“ VE ELLE HA MISHPATIM ASHER TASIM LIFNEHEM”
“……..E QUESTI SONO GLI STATUTI CHE PORRAI DINNANZI A LORO”.
Nel commentare questo versetto della parashà di Mishpatim, versetto con cui essa inizia, Rashì racconta un midrash in cui il Signore dice a Mosè: «dopo averti consegnato le Tavole della Legge, con i Dieci Comandamenti e tutta la Torà, non ti salti in mente di consegnarla al popolo di Israele, così come Io la consegno a te, ma tu Mosè hai il dovere di rendergliela il più possibile comprensibile, in modo tale che essi, comprendendola possano anche accettarla e osservarla».
Per questo motivo Mosè, non fa altri che diluirla nel tempo e soprattutto commentarla e spiegarla a tutto il popolo durante i quaranta anni di permanenza nel deserto, proprio come si fa quando si dà da mangiare ad un bambino che prima di introdurgli il cibo in bocca lo si fa a pezzettini piccoli e si fa in modo che questi lo mastichi e lo ingoi assimilandolo nel migliore dei modi.
Rashì spiegando questo passo, usa proprio questo esempio poiché in quel momento, il popolo era considerato un bambino ossia, era appena uscito dall’Egitto, dalla schiavitù e non aveva facilità di comprensione, sia del monoteismo sia di come accettare una legge che proviene da D-o.
Anche seguendo l’insegnamento di Rashì, qualche secolo dopo, Rabbi Josef Caro, maestro spagnolo vissuto fra la seconda metà del 1500 e la prima del 1600, codificò tutte le regole di halakhà, mettendole per iscritto in modo ordinato e cronologico.
Questa raccolta di regole di halakhà, tuttora usata dal popolo ebraico come codice normativo valido secondo tutte le tradizioni, è chiamato SHULCHAN ‘ARUKH che significa “Tavola apparecchiata”, in quanto, proprio come su una tavola imbandita è facile trovare tutto ciò di cui si ha bisogno senza alcuno sforzo, così nello Shulchan ‘arukh, noi troviamo tutto ciò di cui abbiamo bisogno per amministrare la nostra vita dal punto di vista della normativa ebraica.
Molti si chiederanno perché proprio questo paragone così materiale per spiegare delle regole religiose, anche abbastanza “sacre”, nel loro complesso?
A questo si risponde che la vita dell’ebreo, sia materiale che spirituale, non ha un distacco, né una separazione da un “mondo” all’altro: non vi è un confine tra la spiritualità e la materialità, ma tutto, se vogliamo, può essere materiale e spirituale insieme.
Tant’è vero che all’interno dello Shulchan ‘arukh, troviamo ogni tipo di regola che riguarda la vita dell’ebreo, da quella più materiale a quella più spirituale.
Nella Parashà, proprio come nello Shulchan ‘arukh, troviamo tutte le regole che debbono vigere fra esseri umani, i rapporti fra lavoratore e il suo datore, fra uomo e animali del campo e fra uomini liberi che amministrano la loro società attraverso delle regole e delle leggi, come fino a quel momento, pochi erano i popoli che mettevano in atto una giustizia organizzata ed amministrata.
Il Ba’al ha Turim, celebre commentatore del 300, famoso per le sue interpretazioni attraverso l’uso della ghematrià, interpreta il termine HA MISHPATIM come un anagramma dicendo che tale vocabolo, che significa leggi o diritto oppure giustizia, può essere l’indicazione di come un amministratore di giustizia ha il dovere di comportarsi; egli dice: «HA MISHPATIM è l’acronimo di
“Ha dajan Mezzuvvè Sheja’asè Pesharà Terem Ia’asè Mishpat”.
Un giudice ha dovere di fare un accordo fra le parti prima di emettere una sentenza, quindi, l’obbligo di tentare un accordo all’interno di una fase processuale è considerato migliore di iniziare un processo ed arrivare ad emettere una sentenza finale.
Questo shabbat, chiamato SHEKALIM è il primo dei quattro sabati chiamati MEJUCHADOT, speciali o segnalati, che precedono la festa di Pesach.
In esso, viene letto un secondo sefer (Esodo cap.30 vv.11- 16) in cui si comanda di prelevare da ogni ebreo dai vent’anni in su, la somma di mezzo siclo d’argento, come offerta al Santuario di Gerusalemme.
Il mezzo siclo aveva in qualche modo la funzione di censire gli uomini del popolo, in quanto è assolutamente proibito contare il popolo di Israele, come siamo soliti fare quando contiamo qualcosa o ad esempio un gregge.
La caratteristica di questa offerta era quella che non si poteva offrire né più né meno del mezzo siclo comandato e addirittura la Torà sottolinea che né il ricco poteva dare di più né il povero poteva dare di meno.
Tutto ciò perché nel momento in cui ci si presenta davanti al Signore tutti gli uomini sono uguali, senza alcuna distinzione di ceto sociale. Shabbat Shekalim cade sempre il sabato prima del capo mese di Adar, il mese in cui cade la festa di Purim.
I Maestri del Talmud sostengono che dal momento in cui inizia il mese di Adar, bisogna aumentare la gioia.
Possa essere questo mese la fine di ogni sofferenza per ognuno di noi e per tutto il popolo di Israele.
Shabbat Shalom e Chodesh Tov