La santità e come acquisirla
http://www.anzarouth.com/2011/07/mesilat-yesharim-26-acquisire-santita.html
Messilat Yesharim, Rabbi Moshe Chaim Luzzatto, traduz. e note di Ralph Anzarouth
Il concetto di santità presenta un doppio aspetto: all’inizio è un lavoro e alla fine è una ricompensa; all’inizio è uno sforzo e alla fine è un dono[1]. Cioè, dapprima l’uomo si santifica da sé e alla fine egli viene santificato. È questo ciò che dissero i Maestri di benedetta memoria (Talmud Bavli, trattato Yoma 39a): “Una persona santifica sé stessa un po’ e verrà santificata in abbondanza. Se si santifica dal basso, verrà santificata dall’alto”.
L’impegno personale consiste per l’uomo in un distacco e una separazione assoluti da ciò che è materiale e nell’unione continua e incessante[2] con il Signore[3]. È a questo riguardo che i profeti furono chiamati “angeli[4]“. Per esempio Aronne, di cui è scritto (Malachi 2, 7): “Poiché le labbra del Cohen dovranno conservare la conoscenza e dalla sua bocca chiederanno la Torà, perché egli è un angelo dell’Eterno Tzeva-ot[5]“; e anche (Secondo Libro delle Cronache 36, 16): “Ed essi offendevano gli angeli del Signore ecc.”. E perfino quando si occupa delle faccende materiali necessarie al suo corpo, il suo spirito non si discosta dall’unione con l’Altissimo, come è detto (Salmi 63, 9): “Il mio spirito è incollato a Te, la Tua destra mi sostiene”. E poiché l’uomo non può mettersi da sé in questa condizione, che è pesante per lui che in fondo è un essere materiale in carne e ossa, per questo motivo ho precisato che alla fine [la santità] è un dono. Perché tutto ciò che l’uomo può fare è sforzarsi di cercare la vera conoscenza e insistere a capire la santità delle azioni 1, ma alla fine sarà il Santo, benedetto Egli sia, a condurlo per la via che egli vuole percorrere: Egli poserà su di lui la Sua santità e lo santificherà, cosicché riuscirà finalmente a essere in unione costante con Hashem benedetto; Egli lo sosterrà e lo aiuterà [a ottenere] ciò che gli è negato dalla natura umana, come è detto (Salmi 84, 12): “Non negherà il bene a chi si comporta con integrità”. Perciò, nel testo citato in precedenza, dissero: “Una persona santifica sé stessa un po’”, che è il livello cui può accedere grazie al suo impegno personale “e verrà santificata in abbondanza”, che è il sostegno con il quale Hashem benedetto l’aiuta, come già spiegato. Ecco quindi che per l’uomo che si santifica con la santità del suo Creatore, perfino le sue azioni materiali diventano letteralmente atti di santità: il precetto positivo di mangiare le offerte sacrificali ne è un esempio, si veda il detto dei Maestri di benedetta memoria (Talmud Bavli, trattato Pesachim 59b): “I Cohanim mangiano e i proprietari [delle offerte] espiano [le loro colpe][6].”
Si noti ora la differenza tra chi è puro e chi è santo: le azioni materiali di chi è puro si limitano all’indispensabile ed egli le compie unicamente in quanto tali. In questo modo, esse perdono la componente negativa dovuta alla loro materialità e rimangono [del tutto] pure; tuttavia, non accedono al livello della santità, perché se si potesse farne a meno sarebbe comunque meglio. Invece chi è santo, incessantemente unito al Signore e il cui spirito incede tra gli insegnamenti autentici con amore e timore del suo Creatore, è come se già adesso si trovasse a 2 marciare davanti a Hashem nelle terre dei vivi, pur trovandosi ancora qui in questo mondo. Un uomo così viene considerato come se fosse un tabernacolo, poi come un santuario, poi come un altare; come riguardo al versetto (Bereshit 35, 3) “E il Signore si dipartì da lui” dissero i Maestri di benedetta memoria (Midrash Bereshit Raba 47, 6): “I patriarchi sono il Carro Celeste 3” e dissero anche 4 “I giusti sono il Carro Celeste”, perché la Presenza Divina dimora su di loro, così come dimorava nel Santuario.
E ora, il cibo che essi mangiano è come un’offerta che si innalza sul fuoco [dell’altare], poiché quella delle offerte che venivano poste sull’altare veniva certamente considerata come un’elevazione a un livello altissimo, perché esse venivano presentate davanti alla Presenza Divina, innalzandosi addirittura al punto che tutta la loro specie veniva benedetta in tutto il mondo, come dissero i Maestri di benedetta memoria nel Midrash 5. Allo stesso modo, ciò che il sant’uomo mangia e beve si eleva proprio come se venisse offerto sull’altare, come dissero i Maestri di benedetta memoria (Talmud Bavli, trattato Ketuvot 105b): “Chi porta un dono a un Talmid Chakham 6 è come se avesse offerto delle primizie 7”. E dissero anche (ibid., trattato Yoma 71a): “Che riempia di vino la gola dei Talmidè Chakhamim”, vino al posto delle offerte di vino 8. Ciò non significa che i Talmidè Chakhamim correranno dietro a cibo e bevande, che Hashem ci guardi dall’idea che essi si ingozzino come degli ingordi! Invece significa ciò che abbiamo spiegato in precedenza e cioè che i Talmidè Chakhamim che sono dei santi nel loro comportamento e nelle loro azioni sono proprio come il Santuario e l’altare, poiché la Presenza Divina dimora su di loro proprio come dimorava nel Santuario. Perciò ciò che viene offerto loro è come se fosse offerto sull’altare; e riempire le loro gole rimpiazza l’atto di riempire le coppe [delle offerte sacrificali]. Allo stesso modo, una volta che sono uniti alla Santità di D-o benedetto, ogni uso che essi fanno delle cose di questo mondo le eleva e le sublima, poiché hanno avuto il privilegio di essere state utilizzate dal giusto. I Maestri di benedetta memoria hanno già evocato le pietre che il nostro patriarca Giacobbe 9 mise sotto la testa (Talmud Bavli, trattato Chulin 91b): “Disse Rabbi Yitzchak: ciò insegna che tutte [le pietre] si raggrupparono e ognuna diceva: ‘Che il giusto posi la sua testa su di me[7]‘.”
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Note del traduttore:
[1] Cioè le Mitzvot, che santificano chi le compie (Rav Eliahu Rot).
[2] Segue una citazione adattata dai Salmi (116, 9). Chi volesse approfondire, veda il Midrash Devarim Raba 11, 5.
[3] Termine cabbalistico, sul quale non ci soffermeremo.
[4] Si vedano i commento di Rashi e di Ramban su Bereshit 17, 22.
[5] Midrash Tanchuma, Parashà di Tetzavé.
[6] Per questo termine, si veda il glossario che abbiamo pubblicato insieme alle Leggi della Maldicenza.
[7] È ovvio il riferimento all’offerta dei Bikkurim, le primizie che l’ebreo deve recare al Cohen a Shavuot al Santo Tempio di Gerusalemme, quando questo è in attività. Speriamo di vederlo ricostruito presto nei nostri giorni Amen. [8] Molte delle offerte del Santo Tempio devono essere accompagnate da vino. Il Talmud spiega in questo passaggio che chi vuole meritare di offrire offerte di vino al Santo Tempio di Gerusalemme, anche adesso che non è ancora ricostruito, può offrire vino ai saggi e agli studiosi. Il Talmud accompagna questo passaggio con una citazione dei Proverbi (8, 4) dalla quale si deduce che i saggi sono paragonati ai sacrifici del Tempio: offrire loro del vino è quindi come accompagnare di vino le offerte del Santo Tempio
[1] La differenza fra ghemul e mattanah è che il ghemul è una ricompensa che si riferisce ad un aspetto per il quale non si è compiuto alcuno sforzo, mentre la mattanah è una ricompensa che si ottiene dopo essersi sforzati, senza però raggiungere il proprio obiettivo.
[2] Il testo ebraico è “bekhol ‘et uvkhol sha’ah” che il Gherà riferisce alle stagioni e alle ore.
[3] In questo impegno costante risiede l’essenza stessa della qedushah, che è costituita da due momenti, uno collegato alla condizione umana (un attaccamento ad H. che non si discosta mai), e l’altro che si concretizza discendendo da tale condizione nell’azione umana.
[4] Ciò che caratterizza gli angeli, trattandosi di esseri totalmente spirituali, è l’assenza del desiderio materiale.
[5] I rishonim hanno inteso qui il termine malakh come inviato di H.
[6] Le bestie, materiali per antonomasia, quando vengono sacrificate santificano la loro materialità e permettono di espiare i peccati e rendere graditi gli offerenti ad H. Se un animale ha una capacità tanto grandiosa, tanto più la avrà l’essere umano, le cui membra e nervi corrispondono ai precetti affermativi e negativi, che potrà consacrare i propri pensieri, parole ed azioni.
[7] Ramchal aveva ricordato questo insegnamento dei Maestri già nel primo capitolo del libro, ed ora ribadisce che tutto il creato è al servizio dei chasidim e dei qedoshim.