La parashà di Be haalotekhà, come quella della scorsa settimana è ricca di contenuti molto diversi fra loro, che vanno dalla mizvà del cohen di preparare giornalmente la menorà del Tempio per la sua accensione, all’elezione e alla consacrazione dei leviti; dall’istituzione del sacrificio pasquale per coloro che a suo tempo non potevano offrirlo, per qualsiasi motivazione legata alla loro impurità (pesach shenì), alla preparazione alla guerra, alla divisione dell’accampamento fra tribù, alle lamentele del popolo e alla loro punizione.
Ve ne è uno tra gli altri che vorrei citare, che è scritto verso la fine, e che però desta tanta curiosità, sia nei commentatori, sia in noi che leggiamo la Torà.
Il testo dice: “..e il ragazzo corse da Mosè e gli disse – Eldad e Medad stanno profetizzando nell’accampamento. Allora Giosuè figlio di Nun che si trovava fra quei ragazzi, rispose – Mosè, signore mio arrestali. Dunque Mosè disse – forse che tu sei geloso per me? Magari tutto il popolo di D-o fossero profeti! – Poiché il Signore ha posto il Suo spirito su ognuno di essi”.
L’umiltà di Mosè, espressa in questo passo è manifesta; tant’è che più avanti la Torà dirà che : ..”e l’uomo Mosè era il più umile di tutti gli uomini della terra”.
Il brano rappresenta un forte messaggio alle giovani generazioni: nella scena descritta dalla Torà ci sono, da un lato Mosè- il vecchio – Giosuè con i suoi amici, giovani seguaci del Maestro, e dall’altro Eldad e Medad, che emulano le azioni del vecchio Maestro.
Giosuè si sente in pericolo dall’operato di Eldad e Medad e subito denuncia a Mosè il fatto.
La reazione di Mosè è a dir poco strabiliante perché, a differenza del discepolo il maestro non è geloso affatto anzi, auspica che tutti possano imitarlo.
Nella halakhà, un vero maestro è colui che non è geloso del suo sapere ma ha il dovere di trasmettere ai suoi discepoli tutta la propria sapienza.
La semikhà – l’ investitura rabbinica – che Mosè fa nei confronti di Giosuè e che ogni maestro di Israele fa verso il suo alunno che ha studiato dimostrando di aver spirito di insegnamento, simboleggia proprio la trasmissione della propria chokhmà sull’alunno divenuto rabbino.
Il profetismo nel concetto ebraico, non è un atto di devozione o di magia bensì la trasmissione dell’insegnamento attraverso la vita sociale, economica e psicologica.
L’esclamazione che Mosè fa a Giosuè: “..magari tutto il popolo di D-o fossero profeti! ” non è che la garanzia che non deve esserci una guerra di potere o per il potere in mezzo al popolo ebraico, poiché ogni componente ha una sua collocazione importante e fondamentale nella sua istituzione.
Oggi, in un mondo in cui le lotte per il potere imperversano sempre più violente, dovremmo veramente riflettere sulle parole di Mosè: “Magari tutto il popolo di D-o fossero profeti!.” Ci sarebbe posto per tutti, senza guerre e senza rancori.