Secondo un famoso principio enunciato nella Mishnah nel trattato di Qiddushin (1,7) le donne sono esentate dalle mitzwot affermative collegate al tempo. Vi sono tuttavia delle eccezioni, e fra queste rientrano le tre feste di liberazione nel nostro calendario: Pesach, Purim e Chanukkah. A cosa è dovuta questa particolarità? Secondo la ghemarà in Pesachim (108) af hen haiù beotò ha-nes – anche loro (le donne) erano coinvolte nel miracolo. Come dobbiamo intendere questa affermazione? Su questo discutono le Tosafot e il Rashbam.
Per le Tosafot, semplicemente, anche le donne sono oggetto dei decreti dei nostri persecutori, ed avendo patito, al pari del resto della popolazione ebraica, gli stenti e le sofferenze proprie di quei duri periodi, manifestano la riconoscenza per la salvezza di cui hanno beneficiato attraverso le mitzwot della festa. Il Rashbam dà una lettura differente: non c’è solamente la passività del perseguitato, ma un intervento femminile attivo e determinante per condurre alla salvezza. Il punto di svolta nella Meghillah è quello in cui Ester, senza permesso, si reca dal re Achashwerosh, mettendo in pericolo la propria vita. Relativamente a Pesach il Rashbam cita una famosa ghemarà nel trattato di Sotah (11b) secondo cui i nostri padri in Egitto furono salvati per via delle donne giuste (nashim zadqaniot). In generale possiamo dire che le donne sono coloro che hanno tenuto alto il morale dei mariti, fiaccati dal duro lavoro, e incapaci di preoccuparsi del futuro proprio e delle proprie famiglie. Per questo, secondo il Midrash, le donne si recavano nei campi per lavarli, rifocillarli e risvegliare in loro la speranza. Se non fosse stato per le donne, il progetto criminoso del Faraone, di uccidere tutti i maschi gettandoli nel Nilo, avrebbe avuto successo.
Le donne invece con ostinazione continuarono a generare figli, e tutto questo fu determinato dall’intervento della piccola Miriam, che si oppose alla decisione del padre ‘Amram, seguito da tutti gli altri uomini, di lasciare la propria moglie e rinunciare a procreare. Senza le parole di Miriam, Mosheh non sarebbe nato. Ma in realtà per comprendere più a fondo questo insegnamento dei chakhamim è sufficiente leggere e comprendere in profondità i primi due capitoli del libro di Shemot, che preludono alla manifestazione divina e all’inizio della liberazione del popolo ebraico. L’intervento divino deve essere sollecitato dal basso, ed è quello che le donne, a vario titolo, hanno fatto. Le prime sono state le levatrici. I commentatori discutono sulle loro origini: secondo alcuni erano ebree, secondo altri delle egiziane assegnate alla nascita dei bambini ebrei. In base a questa seconda lettura la loro disobbedienza alla legge è molto più impressionante. Nei periodi più bui della nostra storia dei non ebrei insorgono contro la legalizzazione delle pulsioni umane più animalesche. Poi abbiamo una madre e una sorella che hanno trovato la forza di non perdere ogni speranza, oltre alla figlia del Faraone, che si pone, attraverso il suo gesto, in una posizione estremamente pericolosa, in aperto contrasto con la criminosa politica del padre. Gli sforzi congiunti di donne ebree ed egiziane portano alla liberazione del popolo ebraico. E’ vero, sarà Mosheh a rivestire il ruolo principale nella salvezza di Israele, ma se non fosse stato per il coraggio di queste donne non ci sarebbe stato nessun Mosheh e forse nessun Israele.