La parte centrale della nostra parashà, quella che lega la prima alla seconda parte è la “birkat cohanim – la benedizione sacerdotale” che i sacerdoti – discendenti di Aaron – dovevano impartire al popolo indistintamente.
Il brano inizia con le parole :
” co tevarekhù et bené Israel amor lahem – così benedirete i figli di Israele dicendo loro”.
Una delle regole che i Cohanim debbono osservare, nell’impartire al popolo la benedizione è quella di non serbare rancore per nessuno. Se un cohen è in collera anche con un membro del popolo, deve uscire dalla sinagoga e non impartire la berakhà. Da dove si ricava questa regola?
Prima di recitare i tre versetti della birkat cohanim, il cohen o i cohanim, debbono a loro volta recitare una berakhà
“asher kiddeshanu bikdushatò shel Aharon vezzivvanu levarekh et ammò Israel beahavà – che ci ha santificato con la santità di Aaron e ci ha comandato di benedire il Suo popolo Israel con amore”.
Noi sappiamo che le mizvot debbono essere osservate e basta: con o senza amore. Noi abbiamo il dovere di osservarle perché D-o ce le ha comandate.
Perché questa proprio con amore? E da dove si ricava questa necessità?
Il sefer taamé minhaghim umkoré ha dinim, ci fa notare una chicca e dice: “nella lingua italiana antica la parola” amor” significa amore. È questo il motivo per cui, aggiungendo alla mitzvà “co tevarekhù et bené Israel” l’espressione “amor lahem” la Torà voleva proprio intendere che, chi si accinge a benedire non può fare altrimenti che con benevolenza.
Shabbat shalom