Il 5 di Yiar del 5708, in data civile il 15 maggio del 1948, giorno deciso per la fine del mandato inglese sulla allora Palestina, cadeva di sabato, come quest’anno. Prima che entrasse shabbàt, il pomeriggio del venerdi, Ben Gurion con il suo governo proclamò solennemente la costituzione dello Stato indipendente di Israele. Fu un atto di incredibile coraggio e di speranza, contro tutte le valutazioni politiche pessimistiche. Sono passati 73 anni e noi siamo qui a festeggiare, insieme ai cittadini dello Stato di Israele e gli ebrei di tutto il mondo, che considerano questo evento come un momento decisivo e rivoluzionario della nostra storia, l’inizio della realizzazione di promesse millenarie, il coronamento di un desiderio e di una speranza incrollabile malgrado tutto ciò che ci è successo, e solo tra anni dopo la fine della più grande sciagura che abbia colpito il popolo ebraico nella sua storia, che pure di sciagure ne aveva conosciute tante.
Questi 73 anni non sono stati tranquilli per lo stato d’Israele che ha dovuto affrontare guerre, rivolte, terrorismo, enormi difficoltà economiche, l’integrazione di milioni di immigrati. Ancora oggi, lo sappiamo bene, non mancano nemici aggressivi che fanno di tutto per combattere e boicottare Israele e all’orizzonte pesa la minaccia di un olocausto nucleare che sembra lasciare indifferenti le nazioni del mondo.
La festa di questa giornata serve a farci riflettere su tante cose. Sul fatto che le nostre attese, anche se sono durate secoli, non sono state vane. Sul fatto che anche e proprio nei momenti più oscuri della nostra storia abbiamo trovato la forza e la capacità di risollevarci. Sul fatto che siamo un popolo assai dinamico, pieno di contraddizioni e di divisioni, così come di nemici, ma che malgrado tutto riesce ad andare avanti e a realizzare obiettivi che altri, con ben altre forze, non riescono a raggiungere. Lo vediamo anche in questi giorni nella lotta contro la pandemia.
Ma dobbiamo riflettere anche sul fatto che siamo a celebrare questo avvenimento nel nostro grande beth hakeneset, quest’anno purtoppo in pochi, per le limitazioni imposte per motivi di igiene pubblica. Questo perché la fondazione dello Stato non è stata solo un fatto storico e politico, ma un evento di profondo ed essenziale significato religioso, previsto nelle profezie, oggetto delle richieste nelle nostre preghiere quotidiane, discusso nei nostri testi di studio. Così come nel momento della disperazione non abbiamo da appoggiarci altro che sul nostro Padre nei cieli, nel momento della gioia non possiamo non mostrarGli gratitudine.
Che sia per tutti una giornata felice, Hag ha’atzmaut sameach in attesa della gheullà shelemà, della redenzione completa.