Tra gli argomenti della Parashà troviamo lo Yovel, Il Giubileo. Nella Torah, l’anno dello Yovel è un anno santo che si celebra ogni cinquant’anni. Si giunge a questo momento attraverso il conteggio di sette cicli sabbatici: sette volte sette anni, per un totale di quarantanove. Al termine di questo ciclo, nel giorno più solenne del calendario ebraico – Yom Kippur – si fa risuonare il corno del montone – Shofar ma chiamato anche Yovel- in tutta la terra di Israele. Con questo atto solenne si proclama la liberazione: ogni schiavo viene affrancato, ogni proprietà torna al suo proprietario originario. Nessun uomo ha diritto di possedere in eterno un altro uomo o un pezzo di terra – solo Dio è il vero padrone e colui che gestisce le proprietà (Vedi Rashi su Bereshit). Troviamo quindi due elementi chiave, la terra ed il corno di montone, entrambi visti come oggetti esterni oppure interpretabili come rappresentanti l’essere umano stesso.
Il suono dello Shofar, oltre che strumento concreto, diventa simbolo di libertà e passaggio: l’aria, anziché essere trattenuta, fuoriesce e sale verso l’alto. È un’immagine dell’uomo stesso, formato dalla polvere della terra ma animato dal soffio Divino insufflato nel suo interno, nel suo io. Il primo Shofar della storia è stato Adamo (da Adamà-terra), prototipo dell’Essere Umano. I Maestri spiegano che la parola “Shofar” ha la stessa radice del verbo leshapper, “migliorare”: così come il suono esce da un’apertura stretta e si espande, l’uomo deve evolvere spiritualmente, aprendosi al Cielo. Il legame tra l’uomo e la terra è profondo e presenta ulteriori sfumature. Secondo il Maharal di Praga, l’uomo è come un “albero capovolto”: le sue radici non affondano nella terra, ma nel cielo, poiché la sua anima proviene dall’Alto. Si parte dalla base Uomo-terra, per poi immaginarsi il cammino dell’uomo come il germogliare di un albero, e le sue azioni come frutti, vedi anche l’evento (Chalake-Upshnernish) che si fa nel taglio di capelli a tre anni, dove il bambino inizia a dare i suoi frutti, come l’inizio della permissione di usufruire dei frutti dell’albero, proibiti nei primi tre anni, ma questo dovrà essere approfondito. Uomo-Terra diviene Uomo-Albero. Quando Adamo ed Eva hanno trasgredito, violando l’albero, hanno violato metaforicamente la figura umana, e la loro punizione è stata “lavorare la terra”: ovvero, lavorare su sé stessi. Nel mondo moderno, tutto ciò risulta più attuale che mai. Viviamo in una società che abusa della natura e quindi dell’essere umano. Ritmi frenetici, sovraccarico d’informazioni, dipendenza dalla tecnologia: tutti elementi che ci rendono schiavi. Il Giubileo è quindi anche un richiamo interiore: tornare in possesso della propria identità, ridare dignità al creato, ridare ritmo alla vita.
Il ciclo di sette anni richiama la creazione del mondo stesso. Proprio come Dio ha lavorato sei giorni e si è “fermato” il settimo – Shabbat – anche l’uomo deve fermarsi. Non a caso, il Giubileo viene annunciato nel giorno di Yom Kippur, chiamato anche Shabbat Shabbaton, il “Sabato dei Sabati”. Da un punto di vista mistico, lo Yovel rappresenta il completamento del Tikkun, la rettificazione spirituale. Le dieci Sefirot dell’Etz Chayim sono strutturate in modo che i sette livelli inferiori abbiano bisogno di correzione. Contare 49 anni (o 49 giorni nell’Omer) è un cammino di miglioramento, e il cinquantesimo rappresenta il compimento: Shavuot, la rivelazione della Torà, la libertà vera, non a caso lo celebreremo tra poco. Tutto diviene un percorso, un cammino di crescita: In ebraico, non a caso la parola Halachà significa “cammino” e non a caso la seconda Parashà inizia con le parole: Im Bechukkotai Telechu, se Camminerete nei miei Statuti, cioè, se sarete sempre in cammino, sarete sempre in continuo miglioramento, uno dei premi? Il “Giardino” dell’Eden.
Shabbat Shalom