עלה אלקים בתרועה – ה’ בקול שופר“ Sale Eloqim mediante la Teru’ah, YHWH con il suono (disteso) dello Shofar (cioè con la Teqi’ah – Tehillim 47,6).
Halakhah n. 1: Ogni Teru’ah è preceduta e seguita da una Teqi’ah.
Come è noto, c’è una differenza sostanziale fra la Teqi’ah e la Teru’ah. La Torah ne parla a proposito del suono delle trombe in Bemidbar 10, 1-10. Qui è spiegato che la Teqia’h veniva suonata per radunare il popolo. Vale a dire, ogni volta che c’era necessità di compattarlo. La Teqi’ah, dunque, allude all’unità: pertanto è un unico suono prolungato semplice. All’inverso la Teru’ah veniva suonata ogni volta che il popolo si muoveva. Aveva la funzione di “rompere” le file e pertanto è caratterizzata da tanti suoni spezzati. Inoltre, la Teru’ah era un suono di guerra.
Essa simboleggia la Middat ha-Din (Eloqim), che frantuma il male, nemico per eccellenza, in tante minuscole particelle al fine di neutralizzarlo (יתפרדו כל פעלי און “si separeranno tutti coloro che operano malvagità” – Tehillim 92,10). La Teqi’ah, invece, è un suono di gioia: veniva eseguita in occasione dei sacrifici festivi. Anche il sacrificio esprime un’unità, quella fra il popolo e il suo Creatore. Essa simboleggia dunque il Nome Tetragrammato e la Middat ha-Rachamim.
Prima della Creazione del Mondo tutto era armonia assoluta, una luce continua e pura, come il suono della Teqi’ah: non c’erano opposti, né conflitti, mancava cioè il Male. E’ quello che si chiama in aramaico: ‘almà de-ichudà (“mondo dell’unità”). Con la Creazione il mondo si scompone: “In principio Eloqim creò il cielo e la terra”. E’ ‘almà de-ferudà (“mondo della separazione”). Il Din (“giustizia”) è divisione dell’unità in molteplicità. Ma la “separazione”, che la Teru’ah appunto simboleggia, non è per forza male. E’ piuttosto una individuazione di forze necessaria allo sviluppo dell’insieme. Solo che l’individuazione può generare il male. Infatti la molteplicità può diventare fonte di odio, gelosia e competizione (sin’ah qin’ah we-tacharut) che prima non avrebbero potuto esistere. La Teru’ah ha la forza di far salire Eloqim le-‘ella le-‘ella (“in alto, in alto”) affinché domini e addolcisca i “nemici”.
Si immagini un palazzo fra i cui membri sono stati equamente ripartiti i diversi compiti. Eseguendo ciò che gli è stato affidato, ciascuno contribuisce all’armonia del tutto. Ma nel fare il suo dovere qualcuno potrebbe dimenticare che lo scopo del suo sforzo è il bene comune. Costui potrebbe immergersi a tal punto nella sua parte da suscitare un senso di competizione nei confronti altrui, fino a provare invidia del fatto che i colleghi riescono più e meglio di lui. Egli cercherà di danneggiarli affinché la sua parte risulti migliore e in definitiva ciò nuocerà all’intero palazzo.
E’ precisamente ciò che accade con le anime di Israel. Ognuna viene al mondo per perseguire il proprio Tiqqùn. Questo altro non è che il Tiqqùn ha-Shekhinah, di cui ognuna è responsabile per la propria parte. Ma ogni uomo in questo mondo potrebbe dimenticarsi della propria radice e immergersi nella propria particolarità. Costui dimenticherà che lo scopo del suo sforzo è la Shekhinah e si concentrerà solo su se stesso, determinando gelosia verso gli altri che hanno più successo di lui. Se invece tutto il suo cuore fosse dedito al Tiqqun ha-Shekhinah non ci sarebbe affatto posto per la gelosia: egli sarebbe semplicemente lieto del fatto che ciascuno contribuisce alla grandezza della Torah e alla sua diffusione nel mondo. Perché questa è la sostanza del Servizio offerto da tutti. Ma la divisione, effetto del Din, può provocare allontanamento dalla fonte. E allora si verificano conseguenze negative: odio, gelosia, competizione…
La soluzione consiste a questo punto nel ritorno alla radice del Din, alla fonte della divisione stessa, al punto in cui i particolari erano ancora uniti all’insieme prima di dividersi. Lo si ottiene simbolicamente mediante il suono di una nuova Teqi’ah, il suono lungo e disteso che rappresenta l’unità. La seconda Teqi’ah ricompone la Teru’ah.
Ora comprendiamo perché Rosh ha-Shanah è chiamato nella Torah Yom Teru’ah (o Zikhron Teru’ah) e non Yom Teqi’ah. Esso è l’anniversario della Creazione del Mondo, che ha generato la molteplicità. Questa è nata dalla separazione dell’unità originaria, rappresentata dalla prima Teqi’ah e attende di ritrovare questa unità, simboleggiata dalla seconda Teqi’ah. Ma l’accento è sullo sforzo dell’operazione che sta in mezzo, volta a risalire alle fonti della divisione per correggerla. Perché è dalla divisione (Din, Teru’ah) che tutto ha inizio.
Halakhah n. 2: Ogni Teqi’ah deve avere la stessa lunghezza della Teru’ah che precede o segue.
La Creazione è dunque consistita in una individuazione che ha provocato il passaggio da una luce continua e infinita a una molteplicità di luci limitate e diversificate. Si immagini il flauto che produce un suono continuo, finché le dita non intervengono variamente sui buchi producendo una sua interruzione e differenziazione. La condizione prima della Creazione è paragonabile al suono originario del flauto, prima che i buchi fossero stati chiusi: un’emissione d’aria ininterrotta con un effetto sonoro indistinto. Solo premendo sui buchi si ottiene una melodia: questo è il mondo creato. Alla prima fase corrisponde la Teqi’ah, alla seconda la Teru’ah. La differenza, a ben vedere, non è qualitativa, bensì quantitativa: il suono rimane lo stesso iniziale nel timbro e nella nota. La novità consiste semplicemente nell’aggiunta dell’interruzione. Insomma Teqi’ah e Teru’ah sono sostanzialmente la stessa cosa. La novità della Teru’ah consiste nell’essere contenuta entro certi limiti.
La Teqi’ah rappresenta la Luce primordiale alla base della Creazione (Nome Tetragrammato) , mentre la Teru’ah simboleggia lo Tzimtzum, l’auto-riduzione di H. che ha portato alla molteplicità del Creato (Eloqim). Entrambi gli aspetti sono radicati “in alto, in alto”. Come si è detto, la limitazione, la moltiplicazione e la differenziazione possono essere fonte di guasti, dovuti alla situazione in cui uno di questi singoli elementi passa il proprio limite fissato a scapito degli altri e dell’insieme. Tornando all’immagine del flauto diremo: quando ne esce una nota stonata. Finché il flauto emette un unico suono continuo e indifferenziato non c’è luogo per stonature. I problemi sorgono quando si comincia a differenziare i suoni premendo sui vari buchi se si preme sul buco sbagliato, ovvero nel modo sbagliato. In realtà nessun suono, preso per conto suo, è stonato, finché non entra in relazione con gli altri. Il male è tale solo in relazione con le altre creature, mai se preso da solo! Il segreto della riparazione consiste nell’accostare la Teqi’ah alla Teru’ah, l’infinito e il finito in modo che abbiano la stessa durata: fuor di metafora, nell’accordare i differenti suoni in modo che si crei un’armonia completa fra di essi. Perché nel mondo finito è in realtà presente la Luce dell’Infinito.