Quasi un milione hanno lasciato i paesi arabi dove vivevano da sempre, ricorda il presidente degli Amis du Musée du monde séfarade
Giulio Meotti
Dal 2014, in Israele, il 30 novembre è la Giornata annuale di commemorazione dell’esilio dei rifugiati ebrei del mondo arabo. In un periodo in cui, all’Onu e altrove, si parla regolarmente della sorte degli arabi che hanno abbandonato la Palestina in occasione della creazione dello stato di Israele, si parla meno degli ebrei che un tempo vivevano nei paesi mediterranei e orientali, in particolare in Algeria, Iraq, Iran, Libano, Libia, Marocco, Siria, in Tunisia e nello Yemen. Negli anni successivi alla creazione dello stato di Israele e alla decolonizzazione, quasi 900 mila ebrei sono stati costretti ad abbandonare questi paesi dove vivevano da secoli, se no addirittura da millenni, ben prima della conquista musulmana. Molti sono stati privati dei loro beni e vittime di violenze e persecuzioni. Due terzi di questi 90 0mila ebrei si sono rifugiati in Israele, che li ha assimilati rapidamente, dopo un breve passaggio nei campi di accoglienza. Gli altri si sono sparsi nel mondo, soprattutto in Francia, Italia, Regno Unito, Canada, Stati Uniti, Argentina e Brasile.
La storia di questa distruzione di tutte le comunità ebraiche nelle terre dell’islam non è quasi mai stata raccontata, né analizzata, se non da qualche documentario come quello di Michaël Grynszpan, “Les Réfugiés oubliés” (2007), o in alcuni libri (…). Evochiamo l’autobiografia del giornalista Serge Moati, nato nel 1946 in Tunisia (“Villa Jasmin”, Fayard, 2003), che fa parte dei 105 mila ebrei tunisini esiliati a metà del Ventesimo secolo, e autorizzati a portare con sé soltanto un dinaro (due euro!), dopo aver subito numerose spoliazioni (…).
Il Musée du monde séfarade, il Mussef, che è attualmente in fase di progettazione a Parigi, ha come obiettivo quello di far esistere ciò che non esiste più, ripercorrendo nel cuore della capitale la storia e la cultura di queste comunità ebraiche scomparse in pochi anni senza far rumore. Perché è giunto il momento di ascoltare e analizzare la loro storia. Ne beneficerà forse la pace, perché non si costruiscono situazioni di pace durature senza guardare in faccia la verità. Molto tempo dopo gli accordi di pace con l’Egitto e la Giordania, sono stati conclusi degli accordi tra Israele e gli Emirati Arabi Uniti e tra Israele il Bahrein, e sono previsti anche con il Sudan e persino con l’Arabia saudita. Resta tuttavia molto da fare affinché tali accordi si concretizzino in tutto il mondo arabo e musulmano, e per permettere ad ognuno di capire che ciò che minaccia i cristiani d’oriente nel Ventunesimo secolo non è molto diverso da ciò che è accaduto agli ebrei nelle terre dell’islam a metà del secolo scorso.
Il Foglio 7.12.2020