Sarebbero 30 i ragazzi responsabili dell’aggressione avvenuta il 14 agosto in un hotel sul Mar Rosso, ma finora solo uno è stato arrestato. Netanyahu: “Crimine contro l’umanità”
Sharon Nizza
Israele è sotto shock per un’agghiacciante aggressione avvenuta nei giorni scorsi a Eilat, la località di villeggiatura israeliana sulle rive del Mar Rosso. Il 14 agosto, una sedicenne ha denunciato una violenza sessuale di gruppo, avvenuta due giorni prima nella stanza di un hotel della città all’estremo sud d’Israele. Secondo indiscrezioni dalle indagini in corso, si tratterebbe di 30 uomini. La notizia è stata diffusa solo mercoledì sera con l’arresto di un primo sospettato. Ma il nome della ragazza è uscito sui social media e i servizi sociali hanno chiesto di trasferire la giovane in un posto sicuro “per evitare che possa essere minacciata dagli aggressori o loro famigliari”.
Ieri sera, un migliaio di manifestanti si è radunato in sedici presidi sparsi per tutto il Paese. A Gerusalemme qualche centinaio di partecipanti hanno presenziato al raduno spontaneo, donne e uomini che hanno gridato il loro dolore e la loro solidarietà con le vittime della violenza sessuale.
“Siamo con te, non sei sola”; “Nuda o vestita, il corpo è mio e non tuo”; “Governo svegliati! Vogliamo fatti non parole” sono alcuni degli slogan intonati dai manifestanti. “Siamo qui anche per condannare quella cultura di connivenza verso gli aggressori che consente ancora di pronunciare frasi raccapriccianti come ‘era ubriaca’, ‘aveva la gonna cortissima’, ‘se l’è cercata’: è un fenomeno sociale che dobbiamo sradicare”, ci dice Diklà, che ha letto del raduno su Facebook e ha voluto esprimere la propria vicinanza. “L’85% delle denunce presentate alla polizia viene chiuso dalla procura e solo il 3% si risolve in una condanna”, dice Revital, attivista di lunga data per i diritti delle vittime di abusi sessuali. “Poi ci si chiede perché le donne non denuncino. Non c’è fiducia nel sistema! È fondamentale aumentare i fondi per questa battaglia, garantire che in ogni ospedale ci sia almeno un’unità competente per gestire le vittime di violenze sessuali, investire nella loro riabilitazione, sociale e psicologica”.
Stando alla ricostruzione dei fatti finora, la giovane si trovava al Red Sea Hotel, ospite di alcuni amici. Si è recata in una delle camere per usufruire del bagno e lì sarebbe avvenuto il brutale stupro da parte del branco. Un primo sospettato di 27 anni – con cui la giovane si era scambiata degli sms, nei quali l’uomo accennava all’esistenza di video dell’atto criminale – è stato arrestato mercoledì. E’ lui che avrebbe fornito la versione dei 30 uomini e, secondo fonti vicine all’inchiesta, esiste il sospetto che il numero sia gonfiato per fare apparentemente ricadere la colpa su altri soggetti, sviando le indagini. E’ comunque comprovato che si trattasse di un gruppo nutrito, come risulta dalle videocamere di sicurezza dell’hotel sequestrate dalla polizia, che testimoniano un accalcamento di più persone all’entrata di una delle camere. Tuttavia, la proprietaria dell’hotel nega che l’aggressione sia avvenuta lì e attende “i risultati delle indagini”. L’albergo è noto per ospitare molti minorenni che fanno uso di alcolici in modo illecito e incontrollato.
Condanne e dichiarazioni di solidarietà sono arrivate da tutto l’arco politico. Il premier Benjamin Netanyahu ha parlato di “crimine contro l’umanità”. Il presidente della Repubblica, Reuven Rivlin, ha formulato una “lettera aperta” ai giovani del Paese sulla sua pagina Facebook: “In questi giorni pazzi, senza una routine”, recita il messaggio, “è fondamentale che capiate l’importanza dei limiti che la nostra società ci impone. La violenza, lo sfruttamento sessuale, lo stupro, sono macchie indelebili, sono crimini in cui la mancanza di limiti distrugge la nostra società”.
La terribile violenza ha rievocato un caso che ha occupato le cronache quotidiane giusto un anno fa: l’estate scorsa, un gruppo di 12 ragazzi israeliani tra i 16 e i 18 anni fu accusato di essere coinvolto nello stupro di una diciannovenne inglese in una camera d’albergo ad Agia Napa, ribattezzata in seguito la “Sodoma e Gomorra cipriota”. Dopo una settimana la vittima si era trasformata in colpevole, firmando una dichiarazione in cui sosteneva di aver inventato l’accusa di stupro per vendicarsi del fatto che il gruppo aveva filmato e diffuso l’atto sessuale “avvenuto consensualmente”. Dopo qualche giorno, quando gli israeliani, rilasciati, erano già rientrati in Israele, la ragazza ha ritrattato, sostenendo che la confessione le era stata estorta in un momento in cui “pensava sarebbe morta”.
Nonostante ciò, la giovane fu costretta a rimanere altri sei mesi a Cipro, di cui uno trascorso in carcere, condannata a gennaio per falsa testimonianza a quattro mesi con la condizionale (ha presentato subito ricorso alla Corte Suprema). Indipendentemente dall’accertamento della verità processuale, a scandalizzare il Paese all’epoca fu la mancata condanna del comportamento dei giovani, alcuni minorenni, colpevoli di aver ripreso l’atto sessuale senza consenso, accolti invece dalle loro famiglie con canti e bottiglie di champagne al loro rientro in aeroporto.
“Non ci sono parole per descrivere l’orrore di fronte a queste vicende”, ci dice Hagar, che per una volta ha saltato il consueto appuntamento alle manifestazioni sotto casa di Netanyahu. “Ma siamo qui proprio per gridare che tutto ciò non deve passare in silenzio, per dare coraggio a chi deve affrontare, purtroppo, una strada ancora in salita”.