscienza della realtà e ci fa muovere verso la Teshuvà, elemento necessario affinché il suono dello Shofar, come insegna Rav Eliezer Papo (1786-1828) nella sua opera di etica “Pele Yoetz”, salga e abbia un impatto nei mondi superiori.
Tutti conoscono il racconto secondo cui il Satan, l’angelo accusatore che a Rosh Hashanà è pronto con la sua arringa contro di noi presso il Tribunale Celeste, quando sente suonare lo Shofar, improvvisamente si confonde e non riesce a parlare.
Come è possibile che un essere celeste possa confondersi con un suono emesso dagli uomini? Soprattutto, come è possibile che lo stato confusionale del Satan, si ripeta ogni anno?
La risposta a questa domanda la troviamo nella sesta benedizione (la terza delle intermedie) della preghiera di Musaf di Rosh Hashanà, detta appunto Shofarot (relativa la suono dello Shofar; le altre due intermedie sono dette Malkhuyot, sulla regalità del Creatore, e Zikhronot, concernente il ricordo della storia).
Questa benedizione è composta in tre parti: 1. lo Shofar suonato sul Monte Sinai quando il Signore ha fatto scendere la Torà nel mondo consegnandola al popolo d’Israele; 2. lo Shofar che si suona di come precetto positivo di Rosh Hashanà; 3. lo Shofar che suonerà in era messianica.
Quando il primo Shofar venne suonato sul Sinai, suono che accompagnò il passaggio della Torà dal cielo alla terra, ciò causò un grosso trauma al Satan, soprattutto per il fatto che non era riuscito ad impedire la consegna della Torà al popolo d’Israele. Per questo grande evento il Satan era oramai neutralizzato e se non fosse stato per il peccato del vitello d’oro, lo sarebbe stato per sempre. Quella grave colpa rappresentò per lui un’ultima possibilità per riprendere il suo ruolo, ed è riuscito a rientrare in attività. Tuttavia, quando in futuro suonerà lo Shofar per la venuta del Messia, avverrà anche la sua fine definitiva. Ma in attesa del grande Shofar della futura redenzione, al suono dello Shofar di Rosh Hashanà ogni anno, a causa del trauma dello Shofar sul Sinai in cui si è sentito sconfitto, il Satan si confonde e nel momento del giudizio divino diventa parzialmente inattivo e bloccato così da non provocare alcun danno all’umanità. Uno psicologo oggi direbbe che il Satan, quando arriva Rosh Hashanà, è affetto da un disturbo da stress post-traumatico, come una persona umana che ha subito un trauma precedente e qualcosa lo spinge a ricordare e rivivere quel trauma. Il Satan, traumatizzato dall’evento sul Monte Sinai, a Rosha Hashana ne rivive l’esperienza, con la consapevolezza che ne arriverà un altro, definitivo, quando arriverà il Messia.
Quando il suono dello Shofar si alza con la forza della nostra Teshuva, è un momento molto importante. Rav Shelomo Wolbe (1914-2005) insegna che in questo istante il nostro nemico è momentaneamente a terra ed abbiamo la possibilità di fare i nostri buoni propositi e impegnarci di migliorare di più nell’osservanza della Torà senza alcun ostacolo. Quindi, quando suona lo Shofar, dobbiamo concentrarci sull’ascolto, prima di tutto per adempiere al precetto della festa, ma anche per approfittare di quel momento speciale in cui il Satan è, per così dire, fuori gioco.
L’augurio per questo nuovo anno 5784 è quello che quando ascolteremo lo Shofar, si possa provare lo stesso tremore/charadà di Isacco che, in realtà, è il raggiungimento della consapevolezza che stiamo vivendo la vita in una prospettiva impropria e il provare quello stupore che ci porta a dire: “caspita, non me ne ero reso conto”.
Per un vero cambiamento, questo è di sicuro il migliore inizio, Shabbat Shalom e Shanà Tovà a tutti!