A volte i giornalisti smettono di dispensarci le loro rispettabili opinioni e rimboccandosi le maniche ci raccontano quello che succede (Kolòt)
Meir Ouziel – Traduzione Sharon Nizza
TEL AVIV — Le proteste di piazza contro il nuovo governo israeliano pongono l’interrogativo su chi ci sia dall’altra parte, ovvero su chi sostenga Benjamin Netanyahu e gli abbia consentito di tornare, a sorpresa, alla guida del governo. In genere si tende a pensare che si tratti di israeliani che vivono fuori Tel Aviv e appartengono a famiglie originarie della diaspora nei Paesi arabi. Ma incontrando da vicino questi elettori ci si accorge che si tratta in realtà di una coalizione composta da tasselli della società che in momenti diversi hanno abbandonato la sinistra che contribuì a creare lo Stato ebraico nel 1948: a cominciare dalle fasce economicamente più deboli per finire con intellettuali e professionisti.
Ad appartenere al primo gruppo è Moti Luzon, che ha vissuto la maggior parte della sua vita a Kiryat Shmona, una cittadina nel nord d’Israele, a ridosso del confine con il Libano. Lì, su 11.257 elettori nelle ultime elezioni, il Likud di Netanyahu ha ottenuto ben il 50% dei suffragi, e se consideriamo anche i partiti alleati con il Likud, insieme arrivano al 75%. Sul suo profilo Facebook, Luzon si descrive come «una persona semplice ». Ha 67 anni, è andato in pensione pochi mesi fa. Sposato, con due figli. I suoi genitori sono arrivati in Israele dalla Tunisia quando aveva sei mesi. È cresciuto a Kiryat Shmona e dopo il servizio militare è andato a studiare a Haifa, al Technion uno dei politecnici più prestigiosi al mondo – programmazione informatica, quando ancora il mondo dei computer era solo agli albori, per poi lavorare per Rafael, un’industria israeliana nel settore della difesa. Luzon non è osservante ma ha scritto un libro sull’ebraismo per spiegare l’argomento a suo figlio, “Il mio pozzo”. «Non indosso la kippah , ma apprezzo la cultura ebraica», dice. Sua moglie vota come lui, mentre i ragazzi sono più liberal. Pur essendo iscritto al Likud, non è un attivista, né ricopre una posizione nella sezione locale del partito. Solo una volta in vita mia sono andato a incontrare Bibi – dice – quando è venuto a tenere un discorso a Kiryat Bialik», vicino a Haifa.
I partiti socialisti hanno governato in Israele senza interruzione fino al 1977. Si proclamavano rappresentanti della classe operaia, dei più deboli, senza però includere nei propri ranghi esponenti di queste fasce sociali. Si tratta di partiti che oggi sono quasi completamente scomparsi. Ma è interessante notare come, se le fasce più deboli ora costituiscono la spina dorsale del Likud, anche molte personalità di spicco, tra accademici e professionisti che votavano a sinistra, oggi sostengono Bibi. Fra loro c’è Kinneret Barashi. Suo padre venne ucciso durante la guerra dello Yom Kippur nel 1973, poco prima che lei nascesse. Kinneret è il nome ebraico del Lago di Tiberiade, dove il padre cadde in combattimento. Kinneret è cresciuta e a Gerusalemme, ha prestato servizio militare come tutte le ragazze israeliane e poi ha studiato giurisprudenza. L’apice della sua carriera di penalista l’ha raggiunto quando nel 2006, da giovane avvocata, rappresentò una ex dipendente della residenza del Presidente dello Stato di allora, Moshe Katzav, che lo accusava di stupro. Divenne improvvisamente l’avvocato più famoso del Paese, i suoi riccioli voluminosi e la sua passione erano presenti nelle tv di ogni casa israeliana. Katzav fu poi condannato e incarcerato, e a Kinneret venne affidato un programma di attualità politica in tv. Divenne un volto popolare. Fu identificata come una donna di sinistra, anche se già allora – mi racconta davanti a una tazza di caffè – «ogni volta che dicevo qualcosa di positivo su Netanyahu, il direttore della rete si assicurava che arrivasse un reclamo e così venivo richiamata all’ordine». «Il cambio nelle mie posizioni politiche – spiega – è avvenuto all’interno dei tribunali. Sono passata da una sinistra che odiava Netanyahu a sostenerlo proprio mentre seguivo i processi che lo vedono imputato. Leggendo le carte sono arrivata alla conclusione che è una delle persone più oneste della politica israeliana. Non muove un bicchiere senza avere una consulenza legale».
La sua famiglia ha radici a Gerusalemme, pur vivendo oggi a Tel Aviv. I suoi nonni, anche loro nati a Gerusalemme, erano combattenti dell’Irgun, la formazione clandestina di resistenza anti-britannica, identificata con la destra di Menachem Begin. Negli ultimi anni ha dato vita a un progetto mediatico rivoluzionario online: una trasmissione di approfondimento, in diretta, dei processi a Netanyahu. In Israele è proibito filmare e registrare all’interno dei tribunali, ma nell’aula i giornalisti possono presenziare e riassumere live i dibattimenti. Il team che ha messo in piedi, fatto di giuristi di alto livello, spiega i fatti in diretta su internet. Kinneret, che oggi ha 48 anni, è madre single di una b ambina di otto anni. Racconta che la gente le scrive sui social ogni sorta di insulti: “Prego che sua figlia rimanga orfana”, “Bisogna portarle via la bambina”: tutti utenti con nomi e foto che lei puntualmente archivia in una cartella piena di insulti. Nonostante i duri attacchi, Kinneret continua a trasmettere e a commentare i processi a Netanyahu, sostenendo, insieme agli altri giuristi, che tutti i capi di imputazione siano stati orchestrati a tavolino e che ciò dimostra la politicizzazione del sistema giudiziario contro Netanyahu. Kinneret è una delle figure che più hanno influenzato gli israeliani a votare Likud e a permettere a Netanyahu di formare il governo attuale.
Volti come Luzon e Barashi sintetizzano la varietà dei sostenitori di Bibi. La sua coalizione include partiti religiosi diversi tra loro, i cui elettori propendono per un governo a guida Netanyahu perché ritengono che preserverà il carattere ebraico dello Stato. Ma il Likud ha sempre avuto elettori provenienti da ogni settore della società, compresi laici e liberal. Ze’ev Jabotinsky, il fondatore di quello che in seguito divenne il Likud, è noto per il sostegno ai diritti individuali, basato sul principio “ogni individuo è un re”. Fra coloro che sono passati a sostenerlo ci sono anche Irit Linur, scrittrice e giornalista, un tempo icona della sinistra, Talia Einhorn, nota esperta di diritto internazionale, e Gadi Taub, intellettuale di riferimento sul tema dell’ostilità a Netanyahu nel mondo dell’accademia. Dietro alla nuova stagione politica israeliana ci sono le loro storie, oltre a quelle di centinaia di migliaia di elettori delle periferie, appartenenti alle classi socio economiche meno abbienti che i partiti di sinistra hanno lasciato alla destra.
La Repubblica – 25 gennaio 2023