«Ogni discussione che è per il Cielo è destinata a durare, e quella che non è per il Cielo non durerà.» (Pirkè Avot 5:17). Così ci insegnano i nostri Saggi. E subito ci donano due esempi eterni: Hillel e Shammai, i Maestri la cui discussione costruisce la Halachà, e Korach e tutta la sua congrega, il cui litigio invece crolla nella terra. Se leggiamo bene la Mishnah non è scritto Korach contro Mosè, ma Korach e tutta la sua congrega. Perché la vera contesa non era tra Korach e Mosè, ma dentro la stessa fazione di Korach: era una gara di ambizioni, gelosie, manipolazioni. Non discutevano per scoprire la verità, discutevano per vincere, per emergere, per prendere il posto di Aharon. La loro parola era un velo per coprire l’ego.
In alcuni siddurim, prima del suono dello Shofar di Rosh Hahshanà, si legge un salmo che parla dei figli di Korach, come si spiega questo accostamento? I figli di Korach, mentre sprofondavano nell’abisso scavato dal peccato del loro padre, ebbero un lampo di verità. Il Talmud (Sanhedrin 110a) insegna: “I figli di Korach non morirono.” All’ultimo istante fecero Teshuvah nel loro cuore, un attimo di Hirhur, un pensiero puro: «Abbiamo sbagliato.»
Per quell’unico respiro di sincerità Hashem preparò per loro un posto speciale. Ecco perché il loro Salmo risuona prima dello Shofar: perché lo Shofar è come loro. È una voce senza parole, senza maschere, ciò che ricorda, come dicono i maestri, un pianto (yelalà), un singhiozzo, un sentimento di rottura (shevarim) di ogni barriera che ci divide dal Divino, che scaturisce dalla sincerità nei confronti di Hashem. Il Rambam insegna che la Teshuvah nasce nel segreto di un pensiero. È un soffio silenzioso, che Hashem ascolta più di mille parole. Il Malbim spiega che nel Tehillim succitato è scritto “Tik’u Kaf-Battete le mani”, Tik’u richiama il suono “Tekià” dello Shofar: un colpo che spezza la durezza del cuore; non a caso il suono successivo alla Tekià si chiama Shevarim- rottura; Nel salmo è scritto anche Hari’u, “Fate un grido”, il termine richiama la Teruà, il grido tremante dello Shofar. Per approfondire ancora di più questo accostamento tra lo Shofar e i figli di Korach, dovremmo cercare dove si trova per la prima volta nella Torà lo Shofar, ovvero…Adam Harishon. Adam da Adamà-Terra, è un pezzo di argilla vuota, un corpo cavo, un Corno primordiale. Hashem vi soffia dentro lo Spirito, come un Soffiatore Divino che posa le Sue “labbra” su uno Shofar vivente. Ogni suono di Shofar è un eco di quel primo respiro. Eppure, quando arrivò l’ora di dire la verità, Adam non seppe suonare il proprio Shofar interiore. Non disse: “Ho sbagliato.” Ma puntò il dito: “La donna…”, E Chavvà: “Il serpente…”. Il soffio divenne muto. Korach fece lo stesso: nessuna parola di verità, solo slogan, solo facciate. E la terra lo inghiottì, la stessa terra da cui emerge la figura dell’essere umano, formato ad immagine Divina, nel momento in cui si perde questa Divinità, non ha più senso di esistenza e ritorna inghiottito nella terra. Ma i figli di Korach, in quell’ultimo respiro, fecero ciò che Adam non seppe fare: ammisero. E Hashem li lasciò cantare, la terra ritornò ad essere Shofar.
Nel mondo moderno riecheggia, prepotentemente, ancora la voce di Korach.
È pieno di persone che non ammettono mai i propri sbagli, che non sanno piegare la testa davanti a una verità scomoda, che non accettano di dire “Ho sbagliato, sono io”.
Ognuno vuole vincere, primeggiare, avere l’ultima parola, sempre pronti a puntare il dito come Adam: “È stato lui, è stata lei, è stato il serpente, MAI IO”. Ormai si discute non per chiarire, ma per schiacciare. Non per costruire, ma per gonfiare l’io. E così si diventa come un Golem inanimato, come un corpo senza soffio Divino. Narra la leggenda, che il Golem, vive solo se porta impressa sulla fronte la parola אמת — Emet, Verità. Ma quando si cancella la Alef, quella Alef che è Uno, che è Hashem stesso, sulla fronte rimane מת-Met, Morte. Così è l’uomo che rifiuta di mettersi in discussione: ha cancellato l’Alef, ha cacciato l’Uno, si è chiuso alla voce di Dio — e dentro rimane solo terra. Basterebbe avere il coraggio di dire la parola proibita: “Ho sbagliato”. Chi lo fa, torna alla verità, ritorna ad essere Shofar vivente. Torna canale del Respiro Divino. Torna a vibrare di una voce che non è sua, ma è di Hashem.
Shabbat Shalom