La pubblicazione della nuova edizione de Il Seder Tubishvàt, ci dà l’opportunità di riflettere su come l’ebraismo ha elaborato il rapporto tra uomo e natura fin dai tempi della Torà, del Talmud e della Halakhà successiva. Il Capodanno degli alberi è soltanto un particolare in una rete di mitzvòt molto più ampia che in genere non è studiata in modo approfondito.
Generalmente nel dibattito sull’atteggiamento da assumere su come preservare l’ambiente si confrontano due scuole: la antropocentrica, che pone l’uomo al centro del creato, e la biocentrica o naturocentrica, che pone la natura al centro del proprio interesse. La prima basa i suoi interventi sul presupposto filosofico che l’uomo è la corona della creazione: lo scopo della difesa della natura sarebbe solo strumentale e cioè servirebbe solo a garantire all’uomo migliori condizioni di vita e quindi l’ambiente va preservato in quanto serve ad assicurare l’esistenza dell’uomo: la distruzione dell’ambiente finirebbe per danneggiarne l’esistenza. Il pericolo di questa impostazione sta nel disinteresse per tutto ciò che non contribuisce a migliorare le condizioni di vita dell’uomo e potrebbe portare prima o poi alla distruzione del genere umano. Questa impostazione viene generalmente attribuita alla cultura “giudeo – cristiana” e quindi occidentale, accusata di volere attribuire all’uomo il diritto di dominare l’ambiente senza alcun limite.
L’ecologia biocentrica si basa sulla concezione opposta: l’uomo non è che una parte della natura, una creatura tra le molte esistenti che hanno gli stessi diritti di vivere ed esistere: la protezione della natura ha quindi un suo valore indipendente e non è vincolata a servire gli interessi dell’uomo. Questa concezione che sembra trovare molti consensi di fronte alla crisi ambientale può indurre a preferire la natura selvaggia rispetto alla cultura e alla razionalità.
Qual è la posizione dell’ebraismo? Possiamo trovare nelle fonti ebraiche un sostegno a ciascuna delle scuole menzionate.
Nel racconto della creazione della Genesi troviamo queste parole (1: 28 – 29), che sostengono la posizione antropocentrica di un uomo dominatore della Natura. “Dio disse: Facciamo un uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, domini sui pesci del mare, sui volatili del cielo, sugli animali domestici, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra…. Dio li benedisse e disse loro: Prolificate e moltiplicatevi empite la terra e rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare, sui volatili del cielo e su tutti gli animali che si muovono sulla terra … vi dò tutte le erbe che fanno seme, … tutti gli alberi che danno frutto d’albero producente seme, per voi saranno come cibo”. Un’affermazione simile troviamo nel salmo 8, in cui l’uomo viene paragonato a un essere appena inferiore a Dio stesso (“tutto hai posto sotto i suoi piedi”).
Tuttavia l’interpretazione che dà il Midrash (Kohèlet rabbatì, 7, 28) è assai diversa:
“Vedi l’opera di Dio, chi può riparare ciò che è stato contorto? (Ecclesiaste 7:13)
Quando il Santo, benedetto sia, creò il primo Adamo, lo prese e lo portò in giro fra tutti gli alberi del Giardino dell’ Eden e gli disse: Vedi quanto sono belle e degne di lode le mie opere. Tutto ciò che ho creato l’ho creato per te, ma sta attento a non rovinare e distruggere il mio mondo, perché se lo rovinerai e distruggerai il mio mondo, nessuno potrà ripararlo”.
Un altro testo in cui si afferma che tutto ciò che Dio fa non è fatto ad esclusivo vantaggio dell’uomo, troviamo nei capitoli in cui Dio parla a Giobbe dalla tempesta e dice: “Chi ha aperto i canali agli acquazzoni e una strada al rombo dei tuoni? Per far piovere su terra disabitata, su deserti ove non c’è alcun uomo” (Giobbe 38: 26 – 27). Quindi l’opera divina non è fatta ad esclusivo uso dell’uomo.
Maimonide (Guida degli smarriti, III, 13) afferma “di non credere che tutte le cose esistono per garantire l’esistenza dell’uomo” , ma che “tutti coloro che esistono sono destinati a se stessi e non per un’altra scopo”.
Rav Arieh Levin (il famoso rabbino dei carcerati) racconta che si trovava una volta a passeggio von rav Izchak hakohen Kuk, rabbino capo d’Israele, che rimase scandalizzato perché lui aveva staccato una foglia o raccolto un fiore. Rav Kuk rimase allibito per quanto stava facendo e gli disse che lui non raccoglieva nulla se non era strettamente necessario perché non c’è un’erba in basso che non abbia un mazal (stella) in alto che gli dice. “cresci”. Ogni germoglio di erba dice qualcosa ogni pietra sussurra qualche mistero, tutta la creazione esprime un canto.
Poiché entrambe le scuole sono rappresentate nella tradizione ebraica, si può concludere che l’etica ambientale ebraica appartiene a un terzo tipo diverso dalle prime due, che alcuni chiamano ecologia teocentrica.
Secondo questo concetto, il Creatore è al centro della creazione (Al Signore appartiene la terra e tutto ciò che la riempie, salmo 24) e ordina a tutte le sue creature di realizzare i valori per i quali ha creato il Mondo. Ognuno fa parte di questo progetto e l’uomo, in quanto creatura pensante e raziocinante, ha un ruolo centrale nella realizzazione degli scopi per cui il mondo è stato creato.
L’uomo quindi deve avere cura del proprio ambiente, basando i suoi comportamenti su ragionamenti sia antropocentrici che biocentrici: una modifica anche piccola nell’ambiente può rompere un equilibrio non visibile nel momento in cui avviene. L’uomo vede solo un segmento della realtà e non può capire in che direzione le cose si evolveranno.
La Torà prima, il Talmud e la Halakhà successiva hanno affrontato vari aspetti inerenti all’ambiente: l’inquinamento, da quello dell’aria a quello acustico, la preservazione delle falde acquifere, la cura dell’ambiente cittadino, il riciclo, il disboscamento ecc: lo scopo finale è quello della protezione dell’ambiente nei suoi vari aspetti, senza rinunciare all’idea che l’uomo deve vivere con kavod, con dignità. Il mondo naturale è anche al servizio dell’uomo, ma può realizzare i suoi scopi anche senza la supremazia dell’uomo e può promuovere i valori di bellezza, armonia ecc anche senza servire l’uomo.
L’uomo non deve assumere un atteggiamento arrogante, ma deve avere la consapevolezza che “è stato posto nel giardino dell’Eden le’ovdà ulshomrà (Genesi 2, 15) per lavorare e per custodire” , appunto per compiere un servizio e per custodire il giardino nel migliore dei modi.
“Tutta la creazione recita una poesia”, quindi deve essere protetta. Pertanto, il Midrash sottolinea che gli animali sono stati creati prima dell’uomo. Se l’uomo corrompe l’immagine di divina che gli è stata donata, lo si può sempre apostrofare con le parole “una zanzara è stata creata prima di te”. (Bereshit Rabbà 8, 1).
Il canto delle erbe
Un canto di Na’omì Shemer basato sugli scritti di rabbì Nachmàn di Bratzlav (Likutè Moharàn Teninà, 63)
Sappi che ogni erba ha la sua canzone.
E dal canto delle erbe viene creata la melodia del pastore
Che bello e piacevole è ascoltare la loro canzone.
È molto bello pregare in mezzo a loro e servire Hashèm con gioia
E dal canto delle erbe il cuore si riempie di desiderio.
E quando il cuore è riempito dal canto e desidera la Terra di Israele
una grande luce viene attirata e va dalla santità della Terra alla luce .
E dal canto delle erbe viene creata la melodia del cuore.
Chi è interessato ad approfondire l’argomento può leggere tra gli altri: Ekhut Hasvivà di Nahum Rakover, Gerusalemme 1993 Ekhut hasvivà bamasoret hayehudit (The Enviroment in Jewish Tradition: A Sustainable World (Jerusalem 2002)