Anna Momigliano
Il Riformista – 13 settembre 2006
Rabbini antisionisti, chi sono costoro? Questa è una domanda che si saranno posti in molti, ieri, seguendo la querelle sul «Convegno anti-Israele (nelle parole del Corriere della sera), organizzato a Montecitorio dall’Islamic Anti Defamation League in occasione dell’11 settembre. Tra i relatori, che vantavano tutti un rispettabile pedigree antisionista, spiccava la figura del rabbino Moishe Aryeh Friedman, il quale, oltre ad avere ribadito il distinguo tra giudaismo e Stato d’Israele, stando a quanto riportato dai partecipanti sarebbe stato il più duro nei confronti della «strategia sionista (parole sue), colpevole di avere «trasformato tutto il territorio palestinese in un grande campo di concentramento».
In realtà posizioni antisioniste sono sempre state presenti nell’ebraismo ultra ortodosso. E dove la Lega islamica abbia trovato un rabbino non solo antisionista, ma anche disposto ad accennare en passant al controverso assioma sionismo-nazismo, non è affatto un mistero. Aryeh Friedman che, a differenza di quanto riportato sui giornali, non è il leader della comunita ebraica ortodossa di Vienna è a capo di una piccola congregazione (un centinaio di fedeli, secondo il rabbino, ancora meno secondo altri) che a sua volta mantiene stretti rapporti, sebbene non sia direttamente affiliata, con i Neturei Karta: gli «ebrei anti sionisti par excellence. Si tratta di una congregazione relativamente piccola (2-5 mila fedeli) che ha fatto della lotta contro l’«entità sionista la propria ragion d’essere. Con risultati per altro pittoreschi: gli incontri tra rappresentanti dell’Olp e leader Naturei Karta non si contano; nel 2004 una delegazione volo a Parigi per partecipare alla veglia in onore del morente Yasser Arafat; poco più tardi la stampa israeliana li accusò di essere al libro paga di Fatah. Uno dei loro leader, Yisroel Dovid Weiss, visitò Teheran a marzo: fu accolto in pompa magna dalle autorità iraniane (incluso il vice presidente Reza Aref), e non lesinò elogi ad Ahmadinejad. «Entrambi spiegò Weiss, «aspiriamo alla disintegrazione di Israele». Ironia della sorte, il quartier generale dei Neturei Karta è a Bet Shemesh, a metà strada tra Tel Aviv e Gerusalemme. Più recentemente, una loro delegazione ha preso parte alla manifestazione organizzata a Londra da Palestine Solidarity contro la campagna israeliana in Libano: i fotografi di mezzo mondo immortalarono le immagini di due rabbini ultra ortodossi (con tanto di palandrana nera) insieme alle bandiere gialle di Hezbollah. Nel giugno del 2005 lo stesso Aryeh Friedman era stato ospite di John Gudenus, leader della Fpo, fonnazione austriaca di destra criticata per posizioni più o meno apologetiche nei confronti del nazismo.
Vista la predilezione per azioni e dichiarazioni eclatanti, non stupisce che la setta dei Neturei Karta riceva tante attenzioni, in particolare nel mondo arabo: chi tra gli estremisti di destra o i radicali islamici cerca un «alibi ebreo», spiegava il direttore del Centro di documentazione della resistenza austriaca Wolfgang Neugebauer, può sempre contare sulla presenza di un Neturei Karta. Eppure, il mondo degli «ebrei ortodossi antisionisti» va molto al di là di personaggi come Friedman. E’ un universo più ampio di quanto comunemente non si pensi, e ricco di sfumature, che fa leva sul valore religioso della diaspora.
In base a questa interpretazione, dopo la distruzione del Tempio il popolo ebraico sarebbe condannato a vivere senza una Terra; sarà solamente con la venuta del Messia, che essi potranno tornare a governare su Israele: il sionismo non è altro che un’eresia, un peccato di alterigia perchè propone la ricostruzione dello Stato ebraico indipendentemente dal Messia. Questa tesi è stata a lungo popolare tra le comunità ortodosse d’Europa, specialmente agli albori del sionismo, quando la laicità e le simpatie socialiste di Theodor Herzel infastidivano gli ambienti religiosi della Mittel Europa. L’incontro tra ortodossia e sionismo risale a molto più tardi, quando il rabbino Avraham Isaac Kook, negli anni Trenta, giustificò la costruzione di uno Stato ebraico come mezzo di “emancipazione”. In realtà, pero, il cosiddetto “sionismo religioso” prenderà piede in maniera sensibile negli anni Sessanta e Settanta, quando le conquiste dei Territori (1967) suscitarono un’ondata di fervore per il recupero della Terra promessa e la prima vittoria politica della destra (1977) segnò l’entrata dei religiosi come partner di governo. Tutt’ora i “religiosi sionisti” si distinguono facilmente dagli altri ”ultra ortodossi”. E tutt’ora la maggior parte degli ultra ortodossi di origine europea mantiene un certo scetticismo nei confronti dello Stato ebraico, mantenendosi ai margini, pur accettandone l’esistenza. Molti, si diceva ma non tutti: per esempio, gli ortodossi Satmar si sono rifiutati di riconoscere lo Stato ebraico tout court. Si tratta di una corrente molto antica (traccia le sue radici intorno al 1750) che predica l’isolamento totale dal mondo laico, Israele incluso, rifacendosi,come molti altri, alla tradizione mistica del leggendario rabbino polacco Bel Eliezer. A differenza della loro controparte ”mediatica”, la corrente Satmar conta un’ampia base di fedeli più di 120 mila, distribuiti tra Gerusalemme e New York, in genere più dediti alla preghiera che all’attivismo politico. Quanto allo Stato di Israele, gli ebrei Satmar hanno deciso che la cosa migliore è ignorarlo: senza bisogno di invocarne la distruzione, stringere la mano al numero due di Ahmadinejad o sventolare le bandiere di Hezbollah. Forse è per questo che nessuno presta loro attenzione.
Nuovo Consiglio a Gerusalemme
Domenica, 10 Settembre, si sono tenute le votazioni per il rinnovo del Consiglio Direttivo della Chevrat Jeudé Italia LePeulà Ruchanit (Comunità degli Ebrei Italiani di Gerusalemme), e per l’elezione del Presidente.
Sono stati eletti:
Vito Anav, Presidente
Sandro Di Porto
Samuele Giannetti
Astorre Modena
Cecilia Nizza
Umberto Pace
Jonathan Pacifici
Cesare Pavoncello
Letizia Piattelli
Alberto Piperno
Raffaele Steindler
Il nuovo Consiglio, riunitosi al termine dell’Assemblea, desidera ringraziare il Prof. David Cassuto, per l’instancabile opera svolta nei numerosi anni di attività come Presidente. Rivolge inoltre un ringraziamento a tutti gli altri Consiglieri uscenti per l’ottimo lavoro compiuto.
Rivolge un cordiale saluto a tutte le Istituzioni che hanno rapporti storici di amicizia e feconda collaborazione con la Comunità e si augura di poter proseguire la collaborazione su progetti comuni.
Un caloroso ringraziamento va infine a tutti gli iscritti alla Comunità che ci hanno scelto per questi due anni di lavoro: ci impegneremo per non deluderli!
Nostro intento primario è quello di garantire continuità alle Istituzioni, operando, contemporaneamente e con il massimo impegno, in campo comunitario, sociale, giovanile, dei bambini, recuperarando alla nostra e vostra Comunità quanti negli ultimi anni si erano allontanati.
Abbiamo bisogno e confidiamo nell’aiuto e nella collaborazione fattiva di tutti, Consiglieri uscenti e base comunitaria.
Shanà Tovà U-Metukà
Il Consiglio