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Pèsach Shavu’òt Sukkòt (Milano) – Rito Benè Romi

70,00

Machazòr di Pèsach Shavu’òt Sukkòt di rito italiano a Milano מחזור לשלוש רגלים כמנהג בני רומי במילאנו
2017 – Pagine 774 – Milano

Informazioni aggiuntive

Copertina

Cartonata e plastificata

Formato

148×210 mm

Testo

Testo ebraico e traduzione italiana a fronte

COD: 122 Categorie: , Product ID: 148

Descrizione

Libro di preghiere di rito italiano in uso oggi nelle sinagoghe, con chiare indicazioni dei brani recitati dal solo chazàn (ufficiante) e quelli recitati invece insieme al pubblico, per una partecipazione consapevole alle funzioni.

Quest’edizione comprende tutte le tefillòt  per la feste dei “Tre pellegrinaggi”, Pèsach, Shavu’òt e Sukkòt (testo ebraico e traduzione italiana), sia per i giorni di Mo’èd, sia per quelli di Chol Hamo’èd, comprese le relative letture della Torà.

Introduzione

La prima tefillà che pronunciamo svegliandoci la mattina è quella di Modè Anì. Nella prima parola di tale preghiera è racchiuso un elemento fondamentale della preghiera e della tradizione ebraica: la hodaà. Il termine hodaà significa allo stesso tempo ringraziamento e riconoscimento.

Nella penultima berakhà della ’Amidà noi ringraziamo Dio per i miracoli che sono presenti quotidianamente nella nostra vita. I miracoli di cui si parla sono quelli che il Rambàn chiama nissìm nistarìm, miracoli nascosti. Il Rambàn distingue tra due tipi di miracoli, i miracoli manifesti (come ad esempio l’apertura del Mar Rosso e la manna dal cielo) e i miracoli nascosti che sono gli eventi della nostra vita quotidiana (il sole che tramonta, la pioggia che irriga i campi, il nostro risveglio al mattino). Noi ringraziamo Hakkadòsh Barùkh Hu per tutto ciò ma non si tratta solo di un ringraziamento, il nostro è anche un riconoscimento che la nostra vita quotidiana non solo dipende dalla benevolenza di Dio ma che è anche un evento straordinario, un miracolo.

Attraverso la hodaà noi leghiamo gli eventi quotidiani e apparentemente banali della nostra esistenza alla sfera sovrannaturale, all’intervento divino.

Secondo il Talmùd le tefillòt sono state stabilite in sostituzione dei sacrifici che venivano presentati quotidianamente. La parola sacrificio, korbàn in ebraico, deriva dalla radice ebraica avvicinare. Il sacrificio è un modo di avvicinarci a Dio. Attraverso le tefillòt colleghiamo la nostra vita quotidiana, le nostre emozioni e i nostri sentimenti al nostro rapporto con Dio. La tefillà è un momento straordinario in cui possiamo realizzare quello che secondo lo Sefàt Emèt è il programma dell’intera tradizione ebraica, collegare cielo e terra, trasformare la terra in cielo rimanendo però ben piantati per terra. La tefillà rappresenta ciò che è espresso simbolicamente nel sogno della scala del patriarca Ya’akòv, una scala piantata per terra la cui cima arriva in cielo.

Recitare e partecipare alla tefillà è l’occasione per vivere quotidianamente una straordinaria esperienza spirituale, esperienza a cui il popolo ebraico è rimasto legato per tutta la sua storia anche nei momenti più bui di essa.

L’ebraismo italiano è sempre stato particolarmente legato alla preghiera; ne sono testimonianza i bellissimi batè knèsset presenti nelle varie comunità e la cura che l’ebraismo italiano ha dedicato, sia alla recitazione sia allo studio della tefillà.

Questo nuovo machazòr per i Shalòsh Regalìm segue dopo ben 63 anni quello precedente di rav Dario Disegni. I nostri Battè Hakkenèset possono contare su un pubblico ormai attento a seguire le tefillòt del chazàn e che vuole capire non solo il “perché” ma anche il “come” di queste tefillòt. Per questo il machazòr riporta in maniera dettagliata tutte le tefillòt festive, comprese quelle dei giorni di Shabbàt Chol Hamoè’d e Chol Hamo’èd, in maniera di non dover ricorrere ad altri testi.

È per me infine motivo di soddisfazione sapere che hanno contribuito al finanziamento dell’opera i frequentatori dei tre Battè Hakkenèset milanesi di rito italiano, a testimonianza di un ebraismo che crede non solo nella tradizione, ma anche, e soprattutto, nella continuità.

Per concludere un augurio. Spero che questo machazòr sia lo strumento aggiornato per avvicinare sempre più persone a una tefillà più consaprevole.

Rav Alfonso P. Arbib

Indice מפתחות

Vigilia ערב‭ ‬חג

Ricerca del chamètz 2 סדר‭ ‬בדיקת‭ ‬חמץ‭ ‬

Accensione del lumi 4 הדלקת‭ ‬נרות

Minchà della vigilia e di Chol Hamo’èd 6 מנחה‭ ‬לערב‭ ‬חג‭ ‬וחול‭ ‬המועד

’Arvìt di Mo’èd 34 ערבית‭ ‬ליום‭ ‬טוב

Conteggio dell’òmer 86 ספירת‭ ‬העומר

Hakkafòt di Simchàt Torà 96 סדר‭ ‬הקפות‭ ‬לשמחת‭ ‬תורה

Shachrìt di Mo’èd 112 שחרית‭ ‬ליום‭ ‬טוב

Zemiròt di Mo’èd 128 זמירות‭ ‬ליום‭ ‬טוב

Yotzèr di Mo’èd 178 יוצר‭ ‬יום‭ ‬טוב

Hallèl 214 הלל

Musàf di Mo’èd 250 מוסף‭ ‬ליום‭ ‬טוב

Kiddùsh diurno di Mo’èd 286 קידוש‭ ‬שחרית‭ ‬ליום‭ ‬טוב

Minchà di di Mo’èd 288 מנחה‭ ‬ליום‭ ‬טוב

’Arvìt di Motzaè Mo’èd e Chol Hamo’èd 322 ערבית‭ ‬למוצאי‭ ‬יום‭ ‬טוב‭ ‬ולחוה”מ

Havdalà 358 הבדלה‭ ‬על‭ ‬הכס

Shabbàt Chol Hamo’èd שבת‭ ‬חול‭ ‬המועד

’Arvìt di venerdì sera Chol Hamo’èd 362 ערבית‭ ‬לשבת‭ ‬חול‭ ‬המועד

Shachrìt di Shabbàt Chol hamo’èd 392 שחרית‭ ‬לשבת‭ ‬חול‭ ‬המועד

Musàf di Shabbàt Chol Hamo’èd 436 מוסף‭ ‬לשבת‭ ‬חול‭ ‬המועד

Minchà di Shabbàt Chol Hamo’èd 452 מנחה‭ ‬לשבת‭ ‬חול‭ ‬המועד

Chol Hamo’èd חול‭ ‬המועד

Shachrìt di Chol Hamo’èd 482 שחרית‭ ‬לחול‭ ‬המועד

Musàf di Chol Hamo’èd 530 מוסף‭ ‬לחול‭ ‬המועד

Hosha’anòt 544 הושענות

Osha’anà Rabbà הושענא‭ ‬רבה

Shachrìt di Osha’anà Rabbà 548 שחרית‭ ‬של‭ ‬הושענØ‭ ‬רבה

Musàf di Osha’anà Rabbà 600 מוסף‭ ‬של‭ ‬הושענØ‭ ‬רבה

Hakkafòt di Osha’anà Rabbà 614 סדר‭ ‬הקפות‭ ‬של‭ ‬הושענØ‭ ‬רבה

Parashòt e Haftaròt 652 פרשות‭ ‬והפטרות

La traduzione

La traduzione che affianca il testo ebraico ha origine dall’edizione del 1856 del Machazòr di rav Shemuèl Davìd Luzzatto (Shadàl), uno dei più grandi maestri dell’ebraismo italiano dell’era moderna. È su questa prestigiosa versione che Costanza Coen ha iniziato nel 2000 a elaborare un testo che tenesse conto sia delle brillanti intuizioni dell’autore, profondo conoscitore della lingua ebraica, sia della necessità di arrivare oggi a un italiano comprensibile a tutti. Questo lavoro è stato successivamente esteso ed elaborato da altri collaboratori fino all’attuale versione, utilizzando anche testi di allievi del Luzzatto e di maestri a noi più vicini, come l’enciclopedica edizione di rav M.E. Artom z.l.

Dove possibile, la traduzione originale è stata resa più aderente al senso letterale del testo ebraico, uniformando la corrispondenza tra i frequenti sinonimi e la loro trasposizione in italiano.

È chiaro che così operando potremmo aver trasgredito a molti criteri storici e filologici, e agli esperti vanno da subito le nostre scuse. Tuttavia, il progetto dei siddurìm di Morashà, in tutte le loro edizioni, ha avuto soprattutto l’intento di offrire al pubblico italiano strumenti accessibili per poter adempiere a un precetto divino, quello della tefillà, con un’immediatezza che non ponesse ostacoli alla comprensione, perlomeno superficiale, dei brani recitati in ebraico.

La redazione

Siddùr Benè Romi

Benè Romi è il nome con cui vengono chiamati gli ebrei di rito italiano nella letteratura rabbinica talmudica, dove ne vengono descritte le specifiche usanze, sin dai primi secoli dell’era volgare (p.e. TB Pesachìm 53a). Il primo siddùr di preghiere mai stampato al mondo è quello per gli ebrei italiani (Soncino 1485). Una edizione di poco posteriore (Bologna, 1540) è servita da supporto per la presente pubblicazione. Numerose altre edizioni si sono aggiunte nel tempo. Particolarmente degna di nota è quella curata da Shemuèl Davìd Luzzatto (Shadàl: Livorno, 1856), con un’ampia prefazione in cui il rito italiano viene studiato e descritto per la prima volta (rist. D. Goldschmidt, Mavò le-Machzor Benè Roma, Tel Aviv, 1966).  Il Novecento ha visto diverse pubblicazioni: ricordiamo quelle di A. Hasdà (Torino, 1905), D. Camerini (Torino, 1916) e nel secondo dopoguerra quelle di D. Prato e D. Panzieri a uso della Comunità di Roma, mentre D. Disegni curava edizioni particolari per le Comunità di Torino e Milano; va ricordata infine quella più recente di M.E. Artom con le varianti di tutte le Comunità.

La collana Siddur Benè Romi si aggiunge a questa antica tradizione dal 1999, data in cui viene pubblicata una prima edizione a uso privato del siddùr per i giorni feriali e shabbàt, fino a coprire quasi tutte le ricorrenze del ricco calendario liturgico ebraico. Caratterizzano la collana la nuova composizione elettronica dei testi (i siddurìm precedenti venivano riprodotti in anastatica con evidente degrado della leggibilità); una costante redazione critica degli stessi, che facendo riferimento a tutte le edizioni precedenti, tenga conto dei minhaghìm in uso oggi nei diversi battè hakkenèset; un’impostazione grafica che ne esalti la leggibilità e chiarisca quali sono i brani di competenza del singolo e quali del solo chazàn; delle brevi note halakhiche che possano essere finalmente di guida a chi riconosce nella tefillà non solo un bisogno del cuore, ma anche una dettagliata mitzvà; una punteggiatura ebraica moderna più comprensibile; l’uso di convenzioni grafiche che facilitano la partecipazione alla tefillà in pubblico (parentesi tonde per i brani sottovoce, parentesi quadre per quelli in coro, triangolini grigi per i punti in cui ci si inchina).

È ferma convinzione dei redattori che non solo la sopravvivenza, ma lo sviluppo e la crescita delle specifiche tradizioni comunitarie debbano essere sostenute, oltre che dalla buona volontà dei singoli, da strumenti culturali costantemente aggiornati. Speriamo che il Siddùr Benè Romi possa essere uno di questi.

La redazione