Zita Dazzi
La Comunità ebraica ha aperto le porte per una serata in ricordo delle vittime dell’attacco del 7 ottobre. Uno dei sopravvissuti al rave: “La vita continua, stiamo uniti”
Un minuto di silenzio e un grande applauso, così è stata accolta. “Se sono qui è perché la ritengo una serata importante. Non mi sento di parlare di questo argomento perché sennò mi sembra di avere vissuto invano”. Così la senatrice a vita Liliana Segre, al suo arrivo alla serata organizzata dalla comunità ebraica di Milano, nella sinagoga di via della Guastalla, per le vittime e chiedere la liberazione degli ostaggi a un mese dall’attacco di Hamas a Israele. Una serata piena di commozione, ma che ha visto anche fischi al sindaco Beppe Sala, non presente perché a Barcellona per un impegno istituzionale, quando la presidente del Consiglio comunale Elena Buscemi ha fatto il suo intervento dicendo di portare i saluti del sindaco. E ai fischi ha risposto Walker Meghnagi, presidente della Comunità ebraica di Milano, dicendo che “bisogna portare rispetto al sindaco della nostra città”. Ma aggiunge: “È incredibile che una città come Milano non abbia il coraggio di esprimersi. “Chiediamo al comune di Milano, che non si è ancora espresso, di condannare le manifestazioni che ci sono state sabato. E’ assurdo che una città accogliente come Milano non abbia il coraggio di esprimersi. E’ una questione di giustizia”.
La senatrice a vita Liliana Segre è arrivata in sinagoga mezz’ora prima dell’inizio dell’evento organizzato a Milano ad un mese di distanza dall’attacco di Hamas ai kibbutz e al rave nel deserto del Neghev. La sinagoga centrale di Milano in via Guastalla è già piena e una lunga coda attende fuori per partecipare alla serata promossa dalla comunità ebraica di Milano, in un clima di grande commozione.
Le lacrime se possibile sono ancora più copiose, gli sguardi tristi si cercano e si trovano, partecipi in questo momento in cui il desiderio è solo quello di essere uniti. Il dolore è sempre più acuto fra gli ebrei milanesi per chi non c’è più e per chi è sparito nel nulla, inghiottito nei tunnel di Gaza prigioniero di Hamas. Tanti qui hanno famigliari o amici che sono stati colpiti direttamente nelle stragi e nei rapimenti di un mese fa. Sui banchi del tempio ci sono i volantini con le facce dei rapiti, le loro storie, l’appello: aiutaci a riportarli a casa. Ci sono orsacchiotti di stoffa, vicino alle foto degli ostaggi bambini. Fuori in via Guastalla ci sono i passeggini che sono stati usati al flash mob in piazza del Duomo, domenica scorsa.
Dentro, tutti i posti a sedere sono già occupati nel tempio di via Guastalla, dove la Comunità ebraica di Milano, ha invitato cittadini e autorità a pregare le la vita degli ostaggi in un evento dal titolo che ricalca lo slogan che viene urlato nelle strade di Tel Aviv: “Bring them home now”. I giovani e gli anziani, gli uomini e le donne della comunità si stringono in un abbraccio senza distinzioni di età e di orientamento politico.
Rabbino capo di Milano Arbib: “Riportiamo a casa gli ostaggi, c’è tanto odio antisemita”
Il rabbino capo Alfonso Arbib ringrazia la folla enorme che c’è in sinagoga, dove persino le porte devono restare aperte per consentire anche a chi è fuori di ascoltare: “Ancora non abbiamo fatto i conti con quel che è successo – dice – Siamo sconvolti e non so come questo inciderà sulla vita di tutti noi, credo che niente più sarà come prima. Esprimiamo la nostra vicinanza a Israele, non solo alle vittime e agli ostaggi. Questa manifestazione ha due significati : non dimenticare come ripetiamo anche per la Shoah, anche se si sta già cominciando a farlo. E poi chiediamo a ciascuno di voi di fare qualunque cosa sia possibile per riportare gli ostaggi a casa”. Un grande applauso di nuovo lo interrompe. “Non dimentichiamo le persone prigioniere – continua – . Chi è qui oggi come molti altri hanno espresso sincera vicinanza e amicizia, ma purtroppo è venuto fuori anche il peggio che ci deve interrogare.
Le foto degli ostaggi vengono strappate. Nelle università americane ci sono stati professori che hanno detto di aver vissuto il 7 ottobre con euforia. Siamo di fronte a un fallimento educativo di cui dobbiamo assumerci la responsabilità. Ma c’è anche un substrato di odio antisemita che continua ad esserci, dobbiamo prenderne atto per combatterlo e per non farci troppe illusioni. Non pensavamo che questo servisse a giustificare la follia del 7 ottobre. Ci sono
state manifestazioni d’odio di vario tipo, ma molte delle persone che lo esprimono sono convinte di non essere antisemite e lo sono. Non dico che chiunque critica Israele lo è, ma sotto a questo odio c’è la convinzione che l’odio sia giustificato da una giusta causa, questo peggiora la situazione. Persino i nazisti erano convinti di star facendo il bene dell’umanità. Dobbiamo porci un problema teologico ed etico su questo”.
Sinagoga di Milano: “Siamo qui a chiedere un impegno concreto per il rilascio di vittime innocenti”
Il primo a parlare è il vice presidente della comunità ebraica, Ilan Boni: “Ci ritroviamo per esprimere solidarietà senza se e senza ma a un mese di distanza, 37 bambini sono stati rubati dalle mani delle loro madri – esordisce -. Siamo qui a chiedere un impegno concreto per il rilascio di vittime innocenti, che sono stati strappati alle loro vite e alle loro libertà. Siamo qui anche per ricordare le 1400 vittime che hanno perso la loro vita, persone che non avevano mitra in mano e che non avevano commesso alcun crimine, volevano solo vivere. Siamo qui in memoria di loro. Ci sentiamo isolati e anche impauriti, ciò che è accaduto in Israele e che succede anche in Europa con episodi sempre più gravi di antisemitismo ci mette davanti a una realtà che nemmeno nel peggiore degli incubi pensavamo di dover rivivere” . Un grande applauso esplode nella sala quando Boni dice: “Fra di noi c’è la senatrice a vita Liliana Segre che più di chiunque può capire che cosa sta succedendo. E comunque la vostra presenza così numerosa ci dà speranza, grazie di cuore”.
Dopo di lui il direttore del Riformista Andrea Ruggeri: “MI piange il cuore a vedere scendere in piazza chi difende gli assassini, Hamas è il peggiore nemico dei palestinesi, che cosa spinge a manifestare per questi che ci considerano tutti infedeli, che ci vorrebbero tagliare la testa. Sotto c’è un pregiudizio forte, che è l’antisemitismo, l’odio, Israele è il confine dell’Occidente. Per questo noi oggi dobbiamo essere tutti ebrei”.
Assalto di Hamas al rave, il sopravvissuto Shlomo Shushan: “Ho visto uccidere i miei amici”
Il giovane Shlomo Shushan e un suo amico, entrambi sopravvissuti al rave, raccontano, dopo aver raccolto un grande applauso dal pubblico che si è alzato tutto in piedi per loro: “Abbiamo comprato i biglietti tre mesi prima del rave, eravamo emozionatissimi per questa bellissima festa. Verso le 6.30 del mattino abbiamo cominciato a sentire dei boati, eravamo convinti fossero fuochi d’artificio, ci siamo svegliati felici per questo, siamo corsi verso la pista da ballo, per vederli. Ci hanno detto di stare a terra per un allarme rosso, ma i colpi aumentavano sempre di più, non smettevano mai. Le persone della sicurezza ci hanno detto di scappare perché c’era un attacco terroristico. Ci siamo avviati verso le auto, ma si è creato un grande ingorgo. Chi era davanti, è stato ucciso dai terroristi che entravano nell’area. Abbiamo cominciato a sentire le grida dei feriti, c’erano poliziotti che tremavano, pallottole che ci sfioravano, missili sulla nostra testa, ci siamo messi a correre in tutte le direzioni, inseguiti dai terroristi che ci sparavano addosso. Vedevo persone che cadevano a terra, colpite, non potevo fermarmi a soccorrerle, dovevo solo pensare a sopravvivere. Ho corso 30 chilometri, senza fermarmi, per ore e ore”. E conclude: “Ho perso i miei migliori amici in questa occasione, amici che sono come i miei fratelli. Malgrado tutto ciò, per noi è importante trasmettervi che la vita continua, dobbiamo esser forti, dobbiamo essere uniti. Ogni giorno amate quelli che vi sono vicini, perché nulla è scontato”.
Dopo le sue parole il rabbino Davide Sciunnach, accompagnato dall’organo, canta Ani Maamin. Tra gli interventi, Lior Keinan, vice Ambasciatore d’Israele che introduce il terribile video dell’attacco di Hamas ai kibbuts e al rave nel deserto del Neghev.
Parola poi a Walker Meghnagi, presidente della Comunità ebraica di Milano, Marco Carrai nuovo console onorario di Israele per Toscana, Emilia e Lombardia, Milo Hasbani, vicepresidente dell’Ucei, unione delle comunità ebraiche italiane, Attilio Fontana, Presidente Regione Lombardia Elena Buscemi, presidente del Consiglio Comunale di Milano (Partito Democratico).
Per il Coreis, comunità islamiche italiane, è presente una delegazione dalla moschea di Milano: Abd al-Ghafur Masotti, Mulayka Enriello e Abd al-Jabbar Ceriani. Il consigliere Abd al-Ghafur sarà portavoce di un messaggio di sostegno. Fra le altre ci saranno le testimonianze di Giulia Temin che era nel kibbutz Holit fino a due giorni prima dell’attentato ed era appena rientrata a Tel Aviv. Era stata in visita alla famiglia del marito che vive li e ha vissuto i momenti dell’attacco in diretta telefonica.