Ovvero, anche le interpretazioni vanno interpretate
David Gianfranco Di Segni
Nella puntata precedente abbiamo parlato di pulci e pidocchi e abbiamo visto come il rabbino e medico Isacco Lampronti (Ferrara 1679-1756) stabilisse la Halakhà in base alle cognizioni scientifiche del proprio tempo. All’epoca del Talmud si poteva credere che i pidocchi fossero creature diverse dalle altre, generate spontaneamente dal sudore della pelle, e perciò non fosse vietato ucciderle di Shabbat. Oggi, però – dice Lampronti –, sappiamo che anche i pidocchi sono animali che si riproducono “da un maschio e da una femmina”, come tutti gli altri, e quindi si deve vietarne l’uccisione.
In questa puntata presentiamo un esempio, speculare a questo, dove non è la scienza ad avere un effetto sulle parole dei Maestri del Talmud ma, apparentemente, viceversa. Il problema riguarda i reni, che secondo una fonte del Talmud sarebbero la sede del giudizio. Lampronti ne discute nella sua enciclopedia talmudico-halakhica Pachad Yitzchaq, alla voce kelayot yo‘atzot (i reni consigliano). Il Talmud, nel trattato Berakhot (pag. 61a), elenca le funzioni dei vari organi del corpo umano assegnando a ciascuno di essi una particolare funzione: il cuore è la sede dell’intelligenza («il cuore capisce»), la trachea fa fuoriuscire la voce, l’esofago introduce i cibi, il polmone aspira i liquidi, la lingua taglia (le parole), la bocca le articola, il fegato fa arrabbiare, e così via. Sui reni, si dice che essi «consigliano» e, in particolare, che l’uno (a quanto pare il rene destro) consiglia in bene e l’altro, il sinistro, in male.
Lampronti sa bene che non è possibile dire una cosa del genere sui reni: è un medico e l’anatomia la conosce. Per risolvere la difficoltà, Lampronti sostiene che, in generale, quando ci sono discrepanze fra le parole dei Maestri e le conoscenze scientifiche, ci sono due possibilità: o si afferma che le conoscenze dei Saggi del Talmud non erano aggiornate o si dice che avevano ragione loro. Sulla base di quanto abbiamo visto nella voce sui pidocchi e le pulci potremmo dedurre che Lampronti opti, nel caso dei reni, per la prima possibilità, ossia il Talmud non è aggiornato. Invece egli dice che i Maestri, in questo caso, avevano ragione. David Ruderman, autore di varie opere sulla storia dell’ebraismo moderno e sul suo rapporto con le scoperte scientifiche, sostiene che questa contraddizione nel pensiero di Lampronti è un sintomo della confusione che regna spesso fra i rabbini quando affrontano questioni scientifiche. I rabbini di allora (ma anche di oggi) si troverebbero a disagio nello smentire affermazioni dei Maestri del Talmud, perché si rischierebbe di far crollare tutto il castello su cui si regge la legge ebraica (D.B. Ruderman, Jewish Thought and Scientific Discovery in Early Modern Europe, Yale University Press, New Haven and London 1995, chap. 9, pp. 268-272, anche in trad. it., Giudaismo tra scienza e fede. La crisi della prima età moderna, ECIG, Genova 1999).
Con tutto il rispetto per l’illustre storico, mi permetto di dissentire, almeno per quanto riguarda Lampronti. Come abbiamo visto nella voce sui pidocchi (ma anche in altre), quando Lampronti vuole contestare le parole del Talmud lo dice apertamente e con risolutezza. Perché quindi qui, nel caso dei reni, non lo fa? Credo che Lampronti, proprio perché medico e conoscitore dell’anatomia e della fisiologia, sappia bene che nessuno può mai sostenere che i reni siano la sede del giudizio e dell’intelligenza. Non lo potevano sostenere gli antichi rabbini del Talmud e forse neanche gli autori biblici, su cui il Talmud si basa. Se dunque i Maestri hanno fatto affermazioni del genere, si deve ritenere che essi stanno parlando in modo figurato. Gli scienziati guardano alla superficie delle cose, come è giusto che facciano. I Maestri hanno invece il compito di indagare a fondo nei segreti dell’esistenza, e lo fanno in base a un altro tipo di conoscenza, che si rifà alla profezia e alla rivelazione divina piuttosto che alla osservazione e alla sperimentazione. Le loro parole vanno dunque intese in senso diverso da quello letterale. Ad esempio, il detto sui reni viene interpretato da Lampronti come allusivo del legame anatomico fra i reni e l’apparato genitale, e il “consiglio” che essi darebbero è legato a questa funzione. L’intelligenza non c’entra. (L’interpretazione di Ruderman è stata recentemente criticata anche da Rabbi Natan Slifkin, The Question of the Kidney’s Counsel, 2010, http://www.RationalistJudaism.com, pp. 12-13).
Che le parole dei Maestri vadano interpretate diversamente dal senso letterale è evidente dal seguito, quando Lampronti discute del caso dei polmoni. L’idea secondo cui i polmoni aspirerebbero i liquidi, riportata nel brano del Talmud citato sopra, era comune nell’antichità. A questo proposito, Lampronti riassume (in ebraico) un interessante passaggio dalle lettere di Francesco Redi (Arezzo 1626-Pisa 1697), il famoso naturalista membro dell’Accademia del Cimento, fondata a Firenze nel 1657 per dare accoglienza ai seguaci della metodologia sperimentale introdotta da Galileo. In una lettera inviata al Signor Dottor Jacopo del Lapo il 31 dicembre 1682, si legge, fra l’altro, così:
Oh qui sì, che parmi, che V. S. Eccellentissima si rida della mia buassaggine, e me ne schernisca, e si apparecchi a farmi una solenne ripassata, quasi che io mi creda, che la bevanda negli animali non vada allo stomaco, ma bensì ne’ polmoni. Io non voglio ora dirle qualche cosa in questa faccenda, mi creda; ma sappia pur ella, che altre barbe più lunghe, e più folte della mia se la sono creduta, e di più l’hanno scritta a lettere di scatola. Platone fu egli uno zoccolo? E pure nel Timeo insegnò, che i polmoni sono il ricettacolo delle bevande. E Protogene Grammatico appresso di Ateneo scrisse, che Omero fu il primo, che avesse così fatta opinione. L’ebbero altresì tra gli antichi Greci molti uomini dottissimi, e particolarmente Eupoli, Eratostene, Euripide, Filistione Locrense Medico, e Diosippo, e tra costoro è degno d’esser noverato il Greco Poeta Alceo. Or dunque non corra Vostra Signoria con tanta furia a schernire i poveri Giovani, come son io. Entra qui di mezzo il Signor Redi, e facendo anch’Egli da Salmasio, da Bustorfio, e da Conciliatore, dice che tutti costoro, quando scrissero questa loro sì fatta opinione, non vollero intendere quello, che dice la lettera; ma vollero accennare con sentimento misterioso, che a tutti i gran bevitori gonfiano finalmente i polmoni, e tutti quanti diventano idropici del petto, conforme la esperienza fa giornalmente vedere, e toccar con mani.
(La lettera è scritta a nome di Pietro Alessandro Fregosi, che si basa sulle esperienze di Redi «che è qui presente». È pubblicata nelle Opere di Francesco Redi, Gentiluomo Aretino, Tomo IV, Venezia 1728, pp. 154-157. È da questa edizione che Lampronti cita il passaggio. Nell’edizione delle Opere di Redi, Napoli 1741, la lettera compare alle pp. 90-92, con lievi varianti. Grazie a Googlebooks, entrambe le edizioni sono disponibili online, e non c’è bisogno di andare in biblioteca per consultarle.)
Vediamo dunque che anche Redi non può credere che gli antichi filosofi e medici considerassero i polmoni come «il ricettacolo delle bevande» e che Platone fosse «uno zoccolo» a credere a tali idee. Lampronti, dopo aver citato Redi, offre una sua spiegazione, basata sulla natura spugnosa dei polmoni che assorbirebbero l’umidità trasmessa loro dal circuito sanguigno. Non è rilevante in questa sede accertare se l’interpretazione di Redi o di Lampronti siano sensate o meno; importa piuttosto che tramite Redi (e Lampronti) si apre uno spiraglio per risolvere eventuali discrepanze fra i detti degli antichi filosofi (o dei Maestri del Talmud) e le scoperte scientifiche. Quando ciò è possibile, è bene seguire questa strada, dicono sia Lampronti che Redi. Altrimenti, come fa Lampronti nel caso della generazione spontanea dei pidocchi, non si può che respingere le antiche idee a favore delle nuove conoscenze.
Morale della storia. Prima di sghignazzare leggendo le parole dei Maestri della Mishnà e del Talmud, ricordiamoci che non erano degli zoccoli, come non era uno zoccolo Platone, uno dei padri fondatori della filosofia e una delle menti più elevate della storia dell’umanità da quando Homo è diventato sapiens.
Tratto, con alcune varianti e aggiunte, da: D.G. Di Segni, Isacco Lampronti, rabbino e medico nella Ferrara del ’700, e le interrelazioni fra scienza e Torà nel Pachad Yitzchaq, in «Medici Rabbini. Momenti di storia della medicina ebraica», a cura di Myriam Silvera, Carocci 2012